venerdì 14 luglio 2017
Perduti Sensi per le librerie
Da più parti mi è stato chiesto come possono fare le librerie a ordinare l'edizione "avio" di Perduti Sensi.
Mi è stato spiegato che un primo modo è farlo attraverso la distribuzione StreetLib (quella che lo distribuisce su Amazon): QUA le istruzioni.
Altrimenti, io sono disposta a fare da intermediario e a far spedire le copie con un 50% di riduzione (+ spese di spedizione), ma non so se sia una soluzione praticabile per una libreria.
Se scopro altri modi vi farò sapere!
Tutto questo desiderio di Perduti Sensi è molto bello, ma come al solito mi coglie totalmente impreparata.
lunedì 12 giugno 2017
Perduti Sensi - Sette avventure per il commissario Sensi
Data la natura casereccia di questa iniziativa, sono riuscita a darvi le informazioni poco per volta. Ora cerco di riassumere tutto.
Che cos'è Perduti Sensi?
Un'antologia di racconti. Sette. Contiene dei lavori già apparsi in giro, rivisti e corretti, e un lungo racconto nuovo ambientato durante il periodo da infiltrato del commissario. È nata come una specie di omaggio per i lettori più affezionati, poi è cresciuto mostruosamente, in parte perché mi faccio prendere la mano con facilità, in parte perché i lettori affezionati erano più di quelli che credevo.
Quindi ne abbiamo tre versioni:
Una tiratura limitata in 221 copie, 350 pagine, con alette, ogni copia firmata, numerata e stampigliata con il mio ex-libris. Costa 16.00 Euro + 2.50 di spese di spedizione (se necessarie). Si può preordinare usando il modulo qua sopra, ma dato che le copie sono solo 221 chi potrà davvero avere il libro dovrà essere sorteggiato. La data indicativa del sorteggio dovrebbe essere il 15 di giugno, ma se poi sarà il 16 abbiate pazienza. Ho anche appena scoperto le leggi sulla privacy, quindi non è così semplice. Se verrete sorteggiati vi arriverà un'email. Agli spezzini arriverà un'email in cui si chiede di scegliere anche la modalità di consegna. Delle copie saranno comunque disponibili nelle librerie della città (leggete i post precedenti per più info).
Un'edizione in e-book, disponibile su tutti gli e-store (Amazon, Kobo, IBS, G-Play, iTunes, ecc.) a partire dal 19 giugno. Il primo giorno sarà venduta GRATIS, così veramente tutti potranno leggere i racconti. Dal secondo giorno avrà il costo di 1.50 Euro.
Una seconda tiratura, 354 pagine, senza alette, con la copertina avio. Costerà 15.00 Euro, perché si è scoperto che la mancanza di alette non vuol dire un granché per i tipografi. Solo per chi avrà fatto il preordine dell'edizione limitata e non sarà stato sorteggiato sarà possibile avere una copia avio con firma e dedica. Scusate, ma a un certo punto devo mettere uno stop, anche perché tutti questi bei libri li prenderò, muoverò, imbusterò, affrancherò, porterò in posta e spedirò io medesima, e a un certo punto vorrei anche finire. Certa della vostra comprensione... niente, è così.
Date queste informazioni in tono fermo e autoritario, aggiungo ancora una volta un ringraziamento con voce emotiva e lacrimuccia per tutto l'affetto, l'attenzione e la partecipazione che state dimostrando. Ho scoperto di avere degli amici, più che dei lettori, e non è mica una cosa da niente.
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mercoledì 31 maggio 2017
PERDUTI SENSI - informazioni logistiche
Prima delle informazioni logistiche vorrei davvero, davvero, davvero ringraziare tutte le persone che hanno scritto, si sono informate, stanno preordinando, stanno facendo pubblicità a questo piccolo lavoro. Dai miei concittadini un po' me lo aspettavo - perché noi spezzini siamo burberi, ma - da tutti gli altri un po' meno. E invece.
Ora asciughiamo la lacrimuccia e passiamo alla logistica.
Confermo che:
- PERDUTI SENSI, sette avventure per il commissario Sensi sarà di 350 pagine, 14x20 cm, con alette. Ogni copia sarà firmata, numerata e stampigliata con il mio ex-libris. Le copie sono 221.
- costerà 16.00 Euro + 2,50 di spedizione se è necessaria la spedizione.
- ci sarà un punto ritiro qua a Spezia, devo ancora capire dove e quando.
- si potrà pagare con carta di credito, bonifico o in contanti (se ci vediamo di persona). Preferirei carta di credito, ma fate voi.
Aggiungo che:
- il libro uscirà attorno al 15 di giugno. Il primo giorno mi servirà per firmare, numerare e stampigliare l'ex-libris su tutte le copie.
- non appena avrò fatto questo, manderò un'e-mail a chi si è aggiudicato una delle 170 copie in preordine in cui chiedo di confermare l'ordine.
- solo dopo porterò i libri restanti alle librerie (il numero 1 andrà alla Biblioteca Beghi) in modo che i non sorteggiati abbiano una seconda chance. Come ho già detto, mi rendo conto che è campanilistico, ma è un campanilismo dettato dal grandioso supporto che i miei concittadini mi hanno sempre dato.
- Lo stesso giorno PERDUTI SENSI verrà distribuito anche in e-book. Il primo giorno sarà gratis, poi a 1,50 Euro.
Inoltre:
- il numero dei preordini mi fa pensare che in qualche momento tra l'inizio dell'estate e settembre ci sarà un'ulteriore edizione cartacea, non numerata, in distribuzione anche negli store online. Non ne sono ancora sicura, quindi prendete quest'informazione per quello che è: un'ipotesi. Comunque nessuno dei lettori che desiderano una copia cartacea sarà lasciato senza. Quindi le strategie varie e fantasiose per evitare la concorrenza nell'accaparrarsi una copia sono inutili (chi doveva capire ha capito)!
- i preordini si chiuderanno il 15 giugno (il modulo è in cima alla pagina).
Per concludere:
PERDUTI SENSI è 100% spezzino: non ha prefazione, né introduzione, né (specialmente) ringraziamenti. Non c'è scritto in copertina "poche musse e pedalare" solo perché l'inchiostro non cresce mica sugli alberi.
(Nella foto, la copia staffetta ritagliata e piegata malamente da me. Il libro vero non avrà quella sfortunata forma irregolare, lo giuro.)
giovedì 18 maggio 2017
Pre-ordini "Perduti Sensi" FAQ
Non so quando uscirà il nuovo romanzo con il commissario Sensi. Ci sto lavorando. Ma dato che molti mi chiedono, anche un po' offesi, delle nuove avventure, sto pensando di trovare un compromesso che faccia contente diverse categorie di lettori insieme. Quindi prossimamente (quando ancora non lo so) farò uscire un'antologia di racconti - titolo provvisorio PERDUTI SENSI. Conterrà i primi racconti con protagonista Ermanno, riveduti e corretti, e un nuovo, lungo racconto, "Sopravvivere al demonio", ambientato durante il periodo da infiltrato di Sensi a Torino.
Uscirà in un'edizione per collezionisti, di circa 200 copie firmate e numerate, e in edizione ebook a prezzo super-economico in modo che sia alla portata di tutti.
Com'è fatto questo libro? Che caratteristiche avrà?
- Sarà un libro di circa 360 pagine, in brossura, con alette
- Costerà circa 16 Euro
- Ogni copia sarà firmata, numerata e con ex-libris
Come procurarselo?
- Compilando il modulo qua sopra è possibile "candidarsi all'acquisto". Se il numero delle richieste eccederà quello dei libri disponibili l'assegnazione avverrà sulla base di un sorteggio casuale
- Diverse copie saranno disponibili in varie librerie della Spezia. Per il momento Il Contrappunto, Ricci e Mondadori, ma credo se ne aggiungeranno altre.
Se vengo sorteggiato, come farò a ricevere fisicamente il libro?
- Verrai contattato via email e ti verranno forniti i dati per il pagamento (carta di credito o bonifico)
- Ci sarà un momento per ritirarlo di persona (ancora da definire)
- Potrà essere spedito via posta, con un prezzo di spedizione stimato di circa 2,50 Euro
Riguardo al pagamento, altre cose da sapere?
- Se preordini e poi non acquisti lasci automaticamente il posto a qualcun altro
- Si potrà pagare con carta di credito o bonifico. In contanti per chi viene al ritiro, ma preferirei gli altri due metodi perché devo ovviamente rendicontare le vendite (per le tasse) e le transazioni virtuali sono più semplici!
Se vengo sorteggiato, quanto passerà prima che io abbia fisicamente in mano il libro?
- Il tempo che io riesca a spedire tutte le copie (sì, faccio tutto io!)
Posso barare per aggiudicarmi una copia del libro?
- Teoricamente sì, se preordini da diversi indirizzi e con diversi nominativi accresci le tue possibilità di venire sorteggiato. Ti prego di non farlo. Per prima cosa non è corretto; secondariamente se mi accorgo che ci sono casi del genere sarò costretta controllare tutti gli indirizzi Ip uno per uno cercando i truffatori (se già state pensando di usare un proxy, sappiate che le richieste provenienti dall'Indocina mi insospettiranno). Davvero, vi ringrazio fin d'ora per la correttezza!
Se non vengo sorteggiato, che cavolo faccio? (Ti mando una testa di cavallo per posta)
- Puoi comprare l'ebook. Costerà pochissimo, tipo 2 Euro. Sto anche pensando di fare una promozione e regalarlo per un paio di giorni.
- Puoi sperare che i preordini siano tantissimi (e tutti autentici): in quel caso ci sarà una seconda tiratura (diversa dalla prima, non numerata)
giovedì 6 agosto 2015
Nodi (11)
Dal balconcino della Riu si vedeva mezza
città e uno spicchio di mare. Il cielo era scuro e basso, in quella sera di
agosto, l’aria immobile, tropicale, pregna di umidità. Sensi se ne stava seduto
a petto nudo, con la schiena reclinata e i piedi appoggiati sulla ringhiera, un
bicchiere di spremuta di arancia completamente biologica in mano e lo sguardo
perso davanti a sé.
Accanto a lui, sull’altra sedia,
l’ispettrice aveva appena finito di bere e aveva posato il bicchiere per terra,
segno che era davvero rilassata o troppo accaldata persino per assecondare il
suo bisogno di ordine. Aveva le gambe nude stese di fronte e incrociate alla
caviglia, degli slip e una canottiera lunga, bianca, che a Sensi faceva venir
voglia di succhiarle le tette.
«È stata una giornata pesante» disse
lei, stiracchiandosi.
«Ma istruttiva. Di’, non vorrai andare a
letto?».
«Non ancora. Secondo me piove».
Sensi sorrise appena. «Inizierà a
piovere non appena andiamo a dormire. No, anzi, non appena ci addormentiamo.
Senti, mi sono perso al centoquarantesimo ripensamento della Marrano: l’ha
denunciato oppure no?».
«Sì. Be’, tecnicamente è un reato».
«Fingersi un agente dei servizi segreti
e chiudersi per sedici ore in un appartamento rovente a fare le porcherie?
Alcuni lo definirebbero gioco di ruolo».
«A quanto pare Marrano preferisce
definirlo rapimento».
Sensi si decise a bere un sorso della
spremuta, ovviamente senza zucchero, e fece una smorfia. «Sei un po’ sado-maso
anche tu, eh? Nemmeno quello di canna?».
La Riu gli rivolse un sorriso dolce.
«Così senti il sapore della frutta».
«Mi fa cagare, il sapore della frutta».
«Puoi sempre alzarti e andare a zuccherartelo».
Lui sospirò e scosse la testa. «Non c’è
nemmeno fresco».
«Vai a San Benedetto, allora. Nessuno ti
trattiene».
«Mi trattiene il mio ultimo brandello di
autostima».
«E la pigrizia».
Sensi sorrise appena. «Ma no. Non è così
faticoso, legare una donna. Pericoloso sì, ma faticoso non direi».
«Era una specie di metafora?».
«Mh? No, che ne so? È caldo, sono
stanco, non ho la forza di scopare, figurati se ho la forza di declamare
metafore. No, intendevo a livello pratico. Fai un nodo troppo stretto e magari
le blocchi una vena. E poi non mi interessa legare nessuno».
«Questa
era una metafora».
Lui sbuffò. «Okay, questa era una
metafora. Rosa, non ho capito perché stasera hai deciso di darmi il tormento. Davvero,
cercavo solo un posto in cui dormire. Se non mi vuoi lo dici e alzo le chiappe.
Non l’ho sempre fatto?».
«Mi sembra il minimo».
«Bene. Qual è il problema, quindi? Non
dirmi che sei irritata per la tizia di San Benedetto».
L’ispettrice rise. «Se mi irritassi ogni
volta che vai a letto con qualcuno sarei irritata il novanta percento del
tempo».
«Odio ricordarti che è esattamente
così».
Lei gli diede una spinta, facendogli
quasi perdere l’equilibrio.
«Ma il dieci percento restante sei
assolutamente adorabile» cercò di rimediare Sensi.
«Sono stanca. Ho caldo. Non capisco le
persone. Tu pensi che lei ci abbia creduto davvero? Alla storia dell’agente
segreto? Che dovevano nascondersi per una minaccia non meglio precisata? E come
si concilia con il finire nuda e con una palla in bocca?».
«Dimentichi il bustino».
La Riu sospirò. «Credo che non lo
dimenticherò mai più. Ma comunque...»
«Non importa se lei ci credeva, sai.
L’importante è che ci creda lui» sorrise Sensi.
«Ma per favore. Tu ci crederesti?».
Sensi ci pensò per qualche secondo.
«Cerco di credere a un sacco di cose».
«Oh, ti
prego. Non cominciare con le pose da tormentato».
Lui ridacchiò. «Be’, ma a me non
importerebbe. Non mi importa, anzi. La gelosia è un sentimento inutile».
«No, no. Non raccontarti palle. Non sei
geloso perché non ti importa, non il contrario».
Sensi si strinse nelle spalle,
leggermente irritato. «Bene, okay, anche. Da quale pulpito, eh? Mi dici che
cosa vuoi da me?».
L’ispettrice ci pensò sul serio. Era
irritata, questo era vero, ma non riusciva a mettere a fuoco il motivo.
Alla fine gli prese la spremuta dalle
mani e ne bevve un sorso. Era buona, non capiva proprio come a Sensi potesse
non piacere.
«Non voglio che vieni a dormire qua».
Lui gonfiò le guance, per poi lasciar
uscire lentamente l’aria. «Okay... adesso me ne vado».
«No, non hai capito. Puoi fermarti a
dormire, ma non voglio che tu venga qua per
dormire. Hai un appartamento, usalo».
Sensi inarcò un sopracciglio, perplesso.
«Cioè? Devo pagare il pernottamento in natura? È pure un po’ offensivo, sai».
Lei rise. «Al massimo è lusinghiero».
Sensi cercò di restare serio, ma alla
fine fu costretto a nascondere una risata dietro a un colpo di tosse.
«Voglio dire...» aggiunse l’ispettrice,
in tono più morbido, «...lo sai come sei fatto. Leghi le persone a te con una
specie di ragnatela invisibile. Non lo fai apposta, non dico che sia colpa tua.
Suppongo che te l’abbiano già detto».
Lui la guardò per qualche istante,
pensieroso. Una goccia d’acqua gli cadde sulla fronte.
Salvato
in corner,
pensò. E disse: «Piove».
Poi si alzò in piedi e sollevò la faccia
verso il cielo. «Piove davvero».
Per un istante sembrò che la Riu non
volesse far cadere l’argomento. Che volesse, in pratica, rimproverargli quello
che gli aveva sempre rimproverato anche Carmel: di portare le persone nel suo
mondo e poi lasciarle lì, da sole. Sensi poteva tranquillamente fare a meno di quella conversazione, tanto più che
l’ispettrice non era Carmel e non si sarebbe lasciata portare da nessuna parte.
«Già. Piove. È incredibile» disse lei,
alla fine, alzandosi a sua volta.
La pioggia crebbe d’intensità, mentre
tutto attorno si levava il rombo cupo degli scrosci notturni. Gocce pesanti e
fresche, ognuna grossa come una biglia.
L’ispettrice sollevò il viso verso il
cielo, lasciando che il diluvio improvviso la zuppasse. Sensi aprì la bocca e
sentì l’acqua che gli rimbalzava sul palato.
Rise e, dopo un istante, rise anche
Rosanna.
mercoledì 5 agosto 2015
Nodi (10)
«Mi prende per il culo?» furono le prime
parole di Sensi, non appena Marrano ebbe abbassato il finestrino della BMW
sedan in cui si era appostato. Il soffio dell’aria condizionata accarezzò la
faccia del commissario, facendolo pentire una volta di più di non essere morto
quella mattina. «Che cosa ci fa qua?».
Marrano sembrò imbarazzato. Iniziò a
sudare, ma quello probabilmente dipendeva dall’afa.
«Antoneta ha letto il nome sul biglietto
da visita. Ho pensato che fosse, sa... lui. L’amante. Così ho cercato il suo
indirizzo in internet e...»
«No, guardi, faccia conto che fosse una
domanda retorica. Non voglio saperlo davvero.
Si limiti a scomparire mentre noi sfondiamo la porta, picchiamo un innocente e
spariamo per errore al cane dei vicini».
Marrano sbatté lentamente le palpebre,
segno che non aveva capito.
«Scompaia» riepilogò Sensi. I suoi
occhi, per un istante, diventarono color sangue.
L’altro, spaventato, fece per girare la
chiave, ma il commissario fece segno di no con la testa. «Scenda e si allontani
a piedi».
«Ma è...»
«Caldo, lo so. Ho un fottuto giubbotto
antiproiettile addosso, si figuri se non lo so. Adesso vada».
Marrano barcollò fuori dalla sua
macchina e si allontanò con passo strascicato.
Tudini lanciò un’occhiata a Sensi,
un’occhiata che significava che sapeva benissimo che non c’era nessun bisogno
di far andare via a piedi il povero sfigato, ma che capiva le debolezze del suo
capo e lo stimava anche se a volte era un brutto essere umano.
Davanti a loro c’era la villetta
monofamiliare di Mastrangelo. Era una costruzione a un solo piano, senza
giardino anteriore. Le finestre avevano le tapparelle abbassate.
«Okay, vediamo di procedere» borbottò
Sensi, di cattivo umore. Il sudore aveva iniziato a gocciolargli giù dalla
punta del naso. Plick, plick.
«Voi due, dietro di me. Tu, tu e tu:
coprite le finestre».
Plick,
plick.
«Riu, mi senti? Sto per fare irruzione
dalla porta principale. Tenetevi pronti».
Plick,
plick.
“Non si può lavorare in questo modo,”
pensò, avvicinandosi all’ingresso e cercando di detergersi il sudore con il
braccio. “Dovrebbero vietare i rapimenti in agosto”. Tirò fuori la pistola e
controllò che ci fosse il colpo in canna. Si accostò al portoncino di legno
bianco e fece segno ai due agenti con l’ariete di procedere.
Quelli presero la rincorsa e sfondarono
il portoncino. Il rumore del legno fracassato e della serratura che cedeva fu
forte come un colpo di fucile.
«Polizia!» gridò Sensi, solo a quel
punto. Poi si buttò dentro il vano ormai vuoto della porta, pistola in pugno e
naso gocciolante.
Plick,
plick.
Un ingresso nemmeno brutto. Pareti color
avorio, mattonelle verde scuro. Un caldo bestiale, disumano, prova provata che
chiunque abitasse lì era un malato mentale. Sensi si rese conto che le finestre
erano aperte, ma le tapparelle chiuse rendevano del tutto inutile questo
accorgimento.
Un istante dopo vide comparire il
proprietario. O, insomma, quello che probabilmente era lui; difficile a dirsi,
in quel momento.
Uscì dalla porta in fondo al corridoio e
fece qualche passo nella sua direzione.
Sensi gli puntò l’arma contro per puro
riflesso, ma per il resto era senza parole. L’uomo che aveva sotto tiro
indossava una specie di passamontagna di vinile nero con una cerniera al posto
della bocca. Oltre a questo delizioso accessorio, portava un perizoma di pelle
nera molto succinto, aveva una serie di cinghie allacciate sul petto, dei
gambali da cowboy di vinile nero e degli stivali texani. Aveva anche un fisico
pazzesco, con una tartaruga che nemmeno i modelli di Dolce e Gabbana e bicipiti
scultorei. D’altronde, rifletté Sensi, solo un übermensch sarebbe riuscito a tenersi addosso dei gambali di vinile
in quell’appartamento surriscaldato.
«Amico, resta fermo» disse.
Rumore di passi di corsa dalla porta sul
retro e, un istante dopo, fece la sua comparsa pistola in pugno anche la Riu.
Guardò l’incappucciato e poi guardò lui.
«Non ci credo» borbottò.
«Sei Emiliano Mastrangelo?» chiese
Sensi.
«S-sì... e voi?» fece il tizio, con la
voce un po’ deformata dalla maschera.
Sensi si rilassò. «Polizia di stato.
Dov’è Carlotta Marrano?».
L’uomo, muovendosi molto lentamente,
indicò il corridoio dietro di sé. «I-in camera».
Sensi fece segno alla Riu di seguirlo,
mentre il resto dell’esercito che aveva fatto irruzione in quella casa
continuava a tenere sotto tiro Mastrangelo. Percorse tutto il corridoio e
scostò con il gomito la porta semi-aperta della camera da letto.
Carlotta Marrano era lì, il
fetish-cowboy non aveva mentito.
Era nuda, tranne per un bustino di latex
con due buchi per le tette, ed era legata al letto in una posizione
inequivocabile. In bocca aveva una bella pallina di gomma rossa, tenuta ferma
da un laccio. Tutta roba da sexy shop, niente di improvvisato.
Sensi prese la radio e chiamò Tudini.
«Max, qua tutto a posto. L’ostaggio e
vivo e in salute. Fammi solo un favore: non fare avvicinare Marrano, okay?».
«Sì, Ermanno» rispose Tudini.
«È viva? È viva? Amore, sei viva?» sentì
gridare in sottofondo.
Sensi sospirò e rinfoderò la pistola.
martedì 4 agosto 2015
Nodi (9)
Aveva fatto finta di non notare che
Antoneta lasciava il suo numero all’ispettore, mentre se ne andavano. Anche
Rana aveva diritto alla sua dose di scelte infelici. Lo mollò in piazza Verdi,
davanti alla sede della polizia postale, e proseguì verso la questura.
Meno di mezz’ora più tardi la squadra
era riunita e pronta a entrare in azione, Rana aveva telefonato per dargli
l’ubicazione del cellulare di Mastrangelo Emiliano e Sensi iniziava a sperare
di non dover passare la domenica in un ufficio con l’aria condizionata spenta.
«Non ho capito come fai a essere sicuro
che sia lui» borbottò la Riu, quando Sensi raccontò come aveva trovato il
biglietto del rapitore.
«Io mi sarei limitato a incrociare le
dita, ma Marco ha pensato di cercare il suo profilo Facebook. La faccia è la
stessa».
Mainardi scosse la testa, disgustato.
«Cioè uno dell’AISI sarebbe su Facebook?».
«Il mondo è pieno di rapitori
improvvisati, sono d’accordo. Non c’è più la professionalità di una volta,
quando ti facevano trovare solo il cadavere del rapito, dopo uno o due mesi, e
spesso neanche quello» concordò il commissario, in tono sentenzioso. «Bene.
Andiamo? Hai pensato al mandato, Max? Avete tutti il giubbottino?».
Con il caldo che c’era il giubbotto
antiproiettile rischiava di diventare la causa della loro morte, invece che della
loro sopravvivenza, ma dopo un giro di consultazioni avevano deciso che
preferivano un colpo di calore al un colpo d’arma da fuoco.
Sensi salì in macchina con Tudini,
mentre la Riu e Mainardi chiudevano la piccola carovana di auto blu e bianche.
Secondo Rana Emiliano Mastrangelo, o
almeno il suo cellulare, era in una villetta monofamiliare al Limone, che poi
era anche il suo indirizzo di residenza.
«Continua a sembrarmi troppo facile»
disse Tudini, mentre guidava verso il quartiere periferico. «Nemmeno un idiota
porterebbe a casa sua la persona che ha rapito».
«Sono d’accordo» sospirò Sensi.
«Speriamo che sia un idiota colossale,
quindi, perché non considero un’opzione dover venire in ufficio domani.
Preferisco confessare di averla rapita e sgozzata io, Carlotta Marrano».
Tudini sospirò pesantemente. «Magari piove.
Dicono che domani piove».
«Lo dicono da due settimane. Non credo
più nella pioggia, credo solo nell’aria condizionata».
L’altro guardò il cielo grigiastro,
basso. «Prima o poi...» borbottò, fatalista. «Sei sicuro dell’indirizzo?»
chiese, per l’ennesima volta. Dato che avevano esaurito la conversazione sul
meteo tanto valeva tornare a preoccuparsi per l’operazione in corso.
Sensi capiva perfettamente lo
scetticismo del suo vice. Silenziosamente lo condivideva, perché per quel che
ne sapeva lui i colpi di fortuna, come la pioggia, non arrivavano mai, mentre i
colpi di sfiga capitavano sempre.
Ma quell’indirizzo, tanto per cambiare,
era tutto quello che avevano e se non fossero riusciti a ritrovare Carlotta
Marrano Salvemini si sarebbe incazzato in ogni caso.
«Dell’indirizzo sono sicuro. Non sono
sicuro che non ci sia solo il cellulare di Mastrangelo. Male che vada gli
sfasciamo la casa per ripicca. Dunque...» aggiunse, rifacendosi la crocchia,
«...tu resti fuori a coordinare le squadre. Io passo dal davanti con cinque
agenti, Mainardi e la Riu passano da dietro con la seconda squadra. Semplice
e...»
Si fermò prima di dire “semplice ed
elegante”, visto che l’ultima volta in cui l’aveva fatto si era trovato
semi-dissanguato e crivellato di pallottole.
«Potrebbe anche funzionare» concluse,
con un’inelegante palpata ai coglioni.
Tudini si diede una bella palpata a sua
volta e girò a destra nella via di Mastrangelo. Dietro di loro due delle
volanti li seguirono, mentre le altre proseguirono per andarsi a piazzare sul
retro.
Sensi distolse lo sguardo dallo
specchietto retrovisore per tornare a guardare davanti a sé. Poi chiuse gli
occhi e sospirò.
«La casa è quella, eh?» fece Tudini.
«Già. Quella con Giorgio Marrano
davanti».
lunedì 3 agosto 2015
Nodi (8)
Sensi aveva conosciuto l’ispettore Rana,
della polizia postale, meno di due mesi prima, ma aveva subito capito che era
praticamente la sua anima gemella. Be’, quasi. Be’, in realtà al momento non sapeva bene come fossero i loro rapporti,
dato che durante l’indagine a cui avevano collaborato Rana era quasi stato
ucciso. Sensi non era del tutto sicuro che non se la fosse presa.
Compose il suo numero e aspettò che
rispondesse.
«Ciao, Marco. Sono Sensi» disse, quando
sentì che la linea era attiva. Rana non credeva nei convenevoli.
«Oh, ciao» rispose l’altro,
inespressivo.
Se fosse stato un’altra persona Sensi
avrebbe pensato che erano in fredda, ma l’ispettore della polizia postale era,
secondo la sua definizione, “quasi Asperger”, quindi la sua inespressività era
normale.
«Avrei un piccolo problema. Una persona
scomparsa. Dovrei esaminare il suo computer» continuò Sensi. Aspettò un
secondo. Chiunque altro a quel punto gli avrebbe risposto “sì” o “no”, ma
ancora una volta... Rana non funzionava così. «Mi chiedevo se potessi darmi una
mano. Sei al lavoro?».
«No» si limitò a rispondere Rana. Ci fu
un altro attimo di silenzio. «Non dovremo strisciare tra i rovi, giusto?».
«E non dovrebbero nemmeno spararci»
puntualizzò Sensi.
«Oh, quello è stato interessante, a modo
suo, ma odio strisciare tra i rovi.
Puoi passarmi a prendere?».
Sensi poteva.
Mezz’ora più tardi erano davanti al
portone di casa Marrano. La temperatura toccava i trentadue gradi e l’umidità
era all’ottantacinque percento, così aveva detto Rana dopo aver guardato sul
cellulare. Il cielo era velato, ma questo non diminuiva in alcun modo il
calore. Non sembrava che stesse per piovere. In quanto a Rana stesso, non era
cambiato dall’ultima volta in cui Sensi l’aveva visto. Era pallido, con gli
occhi glauchi dietro a un paio di occhiali senza montatura. Anche se era magro
dava non dava l’impressione di essere in forma e indossava dei bermuda, delle
ciabatte infradito e una maglietta con scritto “Save the Daleks”.
Sensi suonò al citofono e si annunciò.
L’alto cancello di ferro battuto ronzò e si aprì.
«Sono dei nobili?» chiese Rana,
osservando distrattamente la facciata Art Decò parzialmente coperta dall’edera.
«No, sono dei marrani» rispose Sensi.
Rana sembrò trovare la spiegazione
soddisfacente. Subito dopo il portone di legno scuro venne aperto da una
Antoneta in uniforme da cameriera, con tanto di crestina bianca. Sensi sbatté
le palpebre un paio di volte. Per qualche motivo pensava che fosse ancora in
questura. Rana le lanciò un’occhiata indifferente.
«Ciao» disse Sensi. «Siamo qua per
controllare il computer di Carlotta. Questo è l’ispettore Rana, della polizia
postale».
«Prego, i signori mi seguono» fece
Antoneta, compitissima, e li precedette lungo un atrio delle dimensioni di una
piccola piscina, fiancheggiato da colonne di stucco grigio in stile con il
resto della casa.
Quel posto sembrava uscito da una
rivista di moda. I pavimenti di mattonelle di marmo bianco e grigio, le piante
in vaso che pendevano tra le colonne, i quadri sobri e astratti, i mobili di
lucido legno rossastro... anche la stessa Antoneta faceva in qualche modo parte
dell’arredamento, con la crestina bianca, l’uniforme nera dalla gonna sopra al
ginocchio e le decolté dal tacco alto, sexy senza essere eccessivo. Se solo non
fosse stato lì per un’indagine Sensi si sarebbe rotolato per terra dalla noia.
Quanto meno c’era l’aria condizionata.
«Marrano dov’è?» chiese, mentre
seguivano il posteriore sculettante di Antoneta su per una grande scala di
marmo.
Rana emise una risatina un po’ fuori luogo
e Sensi si accostò per sussurrargli che il padrone di casa si chiamava Marrano
sul serio. A quel punto Rana ridacchiò di nuovo.
«Il signore è con il signorino Carlo.
Vuole che lo chiami?».
Sensi ci pensò un attimo. «No. Portaci
dal computer di Carlotta e basta».
Il computer era nello studio di lei, una
stanza ampia e luminosa del primo piano. Ovviamente era un laptop della Apple,
ultima generazione.
Rana si sedette dietro alla scrivania
senza tante cerimonie e lo aprì.
Sensi si voltò verso Antoneta. «Nemmeno
tu ci servi, a meno che non conosci la password per entrare nel computer».
Lei sollevò il naso. «Io resto qua e
controllo».
«E che cosa controlli? Che non rubiamo
l’argenteria?» rispose Sensi, irritato.
«Che non fate confusione. Che non
sporcate. Che non guardate altre foto».
Sensi sospirò e si girò dalla parte
dell’ispettore. «Spiegale che nemmeno a te interessa il bondage». Poi sbatté le
palpebre e guardò il monitor. Non solo Rana era già entrato senza bisogno di
password, ma stava anche sfogliando con calma la gallery delle foto osé della
padrona di casa.
«Veramente sono un nawashi. Ma qua siamo
ben lontani dal kimbaku» commentò lui, continuando a far scorrere le immagini.
«Che cosa ti serve?».
«Oh, davvero? Posso chiederle dove ha
imparato, maestro?» cinguettò Antoneta, facendo un passo verso la scrivania.
«No, non puoi chiederlo» rispose Sensi,
brusco. Che Rana fosse un maestro di nodi dell’arte della legatura giapponese
non era così strano. Era un nerd e i nerd si interessano alle cose, a tutte le cose,
in modo ossessivo e un po’ morboso. Era piuttosto sicuro che per lui fosse un
interesse astratto o quasi, anche perché se c’era una cosa in cui l’ispettore
non era versato erano i rapporti umani. «Dobbiamo scoprire se Carlotta era in
contatto con il finto agente segreto. Inizierei dai forum che frequentava o...»
«Iniziamo da FetLife» decise
l’ispettore, aprendo una nuova finestra. «Tutte le password sono memorizzate
nel portachiavi, come vedi. Ecco».
Sensi si sporse su di lui per guardare
lo schermo. Vide la pagina iniziale del social network fetish, nera con le
scritte rosse.
Rana si mosse velocemente tra le
impostazioni del profilo e i messaggi personali.
«Mh, qualcuno ha dato una ripulita. Lei
stessa, probabilmente. Il profilo è vecchio di due anni, ma ci sono pochissime
interazioni. Nessuna foto. Nessun messaggio. Ma ha un sacco di amici, quindi
non è possibile che la situazione sia stata sempre questa. Non chiedi
l’amicizia a un profilo vuoto».
«Credo che ha tolto tutto lei»
intervenne Antoneta. «Gliel’ha detto quell’uomo».
Rana aprì un’altra finestra. «Molto
bene. Controlliamo le caselle email».
Sensi si vide scorrere davanti al naso
una nuova schermata, questa volta bianca. Si allontanò, consapevole che non
sarebbe riuscito a stare dietro a Rana. Inoltre, visto che era lì, non c’era
motivo di non dare un’occhiata anche allo studio di Carlotta, oltre che al suo
computer.
Come il resto della casa sembrava
studiato da un interior designer. La scrivania di noce, dalle linee solide e
moderne, la libreria piena di saggi mai letti sulle tematiche umanitarie più in
voga, le tende di impalpabile mussola bianca, il pavimento di parquet chiaro.
Sensi girellò qua e là lasciandosi attrarre dalle coste dei libri dalla grafica
più accattivante, dallo scaffale con le targhe e le medaglie che varie
associazioni benefiche avevano conferito a Carlotta, fino a guardare le foto
allineate su un ripiano: lei, il marito, un bambino piccolo che doveva essere
Carlo. Carlo e Carlotta, pensò, esaminando le cornici alla ricerca di qualcosa
di insolito, quale fantasia. Senza parlare delle fotografie stesse, che erano
la quintessenza della banalità.
Quindi, rifletté, tornando verso la
scrivania: banale. Carlotta era banale e lui doveva cercare in un posto
altrettanto banale.
Nei cassetti della scrivania, per dire.
Aprì il primo, mentre sullo sfondo il
chiacchiericcio di Antoneta e le laconiche risposte di Rana sfumavano sempre di
più.
Cancelleria, carta da lettere (qualcuno
la usava ancora?), l’astuccio di una stilografica di lusso... niente di
interessante. Poi un cassetto pieno di corrispondenza. Lettere ufficiali,
inviti, piccoli badge che Carlotta doveva aver tenuto come ricordo degli eventi
a cui aveva partecipato. Uno specchietto, un piccolo necessaire per il trucco,
una pinza per i capelli, dei pastelli colorati...
Una scatolina simile a un portagioie,
con una piccola serratura chiusa.
Sensi prese la scatolina, tirò fuori il
proprio coltello serramanico e forzò la minuscola serratura.
All’interno un singolo biglietto da
visita. Fronte colorato, azzurro e verde, e retro bianco. Carta spessa ma da
poco. Scritte in un brutto carattere squadrato. Sì, nel complesso poteva
assomigliare al biglietto di un funzionario pubblico.
Sopra, solo un nome e un numero di
cellulare.
Sensi lasciò il biglietto dentro alla
scatola e posò quest’ultima davanti a Rana.
«Lascia perdere il computer. Rintracciami il cellulare di Mastrangelo Emiliano, qua».
«Lascia perdere il computer. Rintracciami il cellulare di Mastrangelo Emiliano, qua».
domenica 2 agosto 2015
Nodi (7)
Quando uscì nel corridoio quasi finì
addosso alla Riu, che stava uscendo dalla stanza attigua, da cui evidentemente
aveva seguito il colloquio.
«Non è possibile» fu la prima cosa che
gli disse.
Mentre tornavano verso gli uffici, Sensi
prese il cellulare. «Be’, magari non proprio gay, ma ai giorni nostri che cosa importa?» sorrise, mentre cercava
il numero che gli serviva. La Riu si limitò a sbuffare. «Marrano? Sono Sensi.
Lei o sua moglie avete dei contatti con qualcuno dell’AISI o dell’AISE?».
«Eh? Ma è impazzito?» rispose il figlio
del senatore, dopo un mezzo secondo di silenzio.
Sensi sospirò. «Magari. Lo prendo per un
“no”, quindi. Neppure tramite suo padre, in modo puramente formale, o...»
«No, guardi, mio padre non è in nessuna
commissione sensibile, non è proprio il tipo. Si figuri se mi venivano a cercare
i servizi segreti. Dove l’ha sentita questa?».
A Sensi continuare la conversazione non
serviva, così borbottò un “non fa niente” e attaccò.
Visto che ormai avevano raggiunto l’open
space si buttò dentro all’ufficio di Tudini. «Qualcuno svegli Mainardi. Ha
dormito abbastanza» ordinò, in tono vagamente disgustato. Come i suoi uomini
sapevano benissimo, credeva fermamente nella condivisione dell’infelicità.
Circa cinque minuti più tardi erano
tutti nella bat-caverna, l’antro oscuro in cui il commissario aveva trasformato
il suo ufficio.
«È tutto sempre più demenziale» esordì
Sensi, andandosi ad appollaiare su un angolo della propria scrivania, «il che lo
rende molto realistico, perché non c’è fine agli scompensi mentali degli esseri
umani. A quanto pare un paio di mesi fa Carlotta è stata contatta da un tizio
che le ha detto di essere dei servizi segreti. Non mi chiedete quali servizi segreti, perché al
novantanove per cento è una balla».
«Ma non al cento?» chiese Mainardi,
speranzoso. L’ispettore era il tipo di persona che sogna di finire in un
intrigo internazionale, ovviamente. Ossia che si vede nel ruolo di James Bond e
non vede l’ora di conoscere la sua prima Bond Girl.
«Il mondo è uno strano posto. Non do al
cento per cento nemmeno l’alba di domani. In ogni caso, per comodità diciamo
che è stata contattata da uno spostato che si è fatto passare per un agente
segreto. È possibile che l’abbia adocchiata su un sito per feticisti, che
ovviamente è il tipico posto in cui quelli dell’AISI vanno a cercare le minacce
alla sicurezza nazionale».
«Quindi quando l’ha avvicinata nel
parcheggio del supermercato...» disse la Riu.
«È possibile, sì. È possibile che le
abbia detto qualcosa come: signora, c’è un’emergenza, deve venire con me.
Carlotta gli lascia le chiavi della macchina e gli permette di disattivare il
cellulare. Dunque... da quando questo è successo sono passate circa quattordici
ore».
Tudini si passò una mano sulla faccia
senza dire niente, ma Sensi conosceva quell’espressione.
«Non essere pessimista, Max. Se avesse
voluto ucciderla e basta, o anche stuprarla frettolosamente, avrebbe trovato un
modo più semplice. Diamo per scontato che abbia un suo piano almeno a medio
termine. Ora però dobbiamo trovarlo». Lanciò un’occhiata circolare e seria
verso le facce stanche dei suoi sottoposti. «Dobbiamo trovarlo sul serio,
okay?».
Tudini annuì. «Vale la pena controllare
se davvero qualcuno dell’AISI ha contattato la signora Marrano?».
«Sì, fai controllare a qualcuno. A
Salvemini, magari. Potrà fare qualcosa anche lui, ogni tanto. Mainardi, lei
tornerà all’Esselunga e cercherà di scoprire qualcosa di più sul nostro amico.
Si porti la foto migliore che riusciranno a estrarre dai video e controlli
anche nei negozi attorno al supermercato. Deve essere arrivato lì in qualche
modo. Se è arrivato in macchina è probabile che l’abbia lasciata all’esterno,
nei parcheggi pubblici attorno al parco. Praticamente sotto al nostro naso».
Rispetto alla questura l’Esselunga era al lato opposto del Parco XXV Aprile, a
meno di dieci minuti a piedi. «Se è arrivato a piedi può darsi che abiti in
zona. Sarebbe ancora meglio, quindi sicuramente non sarà così. Rosanna, tu ti
occuperai di tutte le telecamere della zona. Telecamere del traffico, dei
negozi, dei bancomat se ce ne sono... cerca il nostro uomo o la macchina della
Marrano. Se trovi la macchina, seguila tramite cct meglio che puoi. Max, tu
prendi una squadra di tecnici e, basandoti sui video che abbiamo, cerchi di
trovare almeno un’impronta di questo tizio. Lo so che è difficile. Su quegli
ascensori salgono migliaia di persone ogni giorno. Ma è possibile che abbia
toccato un punto che nessun altro ha toccato e che dai filmati si riesca a
individuare. Io andrò a casa di Marrano con qualcuno della polizia postale e
esaminerò il computer della moglie».
Un Sensi così decisionista e
dirigenziale si vedeva di rado, quindi tutti e tre, chi più chi meno, gli
lanciarono delle occhiate stupite.
Il commissario sbuffò. «Muovetevi.
Domani è domenica e l’aria condizionata resterà spenta tutto il giorno. Non
vorrete essere ancora qua, vero?».sabato 1 agosto 2015
Nodi (6)
Antoneta Horia era una bambolina di
porcellana anche lei. Sensi iniziava a chiedersi dove avesse vissuto fino a
quel momento, dato che la città sembrava invasa di bamboline che lui non aveva
mai notato. Antoneta aveva grandi occhi azzurri, pelle rosea e chiara, capelli
ondulati di un colore tra il rosso e il biondo, un visino delicato e un fisico
un po’ acerbo eppure soffice.
Rispetto a Carlotta era una versione
leggermente più giovane e ruspante. Il top che indossava si fermava giusto
qualche centimetro prima della pornografia e gli short erano più aderenti, le
strizzavano il culo come se volessero spremerlo, mentre sul lato A era
inevitabile un effetto camel toe difficile da ignorare.
«Tu saresti uno sbirro?» furono le prime
parole che disse Antoneta, quando Sensi la raggiunse in corridoio.
«Già» rispose lui, senza prendersela.
Era una domanda che gli era stata rivolta innumerevoli volte. Guidò Antoneta in
una stanza per i colloqui, un ambiente spoglio e bianco, leggermente
intimidatorio. Per qualche losco motivo non appena lei si sedette quel luogo
asettico sembrò trasformarsi nel set di un film hard, uno di quelli in cui lo
sbirro muscoloso dà una bella ripassata alla testimone reticente contro il
vetro monodirezionale. La sensazione fu accentuata dal fatto che Antoneta si
sedette sul tavolo, non al tavolo, e accavallò subito le gambe
con studiata e sensuale strafottenza.
«Che cosa volete da me?» attaccò, subito
dopo. «Non ho fatto niente. Sto qua da tanti anni. Perché mandare quello sbirro
in divisa a casa mia, come se sono una criminale?».
Il suo italiano era buono, ma non
perfetto. Sensi rimase in piedi e iniziò a girellarle attorno.
«O un personaggio importante. In questo
caso ci serviva sentirti subito sulla scomparsa di Carlotta Marrano».
«Eh?» fece l’altra, un po’ confusa.
«Si è volatilizzata ieri sera. Non lo
sapevi?».
Antoneta scosse la testa. Poi spinse le
labbra verso l’esterno, in una smorfia pensosa che il suo lucidalabbra
super-lucido rese una specie di apologia del sesso orale. «Scomparsa come?».
Sensi sospirò. «Facciamo che le domande le
pongo io. A che ora te ne sei andata da casa loro, ieri sera?».
L’altra si strinse nelle spalle,
rendendo evidente che non portava il reggiseno. Sensi quasi si intenerì. Non
sapeva da quanto tempo Antoneta lavorasse dai Marrano, nella cosiddetta alta
società, ma la sua prima reazione, prelevata dalla polizia, doveva essere stata
di sfoderare l’arsenale pesante, quello di strada. Era il genere di cosa che
faceva innervosire certi poliziotti e ne convinceva altri di avere diritto a un
pompino gratis. Per fortuna quella seconda categoria di sbirri andava
assottigliandosi, sostituita da una generazione più ottusamente moralista che
politically correct.
Sensi sospirò di nuovo, decidendo di
ammorbidire ulteriormente il proprio tono. «Senti, Antoneta, non ce l’abbiamo
con te. Sul serio. Ieri sera Carlotta Marrano è uscita per andare al super e
non è più rientrata. Temiamo che l’abbiano rapita. Ci serve tutto l’aiuto
possibile e ci serve in fretta. Fa così schifo, come datrice di lavoro?».
L’espressione di Antoneta cambiò
all’istante. «Chi? Carlotta? No. Carlotta è okay. Non avevo... capito. Oddio...
chi l’ha rapita?».
Sensi tirò il tablet fuori dalla
custodia e lo posò sul tavolo. «Non lo sappiamo. Forse lui. Lo conosci?». Fece
partire la sequenza di filmati delle telecamere di sicurezza.
«Non credo» rispose Antoneta, chinandosi
sul monitor. «No, non lo conosco. Ma Carlotta sì, è vero?».
«Che tu sappia si vedeva con qualcuno?».
L’altra inarcò le sopracciglia. «In che
senso? Quella è innamorata di Giorgio. Proprio cotta».
«Giorgio Marrano?» disse Sensi, tanto
per essere sicuro.
«Eh. Suo marito. Sono tutti
appassionati» ridacchiò Antoneta.
Sensi sospirò per l’ennesima volta. «Sì,
ho visto le foto. Quindi non c’era nessun altro».
«Che cosa vuol dire che hai visto le
foto? Perché?» fece lei, di nuovo sulla difensiva.
«Non mi interessano le foto. O forse sì,
aspetta. Sono mai finite su internet? Qualche sito fetish, qualche community?».
Lei scosse la testa. «Non penso». Si
mordicchiò il labbro inferiore, con il solito effetto da film hard. «Non lo so.
Ti sono piaciute?».
«Non è successo niente di strano,
ultimamente? Qualcosa di diverso dal solito? Magari Carlotta era di cattivo
umore, o ci sono state delle telefonate insolite, o...»
«Non hai risposto!» lo interruppe
Antoneta, ridendo.
Sensi sbuffò. «No, non mi sono piaciute.
Ti dispiace lasciar perdere le stronzate per cinque minuti? Ho già notato tutto
quello che dovevo notare... non mi interessa. Non ora, comunque. Non ti
offendere, okay? Pensa a Carlotta. Ho l’impressione che suo marito non sia
molto attento a quello che succede in casa, ma tu sei lì, forse le parli più di
lui. Se ci fosse stato qualcosa di diverso...»
«No, niente» lo interruppe di nuovo lei.
«Sei finocchio?».
Sensi annuì, tutto serio. Perché le
spostate capitavano sempre a lui? «Si dice “omosessuale”. O al massimo “gay”.
Comunque... ora puoi rispondere?».
«Non lo so. Può darsi che le hanno messe
su qualche sito. Roba privata, per gente appassionata di quel tipo di cose lì,
no? Ma Carlotta non pensava che era una grande idea, mi sa. Il tizio dei
servizi le ha detto che era pericoloso e lei si è preoccupata. Lo sai che il
papà di Giorgio è un politico grosso, vero?».
Il commissario si grattò la testa, si
rese conto di avere ancora una specie di chignon e si vergognò leggermente. Poi
si focalizzò di nuovo su quello che aveva appena sentito. «Quali “servizi”?».
«N-non lo so» ammise la colf. «La CIA?».
Per una volta Sensi rimase senza parole.
«Cioè, come la CIA italiana» corresse
Antoneta, che doveva essersi resa conto che la sua rivelazione era un po’
bizzarra.
«L’AISE?».
«Eh?».
Sensi sospirò. «O l’AISI. Anche se in
realtà non mi sembra probabile nessuno dei due, né l’intelligence esterna né
quella interna. Sei sicura? Te ne ha parlato Carlotta?».
«L-lei ha detto solo “servizi”. Io ho
pensato ai servizi segreti. Come nei film. Il papà di Giorgio...»
«Sì, sì» la interruppe lui. «Che cosa ti
ha raccontato Carlotta?».
«No, niente» fece Antoneta, ora
spaventata dal suo tono.
Sensi ebbe la tentazione di prenderla
per il collo e stringere, ma si dominò e le rivolse un sorriso rilassato. «Non
devi preoccuparti. Vorrei solo che mi riferissi quello che ti ha detto
Carlotta. Non hai fatto niente di male».
La colf sembrò un po’ indecisa, ma alla
fine diede una specie di scrollata di tette, cioè di spalle, e sputò il rospo.
«Niente, per le foto. Ha detto che quel tizio dei servizi le aveva detto che
non era una bella idea. Perché magari qualcuno le vendeva ai giornali. Era
logico. Il papà di Giorgio...»
«Ti giuro che lo so chi è il papà di
Giorgio. In che modo l’ha contattata questo tizio dei “servizi”?».
Antoneta scosse la testa.
«Quando?» ritentò Sensi.
«Me ne ha parlato la prima volta un paio
di mesi fa».
«Va be’. Tieniti a disposizione»
concluse Sensi, mollandola lì.
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