Antoneta Horia era una bambolina di
porcellana anche lei. Sensi iniziava a chiedersi dove avesse vissuto fino a
quel momento, dato che la città sembrava invasa di bamboline che lui non aveva
mai notato. Antoneta aveva grandi occhi azzurri, pelle rosea e chiara, capelli
ondulati di un colore tra il rosso e il biondo, un visino delicato e un fisico
un po’ acerbo eppure soffice.
Rispetto a Carlotta era una versione
leggermente più giovane e ruspante. Il top che indossava si fermava giusto
qualche centimetro prima della pornografia e gli short erano più aderenti, le
strizzavano il culo come se volessero spremerlo, mentre sul lato A era
inevitabile un effetto camel toe difficile da ignorare.
«Tu saresti uno sbirro?» furono le prime
parole che disse Antoneta, quando Sensi la raggiunse in corridoio.
«Già» rispose lui, senza prendersela.
Era una domanda che gli era stata rivolta innumerevoli volte. Guidò Antoneta in
una stanza per i colloqui, un ambiente spoglio e bianco, leggermente
intimidatorio. Per qualche losco motivo non appena lei si sedette quel luogo
asettico sembrò trasformarsi nel set di un film hard, uno di quelli in cui lo
sbirro muscoloso dà una bella ripassata alla testimone reticente contro il
vetro monodirezionale. La sensazione fu accentuata dal fatto che Antoneta si
sedette sul tavolo, non al tavolo, e accavallò subito le gambe
con studiata e sensuale strafottenza.
«Che cosa volete da me?» attaccò, subito
dopo. «Non ho fatto niente. Sto qua da tanti anni. Perché mandare quello sbirro
in divisa a casa mia, come se sono una criminale?».
Il suo italiano era buono, ma non
perfetto. Sensi rimase in piedi e iniziò a girellarle attorno.
«O un personaggio importante. In questo
caso ci serviva sentirti subito sulla scomparsa di Carlotta Marrano».
«Eh?» fece l’altra, un po’ confusa.
«Si è volatilizzata ieri sera. Non lo
sapevi?».
Antoneta scosse la testa. Poi spinse le
labbra verso l’esterno, in una smorfia pensosa che il suo lucidalabbra
super-lucido rese una specie di apologia del sesso orale. «Scomparsa come?».
Sensi sospirò. «Facciamo che le domande le
pongo io. A che ora te ne sei andata da casa loro, ieri sera?».
L’altra si strinse nelle spalle,
rendendo evidente che non portava il reggiseno. Sensi quasi si intenerì. Non
sapeva da quanto tempo Antoneta lavorasse dai Marrano, nella cosiddetta alta
società, ma la sua prima reazione, prelevata dalla polizia, doveva essere stata
di sfoderare l’arsenale pesante, quello di strada. Era il genere di cosa che
faceva innervosire certi poliziotti e ne convinceva altri di avere diritto a un
pompino gratis. Per fortuna quella seconda categoria di sbirri andava
assottigliandosi, sostituita da una generazione più ottusamente moralista che
politically correct.
Sensi sospirò di nuovo, decidendo di
ammorbidire ulteriormente il proprio tono. «Senti, Antoneta, non ce l’abbiamo
con te. Sul serio. Ieri sera Carlotta Marrano è uscita per andare al super e
non è più rientrata. Temiamo che l’abbiano rapita. Ci serve tutto l’aiuto
possibile e ci serve in fretta. Fa così schifo, come datrice di lavoro?».
L’espressione di Antoneta cambiò
all’istante. «Chi? Carlotta? No. Carlotta è okay. Non avevo... capito. Oddio...
chi l’ha rapita?».
Sensi tirò il tablet fuori dalla
custodia e lo posò sul tavolo. «Non lo sappiamo. Forse lui. Lo conosci?». Fece
partire la sequenza di filmati delle telecamere di sicurezza.
«Non credo» rispose Antoneta, chinandosi
sul monitor. «No, non lo conosco. Ma Carlotta sì, è vero?».
«Che tu sappia si vedeva con qualcuno?».
L’altra inarcò le sopracciglia. «In che
senso? Quella è innamorata di Giorgio. Proprio cotta».
«Giorgio Marrano?» disse Sensi, tanto
per essere sicuro.
«Eh. Suo marito. Sono tutti
appassionati» ridacchiò Antoneta.
Sensi sospirò per l’ennesima volta. «Sì,
ho visto le foto. Quindi non c’era nessun altro».
«Che cosa vuol dire che hai visto le
foto? Perché?» fece lei, di nuovo sulla difensiva.
«Non mi interessano le foto. O forse sì,
aspetta. Sono mai finite su internet? Qualche sito fetish, qualche community?».
Lei scosse la testa. «Non penso». Si
mordicchiò il labbro inferiore, con il solito effetto da film hard. «Non lo so.
Ti sono piaciute?».
«Non è successo niente di strano,
ultimamente? Qualcosa di diverso dal solito? Magari Carlotta era di cattivo
umore, o ci sono state delle telefonate insolite, o...»
«Non hai risposto!» lo interruppe
Antoneta, ridendo.
Sensi sbuffò. «No, non mi sono piaciute.
Ti dispiace lasciar perdere le stronzate per cinque minuti? Ho già notato tutto
quello che dovevo notare... non mi interessa. Non ora, comunque. Non ti
offendere, okay? Pensa a Carlotta. Ho l’impressione che suo marito non sia
molto attento a quello che succede in casa, ma tu sei lì, forse le parli più di
lui. Se ci fosse stato qualcosa di diverso...»
«No, niente» lo interruppe di nuovo lei.
«Sei finocchio?».
Sensi annuì, tutto serio. Perché le
spostate capitavano sempre a lui? «Si dice “omosessuale”. O al massimo “gay”.
Comunque... ora puoi rispondere?».
«Non lo so. Può darsi che le hanno messe
su qualche sito. Roba privata, per gente appassionata di quel tipo di cose lì,
no? Ma Carlotta non pensava che era una grande idea, mi sa. Il tizio dei
servizi le ha detto che era pericoloso e lei si è preoccupata. Lo sai che il
papà di Giorgio è un politico grosso, vero?».
Il commissario si grattò la testa, si
rese conto di avere ancora una specie di chignon e si vergognò leggermente. Poi
si focalizzò di nuovo su quello che aveva appena sentito. «Quali “servizi”?».
«N-non lo so» ammise la colf. «La CIA?».
Per una volta Sensi rimase senza parole.
«Cioè, come la CIA italiana» corresse
Antoneta, che doveva essersi resa conto che la sua rivelazione era un po’
bizzarra.
«L’AISE?».
«Eh?».
Sensi sospirò. «O l’AISI. Anche se in
realtà non mi sembra probabile nessuno dei due, né l’intelligence esterna né
quella interna. Sei sicura? Te ne ha parlato Carlotta?».
«L-lei ha detto solo “servizi”. Io ho
pensato ai servizi segreti. Come nei film. Il papà di Giorgio...»
«Sì, sì» la interruppe lui. «Che cosa ti
ha raccontato Carlotta?».
«No, niente» fece Antoneta, ora
spaventata dal suo tono.
Sensi ebbe la tentazione di prenderla
per il collo e stringere, ma si dominò e le rivolse un sorriso rilassato. «Non
devi preoccuparti. Vorrei solo che mi riferissi quello che ti ha detto
Carlotta. Non hai fatto niente di male».
La colf sembrò un po’ indecisa, ma alla
fine diede una specie di scrollata di tette, cioè di spalle, e sputò il rospo.
«Niente, per le foto. Ha detto che quel tizio dei servizi le aveva detto che
non era una bella idea. Perché magari qualcuno le vendeva ai giornali. Era
logico. Il papà di Giorgio...»
«Ti giuro che lo so chi è il papà di
Giorgio. In che modo l’ha contattata questo tizio dei “servizi”?».
Antoneta scosse la testa.
«Quando?» ritentò Sensi.
«Me ne ha parlato la prima volta un paio
di mesi fa».
«Va be’. Tieniti a disposizione»
concluse Sensi, mollandola lì.
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