La sveglia suonò alle sette, ma per una
volta Sensi non se la prese. Tanto era così caldo che non sarebbe riuscito a
dormire ancora per molto. L’unica fascia oraria in cui la temperatura calava
abbastanza era dalle tre di notte alle sette del mattino, le otto al massimo.
Per di più quelle maledette ventole lo
avevano annodato sul serio. Cercò di sciogliersi facendo l’ennesima doccia, ma
non aiutò in modo particolare.
Frugò dentro il micro-cassetto che la
Riu era stata così buona da lasciargli usare. I patti tra loro erano molto
chiari: non avevano una relazione, non avevano obblighi né doveri, non era
previsto nessun coinvolgimento affettivo, ma Sensi poteva usare quel piccolissimo
cassetto, invece di sparpagliare le sue cose dappertutto.
«Hai stirato
la mia maglietta dei Cocteau Twins?» disse lui, quella mattina, tirandola
fuori.
«Se è per questo l’ho anche lavata»
brontolò la Riu.
Sensi rise e se la infilò senza
aggiungere altro. A quel che pareva l’ispettrice gli aveva lavato anche le
mutande e i calzini, ma non era assolutamente il caso che la ringraziasse. Si
sarebbe solo arrabbiata e Sensi la conosceva abbastanza bene da saperlo. Si
limitò a palparle il culo in segno di apprezzamento.
Tudini lo chiamò mentre andava verso la
questura.
«Mainardi ha trovato un filmato del
rapimento» gli disse, con voce stanca. Ieri notte ha tirato giù dal letto gli
adetti alla security di metà dei supermercati della città». Fece una piccola
pausa e aggiunse: «Non sembra un granché un rapimento».
Sensi chiuse gli occhi e sospirò. Poi,
visto che stava guidando lungo una strada tutta curve, si affrettò a riaprirli.
Venti minuti più tardi erano tutti
davanti al monitor del computer di Tudini.
L’aria condizionata era accesa e bastava
questo a non volerti far lasciare mai più la questura. Forse era per quello che
la spegnevano, alla sera. Il risparmio energetico non c’entrava niente.
Spegnevano l’aria condizionata perché se no non se ne sarebbe andato nessuno –
e dato che in fondo erano statali, sarebbero riusciti a far figurare quelle ore
extra come straordinari.
Mainardi aveva un aspetto miserevole e
gli occhi continuavano a chiuderglisi. Seguendo la pista dei filmati di
sicurezza non aveva dormito nemmeno mezz’ora.
«Se ne vada a casa, Roberto» disse
Sensi, magnanimo.
«Preferirei mettere la testa giù sulla
scrivania, se non è un problema, capo» rispose l’altro.
Giusto. L’aria condizionata. Sensi
annuì. «Non si faccia beccare da Salvemini. Max, fallo ripartire, vuoi?».
Tudini fece girare una seconda volta lo
spezzone di filmato.
L’inquadratura era fissa e riprendeva
uno spicchio di parcheggio sotterraneo debolmente illuminato.
«Avevi ragione. È andata all’Esselunga»
disse alla Riu, mentre sullo schermo si vedeva la Classe A della moglie di
Marrano infilarsi in uno spazio vuoto. I fari si spensero poco dopo e si aprì
la portiera del guidatore. Carlotta indossava degli short bianchi e una
canottiera dal colore indefinibile, forse verde, forse marrone, forse un altro
ancora. Aveva i capelli legati in una coda e la borsetta sotto braccio. Fece
scattare la chiusura elettronica e si allontanò.
Tudini fece partire il secondo spezzone,
che era stato ripreso dalla telecamera di sicurezza successiva.
Carlotta veniva avvicinata da un uomo
dalla corporatura normale e dai capelli scuri, tagliati corti. Data la
risoluzione delle immagini il viso non si vedeva benissimo, ma dimostrava tra i
trenta e i quarant’anni, senza nessun segno particolare. L’uomo portava dei
pantaloni di tela beige o verde oliva e una maglietta a mezze maniche blu o
nera.
«Ferma» disse Sensi e Tudini bloccò il
filmato.
«Lui le dice qualcosa, lei fa questo
piccolo gesto con la testa... come se ondeggiasse appena all’indietro. Non
abbiamo una ripresa che ci mostri la sua faccia, presumo».
«No» rispose Tudini.
«Sembra come quando... vedi qualcuno che
non ti aspetti di vedere, no? Come se stesse dicendo: “Che cosa ci fai qua?”.
Ma potrebbe anche essere: “Ah, eccoti qua”. Merda. Fai ripartire».
I due parlavano per qualche secondo.
Sembrava una conversazione posata e tranquilla. Non gesticolavano,
l’espressione di lui sembrava tranquilla. Poi si voltavano e andavano verso la
macchina di lei. Il tizio le sfiorava un braccio, come guidandola.
«Quel gesto» intervenne la Riu,
sporgendosi per bloccare di nuovo. «Denota una certa intimità, non pensate?».
«Dipende. Comunque è chiaro che si
conoscono, almeno superficialmente. Ci può stare. È appropriato. Non è
violento, non è nemmeno invadente. Quasi non la tocca. Marrano che cosa dice?».
«Sta arrivando» rispose Tudini.
Il filmato ripartì. Un altro spezzone. I
due salivano in macchina. Lui si metteva al volante, mentre lei saliva al suo
fianco. L’auto andava in moto, i fari si accendevano e poi l’uomo faceva retromarcia
e filava via.
«Guida lui» disse l’ispettrice,
mordicchiandosi il labbro inferiore.
Sensi sbuffò. «Sì, è sessista da pazzi».
La Riu lo fulminò con lo sguardo. «Intendevo...»
«Lo so che cosa intendevi. Devi
conoscere bene una persona per farle guidare la tua macchina. E lei sembra
pienamente consenziente, quando sale. Tranquilla. Ma, vedi, la qualità delle
immagini è schifosa e per quel che ne sappiamo potrebbe essere bianca di paura
o stare persino piangendo, mentre sale docilmente a bordo».
«A me sembra sospetto» intervenne
Tudini. «Lui è entrato nel parcheggio a piedi».
Partì l’ultimo spezzone. L’uomo con i
capelli scuri usciva dall’ascensore nel sotterraneo, come se venisse dal
supermercato.
«Ricapitoliamo» disse Sensi,
stropicciandosi gli occhi. «Carlotta Marrano esce di casa alle sette e mezza
circa. Guida fino all’Esselunga, parcheggia, scende dalla macchina e incontra
il bell’Antonio, lì. Lui è senza macchina e sembra arrivato proprio al momento
giusto. Si sono dati appuntamento?».
«Abbiamo controllato i tabulati di
Carlotta?» aggiunse la Riu.
«Sì. Non ci sono telefonate
immediatamente precedenti alla sua scomparsa» spiegò Tudini. «Ovviamente ce ne
sono diverse nel corso della giornata, ma Marrano deve ancora guardarle e dirci
se gli sembrano normali. Spero che si sbrighi ad arrivare, ma ha detto che
doveva aspettare la babysitter. Per il momento non ha riconosciuto l’uomo del
parcheggio, ma gli ho mandato solo una schermata, può darsi che vedendolo in
movimento gli venga in mente chi è».
Sensi si arrotolò i capelli attorno a
una mano e cercò di annodarli in qualche modo. Dove diavolo era finito il suo
elastico? L’ispettrice lo fece scorrere verso di lui dal punto in cui era, sul
ripiano della scrivania, e Sensi le rivolse un veloce sorriso di
ringraziamento. Poi si fece una specie di chignon, dato che anche con l’aria
condizionata era troppo caldo per lasciare i capelli sciolti.
«Abbiamo i filmati delle cct anche
all’interno del super? Davanti all’ascensore, agli altri piani del parcheggio?
Vorrei seguire i movimenti del nostro amico, qua, per quanto possibile. Voglio
dire... sicuramente non era entrato a comprare qualcosa, ma...»
«Secondo me avevano un appuntamento»
disse Tudini. «Non capisco perché lui sia senza macchina, però. Cioè, non
capisco perché darsi appuntamento in un parcheggio sotterraneo se sei senza
macchina».
Sensi si alzò e sbadigliò. Aveva dormito
pochissimo anche lui e l’idea di Mainardi di mettersi per un po’ con la testa
sulla scrivania non gli dispiaceva. Ma non aveva speranza, ne era ben
consapevole.
«Va be’. Rosanna, tu occupati di
ampliare il raggio nelle ricerche sulle cct. Cerca di capire da dove venisse il
nostro amico e da che parte siano andati quei due. Max, convoca la colf, Antoneta
Horia. Manda qualcuno a prenderla a casa se necessario».
«Quindi continuiamo a considerarlo un
sospetto rapimento?» chiese il suo vice.
Sensi sospirò. «Magari verrà fuori che
quei due sono solo andati a scopare, hanno avuto entrambi un malore per il
caldo e tra un po’ rispunteranno, pentiti o stecchiti. Ma siamo onesti: chi
avrebbe voglia di scopare, con questo caldo?».
Sia Tudini che la Riu misero su
un’espressione vaga.
Sensi fece un gesto scocciato. «Solo
persone dal baricentro erotico alto, è ovvio. E, okay, magari lo sono anche i
due desaparecidos, non dico di no. Ma più probabilmente lui l’ha avvicinata e
le ha detto qualcosa che l’ha convinta a seguirlo – qualcosa tipo: non gridare,
non agitarti, ho rapito tuo figlio, torniamo alla macchina, dammi le chiavi,
sali a bordo e preparati a un week end un po’ particolare».
«Magari è un bondagista pure lui»
propose la Riu.
Tudini inarcò le folte sopracciglia.
«Rosanna, aggiornalo. So che ti piace
discutere delle perversioni altrui. Poi mettetevi in moto. Quando arriva
Marrano mandatelo nel mio ufficio».
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