La Riu lo guardò con le sopracciglia
inarcate finché non sentì il rumore della porta dell’ascensore che si
richiudeva.
«Pensiamo a tutto noi?» ripeté, quando
fu sicura che Marrano non potesse sentire.
«Ma certo» ripeté anche Sensi, con un
sorriso storto. «Domattina, dopo essercene andati a casa e aver provato a
dormire. C’è un caldo fottuto, qua. E c’è un caldo fottuto anche a casa mia. A
San Benedetto si stava quasi bene. In cima a via dei Colli?».
La Riu spense il computer e prese la cartellina
del caso, che era ancora praticamente vuota, per riporla.
«È un peccato che Mainardi non sia qua
per cogliere i tuoi velatissimi accenni, Ermanno. Non sono sicura di voler
essere la sostituta per il resto
della nottata, in ogni caso».
Sensi le lanciò un veloce sorriso. «No,
guarda. La sostituta era Ginny. Sai che non mento su questa roba. E potrei
tornare a San Benedetto, ponendo di non perdermi nelle gallerie, ma solo per il
fresco. D’altro canto... il fresco mi attira anche a casa tua. Potresti dimostrare
un po’ di buon cuore e lasciarmi almeno dormire
lì, se proprio non vuoi mescolarti con me in nessun altro modo».
L’ispettrice sbuffò, prese le chiavi
della macchina e spense la luce dell’ufficio, facendo cenno a Sensi di uscire.
Sensi la premette contro il muro,
chinandosi a baciarla.
«Fa così caldo che non ho nemmeno voglia
di usare impropriamente il ripiano immacolato della tua scrivania» le mormorò
nell’orecchio, divertito.
«È cheap»
gli fece notare lei.
«Almeno non voglio legarti».
*
Intorno a mezzanotte erano entrambi nel
letto di lei. Si erano anche fatti una doccia, sebbene non fosse servito a
molto. Il sudore ricompariva quasi subito. Sul soffitto della camera della Riu
c’erano delle pale bianche che giravano lentamente, producendo un gentile
spostamento d’aria. Aria calda, comunque, come quella che entrava dalla
finestra aperta.
«Quand’è che dovrebbe piovere?» mormorò
lui, ripetendo la domanda che tutti si facevano in continuazione.
«Domani» rispose lei, senza convinzione
e senza distogliere gli occhi dal soffitto. «Fanno giochetti sado-maso, quei
due?».
«A quanto pare li fa tutto il mondo. Ci
hanno scritto pure quel libro, Quarantanove
gradi di febbre» rispose lui, un po’ assonnato. Ma era troppo caldo per
riuscire ad addormentarsi di colpo dopo il sesso. E comunque era troppo caldo
anche per il sesso. La sveltina in questura l’aveva quasi ammazzato.
«Se la febbre ti sale a quarantanove
muori» specificò la Riu, precisa come suo solito. «Sopra i quarantacinque,
massimo quarantasette, le cellule non resistono».
Sensi rise sottovoce. «Ti sei informata.
Hai anche letto il libro?».
Lei fece una smorfia. «Ci ho provato.
Non mi avvince. Ai Marrano invece piace, mh? La foto che hai lasciato sul display...
ah, Cristo. Sono una moralista».
«Non direi» disse Sensi. «Non credo che
in questo caso c’entri qualcosa, comunque. Anzi, penso che significhi che hanno
un legame solido o boh. Mi stanno sul cazzo i ricchi bastardi come loro. Tirano
in mezzo la colf nei loro giochi e non le pagano nemmeno i contributi. Non si
fa. Quindi, vedi, sono un po’ moralista anch’io».
La Riu si voltò a metà e gli diede un
bacino sull’angolo della bocca. Quel maledetto, pensò, ma disse: «Sei un sacco moralista, a conoscerti. Ma hai
ragione. Non riesco a sentirmi coinvolta. L’avranno rapita per soldi?».
Sensi sbadigliò. «Non è detto. È una
bambolina di porcellana, anche lei. Hanno il loro pubblico».
«Anche
lei? Ah, Ermanno».
Lui sorrise. «Di solito le donne
esteticamente perfette a letto sono noiose, ma, sai, uno ci prova lo stesso,
sperando di beccare l’eccezione. Si stendono e aprono le braccia. O vogliono
essere legate. Perché vogliono tutte essere legate, Rosanna? Che cosa c’è di
divertente? Sembro un tipo a cui piace legare le donne?».
«Tu? Sì».
Sensi sbuffò. «Cristo. Non possiamo
alzare la velocità di quelle ventole?».
«Possiamo, ma domattina saremo tutti
annodati».
Lui rise. «Mi prendi in giro?
Annodati?».
«Volevo dire...»
«Lo so. Sono ipersensibile. Ma qual è
l’alternativa? Restare svegli con le ventole al minimo? Quanti gradi ci sono?
No, non voglio saperlo. Come si fa a rapire una con questo caldo? Non può
essere per il sesso, Rosa. A chi verrebbe mai voglia di scopare con trentadue
gradi di sera? Rapire una tizia, lottare, sopraffarla, legarla e poi
violentarla mentre quella scalcia? Ah, lascia stare, domanda del cazzo. Lo so
che qualcuno che ha voglia di darsi lo sbattimento si trova sempre».
«Considerando il tuo exploit in
questura? Non ho il minimo dubbio».
Sensi le rivolse un sorriso lento. «Tu
non scalciavi».
«In effetti. E comunque è stato cheap, continuo a pensarlo».
«Hai spruzzato dell’amuchina sul ripiano
della tua scrivania, dopo. Lo capisci che proverò a convincerti a rifarlo ogni
volta in cui sarà possibile solo per questo?».
«Per rompermi le palle?».
«Mh».
«Io penso che sia andata all’Esselunga».
Sensi si voltò completamente verso di
lei. «Sei un balsamo per il mio ego».
«La maggior parte dei supermercati
chiude alle otto. Se è partita di casa alle sette e mezza le sarebbe mancato il
tempo per fare la spesa e pagare, in uno di quelli. O forse ce l’avrebbe fatta,
ma per un pelo. La Coop del centro commerciale chiude alle nove, ma il
parcheggio è gigantesco, se devi comprare solo un paio di cose è scomodo. L’Esselunga
chiude alle nove e il parcheggio è relativamente piccolo. Io sarei andata lì».
«Domani andiamo a vedere» sbadigliò lui.
«Guardiamo i filmati delle telecamere. Ma non puoi escludere che sia andata al
super più vicino, il Basko. Scommetto che andava sempre lì. I sacchetti sono
verdi. Se conosceva la disposizione della merce, entrare, prendere quello che
le serviva e pagare sarebbe stato un attimo. Domani andiamo anche lì. Sarà
romantico».
Lei rise. «Che cosa ti fa credere che
voglia fare cose romantiche, con te?».
«Allora sarà sexy. Solo se c’è l’aria
condizionata, però».
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