sabato 22 dicembre 2012
sabato 8 dicembre 2012
Make Your Own Ad 2012
Avete avuto la playlist, avete avuto il racconto nuovo... insomma, non si può dire che questo Natale non siate stati serviti e riveriti. Avreste voluto anche il contest di illustrazioni. Anzi, qualcuno ha anche avuto la faccia tosta di lamentarsi pubblicamente per questa -aehm- inefficienza da parte mia.
Ora, sul contest di illustrazioni non mi incastrerete. Siamo seri. Io conosco i disegnatori. Sono persone meravigliose e tutto quanto. Persone altruiste e piene di voglia di fare, davvero.
C'è solo una cosa che non devi chiedere mai a un disegnatore: disegnare.
Quindi, potete anche accusarmi di essere sospettosa, ma io so che il contest produrrebbe, nella migliore delle ipotesi, qualche svogliata pin-up riciclata e un paio di schizzi affrettati camuffati da Grandi Opere Artistiche con un effetto di Photoshop (o, addirittura, di Instagram).
No, davvero. Non facciamoci del male. Non ce la possono fare, poveretti.
C'è, quindi, qualcosa che possiamo fare per movimentare il perioso pre-natalizio?
Be', sì. Date un'occhiata alle "pubblicità" qua sotto.
Fatto?
Ora, sul contest di illustrazioni non mi incastrerete. Siamo seri. Io conosco i disegnatori. Sono persone meravigliose e tutto quanto. Persone altruiste e piene di voglia di fare, davvero.
C'è solo una cosa che non devi chiedere mai a un disegnatore: disegnare.
Quindi, potete anche accusarmi di essere sospettosa, ma io so che il contest produrrebbe, nella migliore delle ipotesi, qualche svogliata pin-up riciclata e un paio di schizzi affrettati camuffati da Grandi Opere Artistiche con un effetto di Photoshop (o, addirittura, di Instagram).
No, davvero. Non facciamoci del male. Non ce la possono fare, poveretti.
C'è, quindi, qualcosa che possiamo fare per movimentare il perioso pre-natalizio?
Be', sì. Date un'occhiata alle "pubblicità" qua sotto.
Ora, potete suggerire gli slogan per le prossime. Potete farlo nei commenti, qua, o sulla pagina Facebook dei libri.
Uniche regole: nello slogan deve comparire il Natale e il titolo Satanisti perbene.
Le migliori (a mio insindacabile giudizio - questa non è una democrazia) diventeranno pubblicità come quelle sopra.
Se poi vi sentite particolarmente autarchici, potete anche creare direttamente la vostra pubblicità, utilizzando le fotografie che meglio preferite e la copertina del libro che vi metto qua sotto "aperta".
Potete caricare le vostre foto direttamente sulla pagina Facebook o su uno spazio web di vostra scelta, inserendo poi il link nei commenti qua sotto.
Enjoy.
martedì 4 dicembre 2012
Comunicazione di servizio
Il nuovo racconto con protagonista Sensi, Hardcore, è stato inserito nella sezione Free e-books, qua sopra. Lo trovate in formato PDF e EPUB.
Hardcore - 7
Mentre aspettavano che
arrivassero la pattuglia e l’ambulanza, Sensi si accovacciò di nuovo accanto
allo stalker. «Riccardo?» lo chiamò, scuotendolo per una spalla.
L’altro emise una sorta di
lamento.
«Riccardo, sei dei nostri?».
«Oh... che cazzo...?».
«Ti sei preso una padellata in
testa».
Riccardo provò a muoversi, emise
un altro lamento e si accorse di avere le mani legate. «Che diavolo...»
«Ti ho dovuto bloccare. Hai
buttato giù una porta. Eri una furia».
«Ma... che cazzo... dov’è
Aurora?».
Sensi fece un gesto con la testa.
«Di là. Sta bene. Nessuno le ha fatto niente. Ma proprio niente di niente.
Senti, sono il commissario Ermanno Sensi, della squadra mobile. Sei in
arresto».
L’altro sbatté lentamente le
palpebre. Aveva degli occhi chiari, chiarissimi, e delle sopracciglia folte che
gli davano un’aria quasi infantile. «Sei... un poliziotto?».
Sensi annuì. «Aurora mi ha
chiamato perché le stavi facendo paura. Sta arrivando un’ambulanza. Ti daranno
un’occhiata alla testa».
«Non sono pazzo» replicò l’altro.
Sensi sorrise appena. «Questo non
lo so, ma intendevo dire che daranno un’occhiata al bernoccolo che ti ho fatto
con quella padella. Vuoi sederti?».
Riccardo fece cenno di sì. Sensi
lo aiutò a mettersi seduto, con le mani legate dietro e la schiena contro il
muro.
«È solo una puttana...» borbottò
lo stalker.
Sensi stava per spiegargli che
l’avevano provocato per vedere che cosa succedeva, ma decise di non farlo.
Magari era meglio che lui pensasse che era una puttana. Magari l’avrebbe
lasciata perdere.
Il problema con quelli come lui
era che la legge poteva fare ben poco, finché loro non facevano qualcosa di
davvero irreparabile. Le vittime perdevano sempre.
Si alzò e lo lasciò lì, in
corridoio, legato.
-
Più tardi, dovette sorbirsi anche
un decotto di betulla. Dopo tutto quello che era successo, rifiutare sembrava
inutilmente crudele.
Riccardo Manna era stato portato
via in ambulanza. Alla fine, aveva deciso che preferiva il reparto psichiatrico
a una cella.
«Pensi che lo terranno dentro per
un bel pezzo?» chiese Aurora.
Sensi si strinse nelle spalle.
«Per un bel pezzo non credo. Però vedremo di ottenere la carcerazione
preventiva. Potrebbe reiterare il reato. Oppure potrebbe finire in qualche
istituto per malati mentali. Non so. Immagino che dipenda dal suo avvocato,
quando ne avrà uno».
«Ho paura, Ermanno» disse lei,
prendendogli una mano.
Lui sorrise appena. «Be’, mi
sembra giusto. Sei senza porta».
Sorrise anche lei. «Già... adesso
chi lo sente, il padrone di casa». Tornò seria. «Ho paura davvero. Lo so che è
stupido. Riccardo l’avete arrestato e tutto, ma...».
«No, non è stupido. Lo capisco.
Se hai un’asse e qualche chiodo, posso provare a inchiodarti quella porta. Come
carpentiere faccio schifo, però».
«Potresti fermarti» disse lei.
Sensi ci pensò un attimo. Non che
il suo nobile intento si fosse volatilizzato del tutto, come aveva creduto in
un primo momento, ma si rese conto che non poteva.
«Vedi, c’è un momento aureo»
spiegò. «Quando non sei proprio sobrio, ma neanche del tutto sbronzo. Quando le
cose vengono facili ed è tutto divertente. Questo non è uno di quei momenti».
Lei scosse la testa. «Decisamente
no. Niente serata hardcore, quindi. dopo tutto».
Sensi guardò fuori dalla finestra
della cucina. Il cielo iniziava a essere grigio. Il sole porterà via la paura,
si disse. Be’, magari non proprio il sole. Erano alla Spezia.
«Lo sai, mi piace solo la musica
triste» disse, alzandosi.
Scese le scale lentamente e,
altrettanto lentamente, andò verso la sua macchina, che era ancora parcheggiata
in divieto.
Un Dio misericordioso aveva
impedito che gli facessero la multa. Quello, e il cartellino delle forze
dell’ordine.
Si mise al volante senza
accendere e tirò fuori il cellulare.
A un oceano di distanza, il telefono di Carmel era staccato.
Fine.
lunedì 3 dicembre 2012
Hardcore - 6
Si erano avvinghiati, finendo
proprio davanti alle tende. Abbastanza vicini, sperava Sensi, da far sì che la
loro silhouette si stagliasse contro la finestra e si vedesse dalla strada.
Aurora si mise in ginocchio sul
cuscino che aveva previdentemente piazzato per terra e iniziò a mimare un
rapporto orale. Sensi le appoggiò una mano sulla testa, una cosa che, di norma,
non faceva.
«Dovremmo metterci un po’ di
audio» mormorò.
«Sto già per morire di vergogna.
E poi, di logica, l’audio dovresti mettercelo tu».
«Anche questo è vero» ammise lui.
Non molto convinto, cominciò a gemere per finta, prima a un volume normale, poi
ad alta voce.
«Quanto può durare un pompino?»
disse lei, in una pausa.
«Non lo so. Di solito non ci fai
caso. Sono meno di cinque minuti, però».
«Oh, Cristo. Ricomincia a gemere.
Qualcuno potrebbe non averti sentito».
«Grazie per il supporto, eh?
Volevo capire se l’uomo dei kleenex diceva qualcosa».
Rimasero in ascolto per qualche
secondo. Apparentemente no. Forse si godeva lo spettacolo e basta.
«Forse bisogna farlo incazzare di
più» disse Aurora, continuando diligentemente a fare su e giù con la testa.
Sensi ci pensò un attimo.
«Oookey» mormorò. Riprese a gemere più forte e aggiunse un paio di commenti
sulla falsa riga del “ciucciamelo, puttana”, che era un po’ un classico del
genere.
«Non sei tanto scurrile» gli fece
notare Aurora, sottovoce.
«“Ingoiamelo fino alle palle”
andrebbe meglio?»
«Forse».
Sensi sospirò. «Oookey» ripeté, e
provò la sua nuova squallida battuta.
Rimase in ascolto per qualche
secondo. «No, senti, non sta funzionando. Forse l’effetto ombre cinesi non è
venuto bene. Facciamo in un altro modo».
La sollevò per le ascelle e la
appiccicò contro la finestra, sopra alla tenda. Aurora appoggiò le mani
all’altezza della propria testa e una guancia contro la tenda. Sensi appoggiò
le mani accanto alle sue.
«Sogna il sesso anale? Ti informo
che stiamo facendo sesso anale. Sarà meglio che tu dia il tuo contributo,
adesso».
«Oh, cavolo... ma che cosa dovrei
dire?».
«Se non lo sai tu. La fronte.
Appoggia la fronte contro il vetro. Contro la tenda. Hai capito. E ora prova
con il classico “oh, sì, bravo, lì”».
A onor del vero, Aurora era molto
più portata per la recitazione di Sensi. Iniziò a fare dei suoni piuttosto
credibili e aggiunse una serie di frasi ad hoc che rendevano tutto il pathos
della situazione.
Sensi iniziò a ridacchiare sotto
voce. «Ma davvero? Cioè, “sfondami”? Così, al primo appuntamento?».
«E stai zitto».
«No, ma figurati. Lascia che io
contribuisca». E Sensi ricominciò a gemere.
Finalmente, dalla strada proruppe
un grido, tra il rabbioso e il preoccupato. «Aurora!».
«Dai che ci siamo. Propongo di
aspettare un altro po’, prima di venire. Non si sa mai. Potrebbe scappare e basta».
«In un certo senso lo
preferirei».
«In un certo senso lo preferirei
anch’io. È un poveraccio, sai. Forse pericoloso, ma pur sempre un poveraccio.
Oh, tesoro, ce l’hai stretto come un laccio emostatico!».
«Visto che puoi essere
fantasioso, se vuoi?».
«Un collegamento d’idee».
Lo stalker, nel frattempo, stava
dando in escandescenze. Aveva preso a calci qualcosa, a giudicare dal rumore.
«Oh, sì, sei un animale, ti amo!»
gridò lei.
«Mi fai venire i brividi»
commentò Sensi. Sentì il rumore del portone che sbatteva. Sbirciò fuori dalla
finestra. Riccardo non c’era più.
Si allontanò dalla tenda e prese
la padella per il manico.
«Non sembra molto pericolosa»
commentò Aurora, tesa.
«Ho un coltello in tasca, ma
preferirei non usarlo» disse Sensi. Evitò di dire che aveva anche una pistola,
nella sua fondina, sotto alla felpa, sul letto. Mettere una donna incazzata e
una pistola nella stessa stanza era abbastanza pericoloso anche senza che la
donna sapesse che la pistola c’era.
Si spostò verso il corridoio.
«Facciamo un altro po’ di rumore»
sussurrò.
Aurora iniziò a gemere. In altre
circostanze, avrebbe potuto essere stuzzicante. Vederla lì, bianca di paura,
appoggiata allo stipite della porta, non lo era.
«Aurora, apri! Che cazzo ti
stanno facendo? Che cazzo stai facendo, troia?».
Aurora si azzittì e rimase, se
possibile, ancora più ferma, come congelata.
Sensi impugnò meglio la padella e
si avvicinò alla porta d’ingresso.
«Vattene!» strillò Aurora e
quello era esattamente quello che voleva, non era una recita.
«Aprimi, cazzo! Ti hanno sentita
tutti!».
«Non sono affari tuoi! Devi
lasciarmi in pace!».
«Puttana maledetta... con me non
volevi e con questo stronzo sì? Te
ne pentirai!».
Si sentì un colpo sulla porta. Un
battente tremò.
«Vattene! Che cosa stai facendo?»
«Adesso ti faccio vedere io...»
Un altro colpo, più forte. Sensi
fece segno ad Aurora di stare indietro. Si sgranchì i muscoli del collo. Dentro
di lui, Astarotte si svegliò e si stiracchiò, soddisfatto.
Non è roba per te, gli
disse Sensi.
Non si sa mai, sogghignò
l’altro.
Aurora, avvertì, improvvisamente,
un vago odore di fiammifero sfregato. Forse era il legno della porta, forse...
Si sentì uno schianto e un
pannello cedette.
Sensi vide una mano maschile
introdursi nello squarcio e cercare a tentoni la serratura, come in film horror
di serie z. Così, dopo tutto, Riccardo l’aveva fatto.
Era onesto, quello che si
proponeva Sensi? Be’, no. Probabilmente quel tizio non sarebbe mai esploso, da
solo. Il commissario, con gli occhi rossi come sangue, sogghignò. Poteva
conviverci.
La mano riuscì a sbloccare la
serratura e la porta si spalancò. Riccardo l’Uomo dei Kleenex si catapultò
all’interno come un ossesso.
Sensi lasciò che facesse qualche
passo, sereno come un bracconiere che ha inquadrato un cervo.
Poi lo colpì di piatto con la
padella.
Si sentì un suono cupo, come
quello di una campana fessa.
Riccardo l’Uomo dei Kleenex andò
al tappeto.
«Oh, Dio... oh, mio Dio...»
gemeva Aurora, piangendo.
Sensi si inginocchiò accanto al
corpo dell’altro e si assicurò che fosse solo tramortito. Si sfilò il cellulare
dalla tasca dei pantaloni.
«Mi servirebbe qualcosa per
legargli le mani» disse, componendo un numero. «Qualcosa di morbido. Di spugna,
magari».
Si portò il cellulare
all’orecchio. «Max? Ho qua un tizio che ha sfondato una porta e ha cercato di
introdursi con la forza nella casa di una persona. L’ho un pochino tramortito.
Puoi mandare una volante e un’ambulanza?».
Rimase in ascolto qualche
secondo, poi diede l’indirizzo dell’appartamento in cui era.
Aurora, sulla porta della sua
stanza, piangeva e tremava. Gli stava porgendo un asciugamano, senza
avvicinarsi troppo.
Sensi lo prese e legò i polsi
dello stalker.
Si rialzò e andò a rimettersi la
maglietta, la fondina e la felpa.
«Avevi una pistola» disse Aurora,
con voce sottile.
Sensi sorrise lievemente. «È il
momento giusto per dirmi che sei contraria alle armi da fuoco».
Sorrise anche lei. «Be’, lo
sono».
Il commissario arricciò il naso.
«Lo so. Sei contraria a tutto».
Continua...
domenica 2 dicembre 2012
Hardcore - 5
Sensi aveva pianificato la
situazione con la massima cura. Il che significava che, probabilmente, non
aveva tenuto conto di un mare di dettagli e che il piano non avrebbe funzionato
in ogni caso.
Comunque, Sensi aveva
pianificato. Aveva controllato la porta dell’appartamento e si era accertato
che fosse sufficientemente vecchia, sufficientemente fragile e con una
serratura sufficientemente inutile.
Dato che era un appartamento in
affitto di fascia medio-bassa, fu fortunato. Quella porta non avrebbe tenuto
fuori neanche un bambino di dieci anni.
«Ok, adesso tu vai alla finestra
e chiedi per l’ennesima volta a quel tizio di andarsene. Digli che hai bisogno
di un po’ di privacy. Usa proprio queste parole. Poi socchiudi la finestra e
tiri la tenda».
Aurora era piuttosto titubante,
ma dato che si era già dichiarata d’accordo con il piano di Sensi, cercò di
eseguire.
Andò alla finestra e provò a
convincere lo stalker ad andarsene.
Lui replicò che l’amava, la
desiderava e avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei.
Mentre l’altro era distratto,
Sensi aprì la serratura del portone.
Aurora si infervorò e coprì il
corteggiatore indesiderato d’insulti. Anche quello, pensò Sensi, andava
benissimo. Rientrò nella stanza e le fece segno di tirare le tende. Aurora lo
fece, con un gesto brusco.
All’esterno continuavano a
risuonare le dichiarazioni d’amore dell’altro.
Sensi passò in cucina e, senza
accendere la luce, prese una grossa padella con il fondo di acciaio inox dalla
rastrelliera. Tornò in camera e la lasciò sul letto, a portata di mano.
«Ok. Pronta?» disse, a voce
bassa.
«Insomma. I vicini penseranno
che...»
«I vicini sono il male del
secolo» la interruppe lui. «Sei contro a tutto, non puoi essere anche contro i
vicini?».
Lei sorrise e scosse la testa.
«Ok» finì per dire.
Sensi si sfilò la felpa e la
maglietta e li buttò sul letto, ma non sopra alla padella.
«Che cavolo è quel segno? Un
pentacolo?» chiese lei, guardandolo.
«Yep. Be’, un sigillo. Ho avuto
anch’io una specie di stalker. Senti, se vedi che sto per mettermi a ridere
dammi un pugno su un piede. Forte».
Aurora si strinse nelle spalle.
Prese il cuscino dal letto e Sensi le lanciò un’occhiata perplessa.
«Comodità» spiegò lei.
Lanciò il cuscino sotto alla
finestra. «Ok, pronta».
«Togliti la felpa, è meglio»
disse Sensi.
Lei se la sfilò insieme alla
maglietta, restando in canottiera.
Sensi ridacchiò e scosse la
testa. «Diamo ai vicini un tipo di intrattenimento hardcore a cui non sono
abituati».
Continua...
sabato 1 dicembre 2012
Hardcore - 4
Aurora l’aveva richiamato quella
sera stessa.
«È qua sotto» aveva detto. «Di
nuovo».
Erano le sette e mezza, fuori
piovigginava e Sensi si era illuso di poter ordinare una pizza e passare la
serata ascoltando musica, con la Vettori che batteva sul soffitto con la scopa,
da migliore tradizione.
Però si era anche ricordato del
suo Nobile Scopo, quindi aveva cercato di dimostrarsi accomodante.
«Capisco» aveva detto. «Che cosa
posso fare, dato che arrestarlo non posso?».
La legge contro lo stalking era
una legge nuova, ma questo non la rendeva meno inutile delle leggi vecchie.
Prima dovevi provare che un tizio ti perseguitava, poi lui poteva
tranquillamente ignorare l’ordinanza restrittiva, dato che nessuna questura
poteva permettersi di mettere un piantone a protezione di una vittima di
stalking ventiquattr’ore al giorno.
Per lo più, le vittime dovevano
ingegnarsi da sole. Alcune finivano per cambiare casa, lavoro, città. Altre
avevano degli amici compiacenti, che menavano lo stalker finché non cambiava
idea. Altre sopportavano. Qualcuna, infine, finiva nelle statistiche.
«Che ne dici di venire a cena? Ti
propongo una seratina hardcore» aveva detto lei.
Sensi, per circa mezzo secondo,
si era illuso che un Dio, dopo tutto, esistesse. Sul Diavolo aveva buone
speranze, ma del vecchio Yahweh non aveva mai visto traccia. Subito dopo aveva
capito che non solo Dio non esisteva ma che, se esisteva, ce l’aveva con lui.
«Wow» aveva detto, piatto.
Naturalmente, una seratina di
punk hardcore non gli sorrideva per niente, ma, in un angolo ottimista del suo
cervello, c’era ancora la speranza che Aurora intendesse del sano porno
hardcore. Non ci credeva neanche lui, ma, comunque, non poteva lavarsi del tutto
le mani del problema “stalker”.
Il tizio sembrava piuttosto
innocuo, ma non si poteva mai sapere.
Aveva finito per mettersi il
giaccone e accorrere in difesa della fanciulla in pericolo, consapevole del
fatto che presto quello in pericolo sarebbe stato lui.
Quaranta minuti più tardi, dopo
aver mangiato una cosa chiamata “cannelloni vegani”, aveva avuto la conferma
dei suoi peggiori sospetti.
-
Così, ora Sensi era lì, seduto
sul pavimento della camera di Aurora, a chiedersi se il nobile scopo che si era
prefisso giustificasse tutto quel dolore.
Gli erano già stati inflitti un
intero album dei Contropotere e una scelta del meglio dei Wretched.
Sensi, che Dio lo perdonasse,
iniziava a sperare che i vicini si lamentassero. Ma, tanto, si era già visto
che Dio non esisteva.
«Potremmo ascoltare un po’ di
Crass, ora» propose, in quel momento, Aurora. Sembrava felicissima di averlo
lì. La coinquilina, chiaramente, aveva pensato bene di tornarsene a Rovigo per
il week-end. Dato che era mercoledì sera, doveva essere un week-end lungo.
«Ma certo. Perché insistere con i
soliti tre slogan in una lingua sola? Vediamo come suonano in inglese» ribatté
Sensi, stancamente.
Aurora sembrò presa da un dubbio.
«Oh. Forse ti dà fastidio che se la prendano con gli sbirri?».
«No» sospirò Sensi. «Mi dà
fastidio che se la prendano con questo sbirro. Chiarito che il potere è il
male, il governo è il male, la tv è il male, la polizia è il
male, la coca-cola è il male e così via, mi chiedo perché sia
necessario continuare a ripeterlo a oltranza, ma, ehi, non è la monotonia a
uccidermi. Io amo la musica monotona. Solo che questa fa cagare».
Ecco, adesso l’aveva detto e poteva dire addio al suo
Nobile Scopo.
Aurora, infatti, incrociò le
braccia con aria bellicosa. «Scusa, tu non credi che la musica dovrebbe avere
un’utilità sociale?» chiese, un po’ impettita.
«No» rispose Sensi, molto
francamente. Iniziò ad alzarsi.
L’altra aprì la bocca,
oltraggiata.
«Allora davvero eri al May
Day per fare rapporto o, non so, reprimere la libertà di pensiero o...» iniziò,
in tono sostenuto.
Sensi si mise a ridere. «Ero al
May Day per accompagnare un mio amico a vedere quello schifo di gruppo
brutal-death. Ti sei fatta un’idea sbagliata, su di me. Se fossi stato lì per
fare rapporto o, cosa ancora più impegnativa, reprimere la libertà di
pensiero, col cazzo che avrei resistito fino alle tre di notte. Avrei fatto
quello che faccio sempre quando c’è da lavorare, ossia me la sarei squagliata.
E poi, io sono il commissario della squadra mobile. Con me sono al sicuro anche
i ladri e gli assassini, figurati i liberi pensatori».
Aurora annaspò. «Cioè... non ti
importa niente?».
Sensi fece un gesto vago
nell’aria. «Mi importa che Riccardo l’Uomo dei Kleenex non si masturbi davanti
al tuo spioncino, anche se ammetto che non è proprio il primo dei miei
pensieri. Mi importa che non ti uccidano, anche se non credo che sia molto
probabile. Detto questo, se continui a obbligarmi ad ascoltare queste schifezze
hardcore probabilmente ti ucciderò io e sarà stata fatica sprecata».
«Ma ti ho detto che ti
invitavo a una serata hardcore casalinga!».
«Mi chiedo se tu abbia mai
proposto la stessa cosa anche a Riccardo l’Uomo dei Kleenex... perché potrei
cominciare a capirlo».
Sensi andò alla finestra e guardò
fuori. Lo stalker era ancora lì.
Aprì la finestra e si sporse.
«Riccardo!» gridò. «Ti ha mai
proposto una serata hardcore casalinga?».
Lo stalker, preso alla
sprovvista, fece un mezzo salto indietro. Poi alzò lo sguardo verso la
finestra. Uno sguardo pieno di rancore. «Sì!» rispose.
«Lo sapevi che il punk hardcore è
un genere musicale, sì?».
«L’ho scoperto!» ringhiò l’altro.
«Che cosa ci fai tu lì? Chi sei? Aurora sta bene?» aggiunse, poi, con la voce
che saliva di tono.
Sensi richiuse la finestra. «All
right. È uno stalker vero» le comunicò. «Paranoico e tutto quanto. E la musica
hardcore gli fa schifo, a conferma che anche le persone peggiori hanno qualcosa
di buono».
Aurora, palesemente agitata,
faceva avanti e indietro per la stanza.
«Forse non capisci che sto per
impazzire» gli disse, mordicchiandosi un dito quasi a sangue. «È sempre lì,
fintamente premuroso! E tu non sei molto meglio. Secondo te, gli avrei proposto
una serata di sesso estremo e ora lui sarebbe solo incazzato perché è andato in
bianco? Ma sei scemo?».
Sensi sollevò le mani in segno di
resa.
«Ci sono andata a letto... normalmente
a letto, ed è stato il peggior errore della mia vita!» strillò l’altra, che non
aveva ancora finito. «Credi che sia stato bello beccarmi le sue telefonate in
cui mi spiegava che me lo vuole mettere nel culo?».
Sensi, sempre con le mani alzate,
ebbe il buon gusto di sentirsi vagamente in colpa.
«Credi che sia bello trovarmi i
suoi disgustosi fazzolettini dappertutto?» aggiunse Aurora. «Credi che sia
bello starmene qua sapendo che lui è lì sotto?».
«Ehm. No, non dev’essere bello»
ammise Sensi, un po’ a disagio. Il suo Nobile Scopo si era completamente
vaporizzato.
«E allora? Non vuoi ascoltare la
musica che piace e me? Bene! Non vuoi restare, dato che non ho intenzione di
farti uno spogliarello? Benissimo! Magari è anche meglio!».
Ormai piuttosto mortificato,
Sensi decise di ricorrere al rimedio più estremo che conoscesse.
«Mi. Dispiace» scandì, senza
abbassare le mani. «Scusa».
Aurora socchiuse gli occhi,
sospettosa. Era chiaro che avrebbe voluto continuare un altro po’.
«Ah, ti dispiace?» provò a
ritorcere, ma aveva ormai perso lo slancio.
Sensi sospirò e abbassò le mani.
«Sì, mi dispiace. Non vado molto forte, nell’empatizzare con le vittime. E la
cura a base di slogan anti-tutto non ha migliorato il mio umore. Ma hai ragione
tu e ho torto io. Solo che non so proprio che cosa farci. Non posso scendere e
riempire quel tizio di botte, lo capisci?».
Il che era solo parzialmente
vero. Una parte di sé si sarebbe divertita da matti, a riempirlo di botte.
Sensi, piuttosto, non voleva.
L’altra tirò su con il naso, ora
più calma. «Sì, lo capisco. Ma che cosa dovrei fare, allora?».
«Non lo...» iniziò Sensi, ma si
interruppe.
Guardò la finestra, poi guardò il
lampadario.
«Potremmo giocare alle ombre
cinesi» disse.
E, in risposta allo sguardo
perplesso dell’altra, aggiunse: «Certo, dovrai affrontare le spese per una
porta nuova».
Continua...
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