Jimmy Razor era morto. Il fatto era
inconfutabile. Jack Wyte lo osservò a braccia incrociate, spostando il peso del
corpo da un piede all’altro.
«Una bella rogna» commentò, con voce tesa,
Ronald Pullman, alla sua sinistra. Wyte annuì.
«Sta arrivando il commissario capo».
«Lo so».
«Insieme al manager».
«Lo so».
Jack Wyte lasciò vagare lo sguardo sul soffitto
alto e bianco, sulle pareti spoglie, sul pavimento lucido. Tornò a guardare
Razor, immobile e innegabilmente morto, sul letto. Gli uomini della scientifica
gli ronzavano intorno come falene attorno alla lampada che le avrebbe fritte,
silenziosi. Il medico legale aspettava in un angolo l’arrivo dei superiori.
Tutto quel che aveva potuto fare era stato constatare la morte del soggetto.
«Cazzo» disse Pullman. «Fa un po’ impressione,
no?» Lanciò un’occhiata nervosa dalla parte di Wyte. «Voglio dire… è proprio
come su MTV».
«Non guardo video musicali» rispose Wyte,
distrattamente.
Non riusciva a spostare gli occhi dal cadavere.
Giovane, con i capelli bianchi acconciati a dreadlocks, orecchini di metallo
alle orecchie, al naso, a un sopracciglio. La maglietta sintetica nera, con le
maniche tagliate all’altezza del gomito, gli aderiva al torace magro come un
guanto. Fece scorrere lo sguardo sui pantaloni di plastica fucsia, appiccicati
alle gambe scheletriche, e pensò che non riusciva a capire i giovani di quella
generazione. Che, guarda caso, era proprio la generazione di sua figlia.
La immaginò come l’aveva vista l’ultima volta,
al ristorante. Così spigliata, decisa, adulta, mentre ordinava un aperitivo a
basso contenuto calorico, prima di cena. I capelli biondi tagliati come se
fosse finita sotto un falciaerba, il vestito alla moda, il viso e le mani
curati dall’estetista.
Gli uomini agli altri tavoli l’avevano guardata
con la bocca aperta, lanciando sguardi perplessi dalla sua parte.
È mia figlia! avrebbe voluto urlare Wyte. Non vedete che ha
venticinque anni?
Si era seduto con le
spalle alla sala, infastidito. E Corrie… Corrie aveva parlato per tutto il
tempo in modo gentile e formale – sì, formale – con quella voce dura e senza
accento che aveva imparato all’università, mangiando veloce, perché il tempo
correva.
Wyte venne riscosso dai suoi pensieri
dall’ingresso del capo, grasso e pomposo come un melograno maturo, e da quello
di un uomo basso e tracagnotto, fasciato in un abito che doveva costare da solo
quanto una macchina di media cilindrata.
«Oh, Jimmy…» esclamò l’uomo, con una strana
voce in falsetto. «Allora è vero!». E mosse qualche passo esitante verso il
letto.
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