Quando l’ispettrice Rosanna Riu lo
chiamò, Sensi era a letto con un’altra. Dato che la ginnastica era già finita,
e dato che nella stanza di lei stava iniziando a notare indizi sempre più inquietanti,
Sensi rivolse alla sua compagna di letto un sottile sorriso di scuse e accettò
la chiamata.
«Sì?».
«Abbiamo un problema» furono le prime
parole dell’altra. Sensi non ne aveva dubitato per un istante, anche perché
erano le dieci di un venerdì sera di agosto e la Riu giusto quel pomeriggio aveva
asserito che avrebbe sfruttato la frescura della notte per dare una bella
pulita a casa propria. Sensi era consapevole che il suo fascino stropicciato
non poteva competere con la prospettiva di un’eccitante nottata di lavori
domestici, quindi si era, diciamo, organizzato diversamente.
Se l’ispettrice lo chiamava a quell’ora,
interrompendo il proprio rituale di pulizia, dovevano avere un problema, sì, e
pure un problema bello grosso.
«Hai finito l’amuchina spray?» provò a
disimpegnarsi, comunque. Nonostante gli indizi preoccupanti che continuava a
notare nella camera da letto di quella tizia non era ancora sicuro che una
nottata di lavoro sarebbe stata preferibile a una seconda sessione con “Ginny”,
così si era presentata.
«Non finisco mai l’amuchina spray» rispose stancamente allo scherzo la Riu. «No,
sono in questura. Abbiamo una persona scomparsa. Vuoi sapere chi è il marito?».
«Voglio saperlo?».
«Te lo dirà comunque lui non appena lo
vedi. È il figlio di Marrano, il senatore».
«Nomen omen, mh? Ovviamente non ho idea
di chi sia. Ma, sai, quando si presentano con la lettera di raccomandazioni mi
fanno venire voglia di abbassare i miei standard notoriamente alti di
responsività alle richieste di aiuto dei cittadini e...»
«Dove sei, Ermanno?».
Lui sbuffò. «Da qualche parte in
campagna. Su per quelle maledette gallerie, hai presente».
«San Benedetto?».
«È possibile. C’è fresco, qua».
«Mi dispiace, ma dovresti venire. Max è
già andato a fare un sopralluogo con Mainardi. Marrano junior è in sala
d’attesa che continua a telefonare a questo e a quello, raccomandando “la
massima discrezione”. Da domattina sarà sui giornali, è inevitabile.
Salvemini...»
«Immagino» la interruppe Sensi.
Salvemini era il questore e supponeva che fosse la prima persona che Marrano,
lì, avesse chiamato.
La Riu emise una risatina, un fenomeno
piuttosto insolito in lei. «No, Salvemini è invelenito. Non gli piace essere
disturbato al ristorante dal figlio di un senatore alla prima legislatura. Per
lui il cibo è una cosa seria. Ma comunque... ormai sa della cosa e vorrà poter
dire alla stampa che la squadra mobile si è attivata prontamente».
Sensi lasciò vagare lo sguardo sulle
pareti della camera da letto un po’ frivola in cui era atterrato quella sera.
Erano rosa chiaro. Il copriletto era rosa chiaro. Sul comodino di lei c’era il
noto best-seller Quarantanove gradi di
febbre, che aveva sdoganato il BDSM, o quanto meno una sua imitazione,
presso la popolazione generale. E poi c’era Ginny stessa, visino da bambola di
porcellana, capelli ondulati e biondi, pelle lattea e carne soda, che lo
guardava con espressione ammirata. Scioccamente
ammirata, per essere del tutto onesti. E a letto non era un granché. Anzi, le
pulizie domestiche della Riu avevano assunto un fascino nuovo, per Sensi, dopo
aver provato un po’ dell’idea di divertimento di Ginny.
«Va be’, arrivo» concluse, in tono
stoico.
«Assicurati di andare sempre in discesa.
Non puoi sbagliare» rispose la Riu.
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