lunedì 12 ottobre 2009

Clamidia - 25

Il citofono suonò un’ora e venti minuti più tardi, mentre Sensi dormiva. L’aria del suo appartamento era rovente e lui si era messo di nuovo in mutande, ma decise che per Sonia era il caso di infilarsi almeno un paio di pantaloni. In fatto di abbigliamento era schizzinosa.

Lei entrò nell’appartamento un minuto più tardi, senza bussare.

“Ermanno,” disse, e gli lanciò una lunga occhiata valutativa con le mani appoggiate sui fianchi. “Sei sempre il solito sciattone.”

“Grazie, mi tengo su. Tu, invece, sei magnifica.”

Sonia rise e si chiuse la porta alle spalle. “Tesoro, io ci lavoro con questa magnificenza.”

Poi, a suo agio come in casa propria, si andò a sedere elegantemente sul divano e accavallò le gambe chilometriche. Magnifica forse non esprimeva pienamente quello che era.

Era alta più di un metro e ottanta, con un fisico da modella e un visino regolare dagli occhi grandi e truccati di scuro. I capelli erano un caschetto nero così perfetto che probabilmente era una parrucca, le famose gambe chilometriche erano inguaianate in un paio di pantaloni di vinile che terminavano con dei sandali argentati con il tacco a stiletto di dodici centimetri. Dai polsi pendevano decine, forse centinaia di sottili braccialetti d’argento. I seni minuti, quasi adolescenziali, erano tenuti fermi da una fascia nera, che si vedeva perfettamente attraverso la camicia larga, bianca e di stoffa sottile.

“E questo che cosa sarebbe? Un look alla Valentina?” chiese Sensi, andando a prenderle una birra dal frigo.

Lei sgranò gli occhi. “Alcolici? Oh, no, Ermanno. Non hai una diet coke?”

“Red Bull, al massimo.”

“Ma light?” insistette lei.

“Cristo, no. Che cazzo me ne farei? Sono già un osso. E anche tu, se era questo che volevi sentirti dire.”

Momentaneamente placata, Sonia sorrise.

“Al diavolo. Dammi quella birra.” Poi, con gesti veloci e precisi, tirò fuori una sigaretta dalla sua minuscola borsetta di vernice nera, la incastrò sulla punta di un bocchino rosso, si infilò il bocchino tra le labbra color fuoco e protese la punta verso di lui.

Sensi prese l’accendino con cui accendeva i fornelli e, sospirando, l’accontentò. Sonia emise subito un voluttuoso sbuffo di fumo.

“Bel divano,” commentò, bevendo un sorso di birra.

“Grazie. Ora puoi dirmi perché ti sei catapultata qua da… dove stai, ancora a Genova?”

“Esatto.”

“…da Genova, non appena ho fatto il nome di Gunter Voigt.”

Sonia diede un altro tiro alla sua sigaretta. “Ah. Ho saputo che l’hanno fatto fuori, sai. Avrebbero dovuto organizzare una festa. Avrei persino potuto mettere a rischio un paio delle mie scarpe per ballare sulla sua tomba lercia.”

Sensi sorrise stancamente e si lasciò cadere sul divano accanto a lei, con una lattina di Red Bull in mano.

“Doveva essere un tizio eccezionalmente simpatico.”

Sonia bevve un altro sorso di birra. “Era un porco. E tu sai che la mia idea di porco è piuttosto evoluta.”

“Non ho mai avuto la fortuna di conoscerlo. Mi hanno detto che era un pappone.”

“Sì, certo. Le sue ragazze stavano su questo sito, il solito sito di escort, tranne che quelle non erano escort, erano schiave. Concorrenza sleale, tra l’altro. Potevi comprarti una seduta di pissing per cinquanta euro. Compresa tutta la torta, ovviamente. Unprofessional,” concluse, in tono scandalizzato.

“Quindi facevano BDSM?” chiese Sensi.

“Pfui! Se quello è BDSM! No, erano puttane, Ermanno. Solo che indossavano corpetti di latex da due soldi e si lasciavano frustare sul culo.”

Sonia si alzò in piedi, rischiando di andare a sbattere contro il soffitto mansardato dell’appartamento, e andò a buttare nel lavandino un po’ di cenere. I suoi pantaloni erano così aderenti che se avesse avuto dei peli sulle gambe o altrove si sarebbero potuti contare.

“Era un giro di merda, Ermanno. Ma merda vera. La metà era a rota di qualcosa. Non usavano protezioni. Facevano… tutto. E quel viscido figlio di puttana di Voigt non gli lasciava praticamente niente.”

“Non ho ancora capito perché non me lo potevi dire al telefono.”

Sonia fece una smorfia e buttò il mozzicone nel lavandino. “Non mi fido. Non sai mai chi ascolta. Non sai che intercettare è lo sport del momento?”

“Pensavo che avessero appena varato una legge che lo impedisce,” sorrise Sensi.

Sonia rise. “Oh, la magistratura! E chi se ne frega della magistratura. No, tesoro, quelli che ascoltano sono ben altri. O magari, nella tua innocenza, credevi che Voigt fosse solo-soletto? Aveva dei contatti. Non si può mai sapere… qualcuno ascolta me, lo dice a lui e lui lo dice a qualcun altro ancora. Non sarebbe la prima volta. Ho clienti… influenti.”

“Preferisco non sapere.”

Sonia rise di nuovo. Si risedette sul divano e si sfilò i sandali. Aveva le unghie dei piedi smaltate di rosso scuro.

“Oh, sai com’è. Mi piace essere ricca sfondata. Aiutami a levarmi questi affari, sto facendo la sauna.”

Sensi, obbediente, afferrò le estremità dei suoi pantaloni e iniziò a tirare. Sembravano incollati alle sue gambe.

“Piano! Si deformano!” strillò Sonia.

“Sonia, probabilmente bisognerà tagliarli con il bisturi. Poi bisognerà tagliare con il bisturi anche il mio uccello, e sarà un atto di pietà. Non ti ho detto che mi hanno attaccato la clamidia.”

Con uno schiocco secco i pantaloni finirono per staccarsi dalle sue gambe e Sonia li scalciò via. Sotto, inaspettatamente, aveva un paio di minuscoli slip di pizzo nero. Sensi non immaginava che nei pantaloni ci fosse abbastanza spazio anche per loro.

“Oh, ma figurati. Che sarà mai. Un po’ di clamidia capita a tutti.”

“Be’, di solito a me no. Io non faccio il… qual è il nome politically correct per la tua professione, in questo momento?”

Sonia sorrise. “Domina. E, per tua informazione, io non ho mai preso né clamidia né altro. Non sarebbe professionale.”

“È che ho delle difficoltà a considerare una professione prendere a calci la gente e farsi pagare una montagna di soldi per questo. Io lo farei anche gratis.”

Sonia inarcò le sue sopracciglia nere, sottili e magnificamente disegnate. “Tu non capisci la mia arte. Spogliati, ti faccio vedere.”

“Non importa, vivrò con la mia ignoranza.”

Lei rise di nuovo. Aveva una bella risata, rideva con tutto il corpo.

“Ti facevo meno borghese. Ti ricordavo meno borghese.”

Sensi le fece l’occhiolino. “Allora non avevo ancora preso la clamidia. Quindi Voigt è stato ammazzato. Ti ricordi come?”

L’altra sbuffò. “Qualcosa di insignificante. Sparato, accoltellato… niente di veramente outré. Forza, levati quei pantaloni, offendono il mio senso estetico.”

“Le mutande sono ancora peggio, ti avverto.”

Sonia sogghignò. “Allora togliti anche quelle.”

Sensi inclinò la testa da un lato. “Hai mai sentito parlare del dl 41del ’96?”

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