sabato 22 dicembre 2012
sabato 8 dicembre 2012
Make Your Own Ad 2012
Avete avuto la playlist, avete avuto il racconto nuovo... insomma, non si può dire che questo Natale non siate stati serviti e riveriti. Avreste voluto anche il contest di illustrazioni. Anzi, qualcuno ha anche avuto la faccia tosta di lamentarsi pubblicamente per questa -aehm- inefficienza da parte mia.
Ora, sul contest di illustrazioni non mi incastrerete. Siamo seri. Io conosco i disegnatori. Sono persone meravigliose e tutto quanto. Persone altruiste e piene di voglia di fare, davvero.
C'è solo una cosa che non devi chiedere mai a un disegnatore: disegnare.
Quindi, potete anche accusarmi di essere sospettosa, ma io so che il contest produrrebbe, nella migliore delle ipotesi, qualche svogliata pin-up riciclata e un paio di schizzi affrettati camuffati da Grandi Opere Artistiche con un effetto di Photoshop (o, addirittura, di Instagram).
No, davvero. Non facciamoci del male. Non ce la possono fare, poveretti.
C'è, quindi, qualcosa che possiamo fare per movimentare il perioso pre-natalizio?
Be', sì. Date un'occhiata alle "pubblicità" qua sotto.
Fatto?
Ora, sul contest di illustrazioni non mi incastrerete. Siamo seri. Io conosco i disegnatori. Sono persone meravigliose e tutto quanto. Persone altruiste e piene di voglia di fare, davvero.
C'è solo una cosa che non devi chiedere mai a un disegnatore: disegnare.
Quindi, potete anche accusarmi di essere sospettosa, ma io so che il contest produrrebbe, nella migliore delle ipotesi, qualche svogliata pin-up riciclata e un paio di schizzi affrettati camuffati da Grandi Opere Artistiche con un effetto di Photoshop (o, addirittura, di Instagram).
No, davvero. Non facciamoci del male. Non ce la possono fare, poveretti.
C'è, quindi, qualcosa che possiamo fare per movimentare il perioso pre-natalizio?
Be', sì. Date un'occhiata alle "pubblicità" qua sotto.
Ora, potete suggerire gli slogan per le prossime. Potete farlo nei commenti, qua, o sulla pagina Facebook dei libri.
Uniche regole: nello slogan deve comparire il Natale e il titolo Satanisti perbene.
Le migliori (a mio insindacabile giudizio - questa non è una democrazia) diventeranno pubblicità come quelle sopra.
Se poi vi sentite particolarmente autarchici, potete anche creare direttamente la vostra pubblicità, utilizzando le fotografie che meglio preferite e la copertina del libro che vi metto qua sotto "aperta".
Potete caricare le vostre foto direttamente sulla pagina Facebook o su uno spazio web di vostra scelta, inserendo poi il link nei commenti qua sotto.
Enjoy.
martedì 4 dicembre 2012
Comunicazione di servizio
Il nuovo racconto con protagonista Sensi, Hardcore, è stato inserito nella sezione Free e-books, qua sopra. Lo trovate in formato PDF e EPUB.
Hardcore - 7
Mentre aspettavano che
arrivassero la pattuglia e l’ambulanza, Sensi si accovacciò di nuovo accanto
allo stalker. «Riccardo?» lo chiamò, scuotendolo per una spalla.
L’altro emise una sorta di
lamento.
«Riccardo, sei dei nostri?».
«Oh... che cazzo...?».
«Ti sei preso una padellata in
testa».
Riccardo provò a muoversi, emise
un altro lamento e si accorse di avere le mani legate. «Che diavolo...»
«Ti ho dovuto bloccare. Hai
buttato giù una porta. Eri una furia».
«Ma... che cazzo... dov’è
Aurora?».
Sensi fece un gesto con la testa.
«Di là. Sta bene. Nessuno le ha fatto niente. Ma proprio niente di niente.
Senti, sono il commissario Ermanno Sensi, della squadra mobile. Sei in
arresto».
L’altro sbatté lentamente le
palpebre. Aveva degli occhi chiari, chiarissimi, e delle sopracciglia folte che
gli davano un’aria quasi infantile. «Sei... un poliziotto?».
Sensi annuì. «Aurora mi ha
chiamato perché le stavi facendo paura. Sta arrivando un’ambulanza. Ti daranno
un’occhiata alla testa».
«Non sono pazzo» replicò l’altro.
Sensi sorrise appena. «Questo non
lo so, ma intendevo dire che daranno un’occhiata al bernoccolo che ti ho fatto
con quella padella. Vuoi sederti?».
Riccardo fece cenno di sì. Sensi
lo aiutò a mettersi seduto, con le mani legate dietro e la schiena contro il
muro.
«È solo una puttana...» borbottò
lo stalker.
Sensi stava per spiegargli che
l’avevano provocato per vedere che cosa succedeva, ma decise di non farlo.
Magari era meglio che lui pensasse che era una puttana. Magari l’avrebbe
lasciata perdere.
Il problema con quelli come lui
era che la legge poteva fare ben poco, finché loro non facevano qualcosa di
davvero irreparabile. Le vittime perdevano sempre.
Si alzò e lo lasciò lì, in
corridoio, legato.
-
Più tardi, dovette sorbirsi anche
un decotto di betulla. Dopo tutto quello che era successo, rifiutare sembrava
inutilmente crudele.
Riccardo Manna era stato portato
via in ambulanza. Alla fine, aveva deciso che preferiva il reparto psichiatrico
a una cella.
«Pensi che lo terranno dentro per
un bel pezzo?» chiese Aurora.
Sensi si strinse nelle spalle.
«Per un bel pezzo non credo. Però vedremo di ottenere la carcerazione
preventiva. Potrebbe reiterare il reato. Oppure potrebbe finire in qualche
istituto per malati mentali. Non so. Immagino che dipenda dal suo avvocato,
quando ne avrà uno».
«Ho paura, Ermanno» disse lei,
prendendogli una mano.
Lui sorrise appena. «Be’, mi
sembra giusto. Sei senza porta».
Sorrise anche lei. «Già... adesso
chi lo sente, il padrone di casa». Tornò seria. «Ho paura davvero. Lo so che è
stupido. Riccardo l’avete arrestato e tutto, ma...».
«No, non è stupido. Lo capisco.
Se hai un’asse e qualche chiodo, posso provare a inchiodarti quella porta. Come
carpentiere faccio schifo, però».
«Potresti fermarti» disse lei.
Sensi ci pensò un attimo. Non che
il suo nobile intento si fosse volatilizzato del tutto, come aveva creduto in
un primo momento, ma si rese conto che non poteva.
«Vedi, c’è un momento aureo»
spiegò. «Quando non sei proprio sobrio, ma neanche del tutto sbronzo. Quando le
cose vengono facili ed è tutto divertente. Questo non è uno di quei momenti».
Lei scosse la testa. «Decisamente
no. Niente serata hardcore, quindi. dopo tutto».
Sensi guardò fuori dalla finestra
della cucina. Il cielo iniziava a essere grigio. Il sole porterà via la paura,
si disse. Be’, magari non proprio il sole. Erano alla Spezia.
«Lo sai, mi piace solo la musica
triste» disse, alzandosi.
Scese le scale lentamente e,
altrettanto lentamente, andò verso la sua macchina, che era ancora parcheggiata
in divieto.
Un Dio misericordioso aveva
impedito che gli facessero la multa. Quello, e il cartellino delle forze
dell’ordine.
Si mise al volante senza
accendere e tirò fuori il cellulare.
A un oceano di distanza, il telefono di Carmel era staccato.
Fine.
lunedì 3 dicembre 2012
Hardcore - 6
Si erano avvinghiati, finendo
proprio davanti alle tende. Abbastanza vicini, sperava Sensi, da far sì che la
loro silhouette si stagliasse contro la finestra e si vedesse dalla strada.
Aurora si mise in ginocchio sul
cuscino che aveva previdentemente piazzato per terra e iniziò a mimare un
rapporto orale. Sensi le appoggiò una mano sulla testa, una cosa che, di norma,
non faceva.
«Dovremmo metterci un po’ di
audio» mormorò.
«Sto già per morire di vergogna.
E poi, di logica, l’audio dovresti mettercelo tu».
«Anche questo è vero» ammise lui.
Non molto convinto, cominciò a gemere per finta, prima a un volume normale, poi
ad alta voce.
«Quanto può durare un pompino?»
disse lei, in una pausa.
«Non lo so. Di solito non ci fai
caso. Sono meno di cinque minuti, però».
«Oh, Cristo. Ricomincia a gemere.
Qualcuno potrebbe non averti sentito».
«Grazie per il supporto, eh?
Volevo capire se l’uomo dei kleenex diceva qualcosa».
Rimasero in ascolto per qualche
secondo. Apparentemente no. Forse si godeva lo spettacolo e basta.
«Forse bisogna farlo incazzare di
più» disse Aurora, continuando diligentemente a fare su e giù con la testa.
Sensi ci pensò un attimo.
«Oookey» mormorò. Riprese a gemere più forte e aggiunse un paio di commenti
sulla falsa riga del “ciucciamelo, puttana”, che era un po’ un classico del
genere.
«Non sei tanto scurrile» gli fece
notare Aurora, sottovoce.
«“Ingoiamelo fino alle palle”
andrebbe meglio?»
«Forse».
Sensi sospirò. «Oookey» ripeté, e
provò la sua nuova squallida battuta.
Rimase in ascolto per qualche
secondo. «No, senti, non sta funzionando. Forse l’effetto ombre cinesi non è
venuto bene. Facciamo in un altro modo».
La sollevò per le ascelle e la
appiccicò contro la finestra, sopra alla tenda. Aurora appoggiò le mani
all’altezza della propria testa e una guancia contro la tenda. Sensi appoggiò
le mani accanto alle sue.
«Sogna il sesso anale? Ti informo
che stiamo facendo sesso anale. Sarà meglio che tu dia il tuo contributo,
adesso».
«Oh, cavolo... ma che cosa dovrei
dire?».
«Se non lo sai tu. La fronte.
Appoggia la fronte contro il vetro. Contro la tenda. Hai capito. E ora prova
con il classico “oh, sì, bravo, lì”».
A onor del vero, Aurora era molto
più portata per la recitazione di Sensi. Iniziò a fare dei suoni piuttosto
credibili e aggiunse una serie di frasi ad hoc che rendevano tutto il pathos
della situazione.
Sensi iniziò a ridacchiare sotto
voce. «Ma davvero? Cioè, “sfondami”? Così, al primo appuntamento?».
«E stai zitto».
«No, ma figurati. Lascia che io
contribuisca». E Sensi ricominciò a gemere.
Finalmente, dalla strada proruppe
un grido, tra il rabbioso e il preoccupato. «Aurora!».
«Dai che ci siamo. Propongo di
aspettare un altro po’, prima di venire. Non si sa mai. Potrebbe scappare e basta».
«In un certo senso lo
preferirei».
«In un certo senso lo preferirei
anch’io. È un poveraccio, sai. Forse pericoloso, ma pur sempre un poveraccio.
Oh, tesoro, ce l’hai stretto come un laccio emostatico!».
«Visto che puoi essere
fantasioso, se vuoi?».
«Un collegamento d’idee».
Lo stalker, nel frattempo, stava
dando in escandescenze. Aveva preso a calci qualcosa, a giudicare dal rumore.
«Oh, sì, sei un animale, ti amo!»
gridò lei.
«Mi fai venire i brividi»
commentò Sensi. Sentì il rumore del portone che sbatteva. Sbirciò fuori dalla
finestra. Riccardo non c’era più.
Si allontanò dalla tenda e prese
la padella per il manico.
«Non sembra molto pericolosa»
commentò Aurora, tesa.
«Ho un coltello in tasca, ma
preferirei non usarlo» disse Sensi. Evitò di dire che aveva anche una pistola,
nella sua fondina, sotto alla felpa, sul letto. Mettere una donna incazzata e
una pistola nella stessa stanza era abbastanza pericoloso anche senza che la
donna sapesse che la pistola c’era.
Si spostò verso il corridoio.
«Facciamo un altro po’ di rumore»
sussurrò.
Aurora iniziò a gemere. In altre
circostanze, avrebbe potuto essere stuzzicante. Vederla lì, bianca di paura,
appoggiata allo stipite della porta, non lo era.
«Aurora, apri! Che cazzo ti
stanno facendo? Che cazzo stai facendo, troia?».
Aurora si azzittì e rimase, se
possibile, ancora più ferma, come congelata.
Sensi impugnò meglio la padella e
si avvicinò alla porta d’ingresso.
«Vattene!» strillò Aurora e
quello era esattamente quello che voleva, non era una recita.
«Aprimi, cazzo! Ti hanno sentita
tutti!».
«Non sono affari tuoi! Devi
lasciarmi in pace!».
«Puttana maledetta... con me non
volevi e con questo stronzo sì? Te
ne pentirai!».
Si sentì un colpo sulla porta. Un
battente tremò.
«Vattene! Che cosa stai facendo?»
«Adesso ti faccio vedere io...»
Un altro colpo, più forte. Sensi
fece segno ad Aurora di stare indietro. Si sgranchì i muscoli del collo. Dentro
di lui, Astarotte si svegliò e si stiracchiò, soddisfatto.
Non è roba per te, gli
disse Sensi.
Non si sa mai, sogghignò
l’altro.
Aurora, avvertì, improvvisamente,
un vago odore di fiammifero sfregato. Forse era il legno della porta, forse...
Si sentì uno schianto e un
pannello cedette.
Sensi vide una mano maschile
introdursi nello squarcio e cercare a tentoni la serratura, come in film horror
di serie z. Così, dopo tutto, Riccardo l’aveva fatto.
Era onesto, quello che si
proponeva Sensi? Be’, no. Probabilmente quel tizio non sarebbe mai esploso, da
solo. Il commissario, con gli occhi rossi come sangue, sogghignò. Poteva
conviverci.
La mano riuscì a sbloccare la
serratura e la porta si spalancò. Riccardo l’Uomo dei Kleenex si catapultò
all’interno come un ossesso.
Sensi lasciò che facesse qualche
passo, sereno come un bracconiere che ha inquadrato un cervo.
Poi lo colpì di piatto con la
padella.
Si sentì un suono cupo, come
quello di una campana fessa.
Riccardo l’Uomo dei Kleenex andò
al tappeto.
«Oh, Dio... oh, mio Dio...»
gemeva Aurora, piangendo.
Sensi si inginocchiò accanto al
corpo dell’altro e si assicurò che fosse solo tramortito. Si sfilò il cellulare
dalla tasca dei pantaloni.
«Mi servirebbe qualcosa per
legargli le mani» disse, componendo un numero. «Qualcosa di morbido. Di spugna,
magari».
Si portò il cellulare
all’orecchio. «Max? Ho qua un tizio che ha sfondato una porta e ha cercato di
introdursi con la forza nella casa di una persona. L’ho un pochino tramortito.
Puoi mandare una volante e un’ambulanza?».
Rimase in ascolto qualche
secondo, poi diede l’indirizzo dell’appartamento in cui era.
Aurora, sulla porta della sua
stanza, piangeva e tremava. Gli stava porgendo un asciugamano, senza
avvicinarsi troppo.
Sensi lo prese e legò i polsi
dello stalker.
Si rialzò e andò a rimettersi la
maglietta, la fondina e la felpa.
«Avevi una pistola» disse Aurora,
con voce sottile.
Sensi sorrise lievemente. «È il
momento giusto per dirmi che sei contraria alle armi da fuoco».
Sorrise anche lei. «Be’, lo
sono».
Il commissario arricciò il naso.
«Lo so. Sei contraria a tutto».
Continua...
domenica 2 dicembre 2012
Hardcore - 5
Sensi aveva pianificato la
situazione con la massima cura. Il che significava che, probabilmente, non
aveva tenuto conto di un mare di dettagli e che il piano non avrebbe funzionato
in ogni caso.
Comunque, Sensi aveva
pianificato. Aveva controllato la porta dell’appartamento e si era accertato
che fosse sufficientemente vecchia, sufficientemente fragile e con una
serratura sufficientemente inutile.
Dato che era un appartamento in
affitto di fascia medio-bassa, fu fortunato. Quella porta non avrebbe tenuto
fuori neanche un bambino di dieci anni.
«Ok, adesso tu vai alla finestra
e chiedi per l’ennesima volta a quel tizio di andarsene. Digli che hai bisogno
di un po’ di privacy. Usa proprio queste parole. Poi socchiudi la finestra e
tiri la tenda».
Aurora era piuttosto titubante,
ma dato che si era già dichiarata d’accordo con il piano di Sensi, cercò di
eseguire.
Andò alla finestra e provò a
convincere lo stalker ad andarsene.
Lui replicò che l’amava, la
desiderava e avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei.
Mentre l’altro era distratto,
Sensi aprì la serratura del portone.
Aurora si infervorò e coprì il
corteggiatore indesiderato d’insulti. Anche quello, pensò Sensi, andava
benissimo. Rientrò nella stanza e le fece segno di tirare le tende. Aurora lo
fece, con un gesto brusco.
All’esterno continuavano a
risuonare le dichiarazioni d’amore dell’altro.
Sensi passò in cucina e, senza
accendere la luce, prese una grossa padella con il fondo di acciaio inox dalla
rastrelliera. Tornò in camera e la lasciò sul letto, a portata di mano.
«Ok. Pronta?» disse, a voce
bassa.
«Insomma. I vicini penseranno
che...»
«I vicini sono il male del
secolo» la interruppe lui. «Sei contro a tutto, non puoi essere anche contro i
vicini?».
Lei sorrise e scosse la testa.
«Ok» finì per dire.
Sensi si sfilò la felpa e la
maglietta e li buttò sul letto, ma non sopra alla padella.
«Che cavolo è quel segno? Un
pentacolo?» chiese lei, guardandolo.
«Yep. Be’, un sigillo. Ho avuto
anch’io una specie di stalker. Senti, se vedi che sto per mettermi a ridere
dammi un pugno su un piede. Forte».
Aurora si strinse nelle spalle.
Prese il cuscino dal letto e Sensi le lanciò un’occhiata perplessa.
«Comodità» spiegò lei.
Lanciò il cuscino sotto alla
finestra. «Ok, pronta».
«Togliti la felpa, è meglio»
disse Sensi.
Lei se la sfilò insieme alla
maglietta, restando in canottiera.
Sensi ridacchiò e scosse la
testa. «Diamo ai vicini un tipo di intrattenimento hardcore a cui non sono
abituati».
Continua...
sabato 1 dicembre 2012
Hardcore - 4
Aurora l’aveva richiamato quella
sera stessa.
«È qua sotto» aveva detto. «Di
nuovo».
Erano le sette e mezza, fuori
piovigginava e Sensi si era illuso di poter ordinare una pizza e passare la
serata ascoltando musica, con la Vettori che batteva sul soffitto con la scopa,
da migliore tradizione.
Però si era anche ricordato del
suo Nobile Scopo, quindi aveva cercato di dimostrarsi accomodante.
«Capisco» aveva detto. «Che cosa
posso fare, dato che arrestarlo non posso?».
La legge contro lo stalking era
una legge nuova, ma questo non la rendeva meno inutile delle leggi vecchie.
Prima dovevi provare che un tizio ti perseguitava, poi lui poteva
tranquillamente ignorare l’ordinanza restrittiva, dato che nessuna questura
poteva permettersi di mettere un piantone a protezione di una vittima di
stalking ventiquattr’ore al giorno.
Per lo più, le vittime dovevano
ingegnarsi da sole. Alcune finivano per cambiare casa, lavoro, città. Altre
avevano degli amici compiacenti, che menavano lo stalker finché non cambiava
idea. Altre sopportavano. Qualcuna, infine, finiva nelle statistiche.
«Che ne dici di venire a cena? Ti
propongo una seratina hardcore» aveva detto lei.
Sensi, per circa mezzo secondo,
si era illuso che un Dio, dopo tutto, esistesse. Sul Diavolo aveva buone
speranze, ma del vecchio Yahweh non aveva mai visto traccia. Subito dopo aveva
capito che non solo Dio non esisteva ma che, se esisteva, ce l’aveva con lui.
«Wow» aveva detto, piatto.
Naturalmente, una seratina di
punk hardcore non gli sorrideva per niente, ma, in un angolo ottimista del suo
cervello, c’era ancora la speranza che Aurora intendesse del sano porno
hardcore. Non ci credeva neanche lui, ma, comunque, non poteva lavarsi del tutto
le mani del problema “stalker”.
Il tizio sembrava piuttosto
innocuo, ma non si poteva mai sapere.
Aveva finito per mettersi il
giaccone e accorrere in difesa della fanciulla in pericolo, consapevole del
fatto che presto quello in pericolo sarebbe stato lui.
Quaranta minuti più tardi, dopo
aver mangiato una cosa chiamata “cannelloni vegani”, aveva avuto la conferma
dei suoi peggiori sospetti.
-
Così, ora Sensi era lì, seduto
sul pavimento della camera di Aurora, a chiedersi se il nobile scopo che si era
prefisso giustificasse tutto quel dolore.
Gli erano già stati inflitti un
intero album dei Contropotere e una scelta del meglio dei Wretched.
Sensi, che Dio lo perdonasse,
iniziava a sperare che i vicini si lamentassero. Ma, tanto, si era già visto
che Dio non esisteva.
«Potremmo ascoltare un po’ di
Crass, ora» propose, in quel momento, Aurora. Sembrava felicissima di averlo
lì. La coinquilina, chiaramente, aveva pensato bene di tornarsene a Rovigo per
il week-end. Dato che era mercoledì sera, doveva essere un week-end lungo.
«Ma certo. Perché insistere con i
soliti tre slogan in una lingua sola? Vediamo come suonano in inglese» ribatté
Sensi, stancamente.
Aurora sembrò presa da un dubbio.
«Oh. Forse ti dà fastidio che se la prendano con gli sbirri?».
«No» sospirò Sensi. «Mi dà
fastidio che se la prendano con questo sbirro. Chiarito che il potere è il
male, il governo è il male, la tv è il male, la polizia è il
male, la coca-cola è il male e così via, mi chiedo perché sia
necessario continuare a ripeterlo a oltranza, ma, ehi, non è la monotonia a
uccidermi. Io amo la musica monotona. Solo che questa fa cagare».
Ecco, adesso l’aveva detto e poteva dire addio al suo
Nobile Scopo.
Aurora, infatti, incrociò le
braccia con aria bellicosa. «Scusa, tu non credi che la musica dovrebbe avere
un’utilità sociale?» chiese, un po’ impettita.
«No» rispose Sensi, molto
francamente. Iniziò ad alzarsi.
L’altra aprì la bocca,
oltraggiata.
«Allora davvero eri al May
Day per fare rapporto o, non so, reprimere la libertà di pensiero o...» iniziò,
in tono sostenuto.
Sensi si mise a ridere. «Ero al
May Day per accompagnare un mio amico a vedere quello schifo di gruppo
brutal-death. Ti sei fatta un’idea sbagliata, su di me. Se fossi stato lì per
fare rapporto o, cosa ancora più impegnativa, reprimere la libertà di
pensiero, col cazzo che avrei resistito fino alle tre di notte. Avrei fatto
quello che faccio sempre quando c’è da lavorare, ossia me la sarei squagliata.
E poi, io sono il commissario della squadra mobile. Con me sono al sicuro anche
i ladri e gli assassini, figurati i liberi pensatori».
Aurora annaspò. «Cioè... non ti
importa niente?».
Sensi fece un gesto vago
nell’aria. «Mi importa che Riccardo l’Uomo dei Kleenex non si masturbi davanti
al tuo spioncino, anche se ammetto che non è proprio il primo dei miei
pensieri. Mi importa che non ti uccidano, anche se non credo che sia molto
probabile. Detto questo, se continui a obbligarmi ad ascoltare queste schifezze
hardcore probabilmente ti ucciderò io e sarà stata fatica sprecata».
«Ma ti ho detto che ti
invitavo a una serata hardcore casalinga!».
«Mi chiedo se tu abbia mai
proposto la stessa cosa anche a Riccardo l’Uomo dei Kleenex... perché potrei
cominciare a capirlo».
Sensi andò alla finestra e guardò
fuori. Lo stalker era ancora lì.
Aprì la finestra e si sporse.
«Riccardo!» gridò. «Ti ha mai
proposto una serata hardcore casalinga?».
Lo stalker, preso alla
sprovvista, fece un mezzo salto indietro. Poi alzò lo sguardo verso la
finestra. Uno sguardo pieno di rancore. «Sì!» rispose.
«Lo sapevi che il punk hardcore è
un genere musicale, sì?».
«L’ho scoperto!» ringhiò l’altro.
«Che cosa ci fai tu lì? Chi sei? Aurora sta bene?» aggiunse, poi, con la voce
che saliva di tono.
Sensi richiuse la finestra. «All
right. È uno stalker vero» le comunicò. «Paranoico e tutto quanto. E la musica
hardcore gli fa schifo, a conferma che anche le persone peggiori hanno qualcosa
di buono».
Aurora, palesemente agitata,
faceva avanti e indietro per la stanza.
«Forse non capisci che sto per
impazzire» gli disse, mordicchiandosi un dito quasi a sangue. «È sempre lì,
fintamente premuroso! E tu non sei molto meglio. Secondo te, gli avrei proposto
una serata di sesso estremo e ora lui sarebbe solo incazzato perché è andato in
bianco? Ma sei scemo?».
Sensi sollevò le mani in segno di
resa.
«Ci sono andata a letto... normalmente
a letto, ed è stato il peggior errore della mia vita!» strillò l’altra, che non
aveva ancora finito. «Credi che sia stato bello beccarmi le sue telefonate in
cui mi spiegava che me lo vuole mettere nel culo?».
Sensi, sempre con le mani alzate,
ebbe il buon gusto di sentirsi vagamente in colpa.
«Credi che sia bello trovarmi i
suoi disgustosi fazzolettini dappertutto?» aggiunse Aurora. «Credi che sia
bello starmene qua sapendo che lui è lì sotto?».
«Ehm. No, non dev’essere bello»
ammise Sensi, un po’ a disagio. Il suo Nobile Scopo si era completamente
vaporizzato.
«E allora? Non vuoi ascoltare la
musica che piace e me? Bene! Non vuoi restare, dato che non ho intenzione di
farti uno spogliarello? Benissimo! Magari è anche meglio!».
Ormai piuttosto mortificato,
Sensi decise di ricorrere al rimedio più estremo che conoscesse.
«Mi. Dispiace» scandì, senza
abbassare le mani. «Scusa».
Aurora socchiuse gli occhi,
sospettosa. Era chiaro che avrebbe voluto continuare un altro po’.
«Ah, ti dispiace?» provò a
ritorcere, ma aveva ormai perso lo slancio.
Sensi sospirò e abbassò le mani.
«Sì, mi dispiace. Non vado molto forte, nell’empatizzare con le vittime. E la
cura a base di slogan anti-tutto non ha migliorato il mio umore. Ma hai ragione
tu e ho torto io. Solo che non so proprio che cosa farci. Non posso scendere e
riempire quel tizio di botte, lo capisci?».
Il che era solo parzialmente
vero. Una parte di sé si sarebbe divertita da matti, a riempirlo di botte.
Sensi, piuttosto, non voleva.
L’altra tirò su con il naso, ora
più calma. «Sì, lo capisco. Ma che cosa dovrei fare, allora?».
«Non lo...» iniziò Sensi, ma si
interruppe.
Guardò la finestra, poi guardò il
lampadario.
«Potremmo giocare alle ombre
cinesi» disse.
E, in risposta allo sguardo
perplesso dell’altra, aggiunse: «Certo, dovrai affrontare le spese per una
porta nuova».
Continua...
venerdì 30 novembre 2012
Hardcore - 3
Circa sei mesi dopo, l’aveva
chiamato una certa Aurora. Sensi aveva un unico deposito mentale per le tizie
con cui era andato o non era andato a letto e la cosa gli aveva già procurato
problemi in passato.
Quando quella certa Aurora
l’aveva chiamato, quindi, Sensi ci aveva messo ben più che qualche minuto a
ricordarsi chi fosse, che faccia avesse e se ci aveva fatto sesso oppure no.
Sembrava di no.
Aurora non l’aveva chiamato per
quello, comunque.
«Tu sei un commissario, giusto?»
aveva esordito.
«Già. Commissario straordinario
per la tutela delle specie ittiche» aveva provato a disimpegnarsi lui.
«No, scusa... tu sei un
commissario di polizia, me lo ricordo benissimo» aveva replicato l’altra, che
probabilmente aveva dei depositi mentali che assomigliavano a uno schedario
della CIA.
Sensi aveva ammesso di esserlo.
«Oh, bene. Ho uno stalker» aveva
concluso Aurora, soddisfatta.
Sensi aveva imprecato mentalmente
e le aveva detto di passare in questura, dove avrebbe potuto appioppare il suo
caso a qualcun altro. Questo, però, non l’aveva detto.
«No, vedi... è sotto casa mia.
Non posso uscire» aveva spiegato lei.
Sensi non le aveva chiesto perché
non avesse chiamato il 113. Era passato direttamente al punto successivo: «Che
cosa sta facendo?»
«Niente. Sta lì, accanto alla sua
macchina». Il che spiegava anche perché non avesse chiamato il 113. Stare lì,
accanto alla propria macchina, non era un reato.
«La macchina è in divieto?».
Un breve silenzio. «Che cosa c’entra?
No, comunque non è in divieto».
Sensi aveva sospirato. «Non ho
mai fortuna. Vabbe’, vengo».
Era arrivato alla Chiappa venti
minuti più tardi, dopo aver provato l’ebbrezza di percorrere a passo d’uomo la
Spallanzani, la galleria che collegava le due prime periferie della città. Lui
sì che aveva lasciato la macchina in divieto.
Mentre passava, aveva osservato
lo stalker. Un tizio piuttosto normale, sui trentacinque. Un tizio troppo
normale, per l’Aurora che infine Sensi aveva ricordato.
Lei gli aveva aperto il portone e
lui era salito.
La coinquilina, una tizia un po’
sovrappeso che sembrava agli antipodi rispetto ad Aurora, stava uscendo.
«Puoi aspettare un attimo?» aveva
chiesto Sensi. L’altra si era dichiarata subito entusiasta, segno che non vedeva
l’ora di farsi gli affari di qualcun altro.
Sensi era andato in cucina e si
era appoggiato al tavolo. «Ok, chi è il tizio?» aveva chiesto.
«Ma tu sei un poliziotto?» era
intervenuta la coinquilina, scettica.
Sensi aveva alzato gli occhi al
cielo. «Saltiamo questa parte, che ne dite? Sì, sono un poliziotto. Ogni mese
ricevo uno stipendio per non fare niente e opprimere gli innocenti, anche se
non è chiaro come possa opprimere qualcuno senza fare niente. Chi è il tizio?
E, già che ci siamo, come ti chiami tu? Che cosa fai nella vita?».
La coinquilina aveva sgranato gli
occhi, stupita. «Io sono Giada e nella vita faccio la studentessa. Vengo da
Rovigo. Sono iscritta a ingegneria navale».
Sensi aveva sventolato una mano,
come a rimuovere quelle informazioni irrilevanti. «Chi è il tizio?» aveva
chiesto, per la terza volta.
Aurora aveva incrociato le
braccia. Quel giorno aveva una felpa dell’ALF, il che non deponeva proprio a
suo favore, dal punto di vista di Sensi. Non che ce l’avesse con chi voleva
liberare gli animali, solo, non gli sembrava una priorità in un mondo in cui
c’erano da liberare ancora un certo numero di esseri umani.
«È uno» aveva spiegato Aurora.
«Lo conosco da un tot di tempo e non me lo sono mai filato. Poi l’ho
rincontrato al bar dove vado a prendere il caffè quando esco dal turno della
mattina. Abbiamo un po’ chiacchierato, roba del genere».
«Abbiamo un po’ chiacchierato
vuol dire che ci hai parlato o che ci hai scopato?» aveva chiesto Sensi,
cercando di velocizzare la cosa. Non capiva la necessità degli eufemismi, non
l’aveva mai capita.
«Be’, ci sono andata a
letto, ma dopo. Voglio dire, dopo un po’. Ma non eravamo compatibili».
“Certo, quello sembra un tizio
normale” aveva pensato Sensi, privatamente, ma non aveva detto niente.
«Comunque, lui, Riccardo Manna,
ha iniziato a telefonarmi ecc. A proposito, tu non mi hai telefonato»
aveva aggiunto lei, come se fosse perfettamente pertinente.
«Sono io ad aver lasciato il mio
numero a te, non il contrario» aveva precisato Sensi. «Non sono portato per lo
stalking, troppo sbattimento. Dunque, Riccardo inizia a telefonarti. Che genere
di telefonate?».
L’altra si era mordicchiata un
labbro. «Normali, all’inizio. Come stai, che fai stasera, usciamo insieme...
poi un po’ meno normali. Come sei bella, non riesco a dimenticarti... e altre
cose un po’ più spinte».
Sensi aveva sospirato. Eufemismi.
Sempre in agguato. «Più spinte» aveva ripetuto.
«Tipo, cose che voleva fare con
me, ok?».
Sensi si era stropicciato un
occhio. «Violente?».
L’altra era sembrata in
imbarazzo. «Be’, non proprio. Esplicite, diciamo».
«Esplicite». A Sensi erano venuti
in mente i film di Bollywood, in cui qualsiasi riferimento sessuale veniva
rappresentato con un’immagine simbolica. Si era rassegnato. «Potremmo definirle
telefonate sconce?».
«Sì».
«Molestie sessuali?».
«Sì».
«E come mai è qua sotto?».
«Aspetta, non ti ha ancora
raccontato dei kleenex!» aveva interrotto la coinquilina. Sensi l’aveva
guardata. «Kleenex?».
«Le infila dei kleenex usati
nella cassetta delle lettere. Cioè, ci infila, perché la cassetta è
anche mia».
Sensi aveva represso
coscienziosamente una risata. «Volete dirmi che si masturba e poi mette i
fazzolettini sporchi nella cassetta?» aveva chiesto.
In risposta, le due avevano
annuito contemporaneamente, serissime.
«Si piazza qua sotto in macchina,
no? Per lo più sta fuori e guarda, anche tre-quattro ore al giorno. Ogni tanto
entra dentro e poi riemerge con dei fazzolettini usati. Li mette nella cassetta
delle lettere, se qualcuno gli apre, se no li lascia sul gradino. Ma io dico...
se gli aprono, come faccio a sapere che un giorno non me lo ritroverò sul
pianerottolo?».
Era una preoccupazione fondata e
Sensi aveva annuito. «Avete tenuto qualche fazzoletto?» aveva chiesto, senza
nutrire particolari speranze.
«No! Che schifo!» aveva risposto,
infatti, immediatamente, Aurora.
«Hai registrato qualche
telefonata?».
«No... voglio dire, ho cambiato
numero».
«Quindi non ti telefona più».
«Be’, no. Non lo conosce, il
numero nuovo».
«Fruga nella tua spazzatura?».
Aurora era sembrata perplessa.
«Non so. Non credo. La butto nel bidone laggiù, insieme a tutti gli altri
sacchetti».
«Ok, ti dico che cosa farai.
Primo, i prossimi kleenex dovete tenerli. Infilatevi un paio di guanti e
metteteli in una busta per conservare gli alimenti. Secondo, riprendetelo.
Terzo, fossi in te, farei in modo di fargli riavere un numero di telefono, per
poi registrarlo. Puoi denunciarlo per stalking in ogni caso, ma se porti
qualche prova è meglio. Otterrai un provvedimento restrittivo da un giudice. Poi
potremo farlo sloggiare con le cattive».
Aveva tirato fuori il cellulare e
composto un numero. «Per il momento, proviamo a farlo sloggiare con le buone.
Ma tornerà».
Aveva chiamato un’autopattuglia
in modo che gli agenti provassero a parlare con Riccardo l’Uomo dei Kleenex,
sapendo già che non sarebbe servito a niente.
Continua...
giovedì 29 novembre 2012
Hardcore - 2
Quello era stato l’inizio della
catena di avvenimenti che l’avrebbero portato a ritrovarsi seduto per terra
nella camera di Aurora, con un nobile scopo in veloce via di dissolvimento,
preoccupato per se stesso e per il resto della razza umana e con buona parte
della mente occupata da un muto grido di dolore.
Dopo aver mandato l’inutile sms
alla sua amica – Sensi si era chiesto se fosse quella che stava vomitando o
quella che se ne stava fregando – Aurora aveva portato Sensi fino al suo
scooter, che era parcheggiato poco distante dalla lattina di acciughe del May
Day.
«Magari guido io» aveva proposto
il commissario.
«Non sono sbronza» aveva
replicato l’altra.
Sensi aveva inarcato le
sopracciglia. «Hai appena mandato un sms di sicurezza alla tua amica con sopra
un nome che potrebbe non essere il mio. Voglio dire, se avessi avuto intenzione
di rapirti e seviziarti non ti avrei detto il mio vero nome. Ma sei sicurissima
di non essere sbronza, giusto?».
Sulla fronte dell’altra era
comparsa una ruga. Esattamente in quel momento il Nobile Scopo aveva iniziato a
formarsi nella mente di Sensi. Il Nobile Scopo era poi portarsela a letto.
Lo accantonò, pensando
pragmaticamente che non avrebbe comunque potuto portarsela a letto, se prima si
fossero schiantati in scooter. Quella faccenda di Crash con lui non
aveva mai funzionato.
«Mi scocciava chiederti un documento, tipo sbirro. Però
ora voglio vedere un documento. Poi puoi guidare tu» aveva asserito l’altra.
Sensi aveva tirato fuori il
portafogli e le aveva mostrato il suo tesserino di riconoscimento. «Sento che
questo renderà ancora più lungo tutto il procedimento, ma non ho dietro la
carta d’identità» spiegò.
«Qua c’è scritto “commissario”»
aveva detto, infatti, l’altra, strizzando gli occhi per leggere, nella luce incerta
fuori dal centro sociale. Sensi aveva pensato troppo tardi che aveva anche una
patente. Non sapeva dove, in quale tasca, ma ce l’aveva di sicuro. Erano anni
che non la tirava fuori. La cosa bella di essere un poliziotto era che, se ti
fermavano alla guida, il tesserino di riconoscimento era molto più utile della
patente.
«Già. C’è scritto anche il mio
nome, vedi?» aveva provato a tagliare corto. «Ermanno Sensi, come ti ho detto».
«Dovreste avere un numero di
riconoscimento sull’elmetto, sai?» aveva replicato l’altra, non molto
coerentemente.
«Sono d’accordo» aveva risposto
Sensi. «Quando indossiamo un elmetto, naturalmente. Ora non lo indosso e, per
la verità, non ce l’ho nemmeno, ma in linea di principio sono d’accordo. Ora
andiamo?».
«Non devi fare la pipì?».
Sensi aveva sospirato. «Me la
tengo. Torniamo alla civiltà, ok?».
A quel punto Aurora gli aveva
dato le chiavi dello scooter e Sensi era salito davanti. Aurora si era infilata
un casco e gli si era aggrappata alla vita.
Gli aveva dato indicazioni verso
via Sarzana, quella via che Sensi conosceva ma di cui non ricordava il nome. Di
lì in poi, era stato facile.
«Se ci fermano...» gli aveva
gridato Aurora in un orecchio «...la multa la paghi tu!».
Sensi aveva sorriso lievemente.
«Ma certo» aveva confermato. Se li avessero fermati, nessuno avrebbe pagato
nessuna multa, almeno quello. Ma dato che Aurora aveva dimenticato di essere in
scooter con un suo nemico naturale, non c’era motivo di ricordarglielo.
Sensi li aveva portati fino in
città senza incidenti.
Era arrivato fin quasi in piazza
Beverini prima che gli venisse un pensiero. «Dove abiti?» aveva chiesto,
fermandosi.
«No, non hai capito!» aveva
ribattuto l’altra, con espressione offesa. «Non sono così sbronza».
Sensi aveva sospirato per
l’ennesima volta. «Sì che lo sei. Troppo sbronza per guidare. Ti porto sotto
casa, o da quelle parti, poi torno a piedi».
Quantomeno, lei era sembrata
pentita. «Ah» aveva detto. «Alla Chiappa, allora».
«Fantastico» aveva borbottato
Sensi, rimettendo in moto. Tralasciando il fatto che la Chiappa era il
quartiere con il nome più imbarazzante di tutti i tempi, era anche a mezz’ora
da casa sua.
L’aveva portata fin lì, l’aveva
aiutata a mettere la catena allo scooter e si era preparato a una scarpinata.
Si era anche preparato a trovare uno spiazzo erboso in cui pisciare, dato che
ormai stava per mettersi a saltellare.
«Puoi venire a fare la pipì,
comunque» lo aveva preceduto l’altra.
Sensi l’aveva interpretato come
un segno cosmico.
*
Dopo la pipì, si erano fatti
un’altra birra a testa, giusto per essere sicuri di produrne altra al più
presto. Di pipì, non di birra.
Sensi aveva così scoperto che
Aurora aveva vent’otto anni, era contro quasi tutto – ma non contro gli
alcolici – lavorava in un call center, aveva uno stipendio ridicolo, una
coinquilina, due genitori con cui non andava d’accordo, un diploma
dell’alberghiero preso per il rotto della cuffia e un tatuaggio a forma di
saetta su una spalla.
La cosa del tatuaggio l’aveva
scoperta quasi subito, dato che Aurora si era sfilata il giaccone pesante e due
o tre strati di maglioni per restare in canottiera. Il Nobile Scopo si era
rafforzato nel cervello di Sensi, ma lei stava diventando troppo sbronza per
qualsiasi tipo di attività sessuale, a meno di considerare sexy qualcuno che
vomita in un cesso.
Così Sensi si era limitato a
scolarsi una birra e a lasciarle il suo numero di telefono.
Sensi credeva tantissimo nel
sesso da alticci. Sensi aveva l’equivalente di una laurea nella
somministrazione di drink alcolici nella Giusta Quantità. La Giusta Quantità,
secondo il commissario, era quella necessaria al raggiungimento di quello stato
aureo in cui l’idea di finire a letto con un gotico scorbutico e palesemente
inaffidabile alle donne non sembrava più una completa stronzata, ma in cui
erano ancora in grado di distinguerne la faccia dalle chiappe. Quello stato
aureo in cui, dopo il sesso, le donne dormivano e non parlavano e in cui,
durante il sesso, dimenticavano di essere moralmente avverse a un certo numero
di pratiche che normalmente non avrebbero approvato.
Quello stato aureo, infine, in
cui neanche a Sensi veniva voglia di fare troppo il difficile sul numero di
cose, animali e piante cui le sue partner erano contrarie. Anche se bisognava
ammettere che anche normalmente non se ne faceva turbare più di tanto.
In ogni caso, quella sera Sensi
con la seconda birra era arrivato molto vicino a quello stato, mentre Aurora
l’aveva già passato da almeno due drink.
Così aveva lasciato il suo numero
e portato via il suo corpo, finendo per dimenticare il suo Nobile Scopo qualche
giorno più tardi.
Continua...
mercoledì 28 novembre 2012
Hardcore -- 1
Ermanno Sensi se ne stava seduto sul pavimento della
stanza di Aurora e si chiedeva se il nobile scopo che si era prefisso
giustificasse tutto quel dolore. Se fosse, in una parola, giusto per se stesso,
prima che per tutto il resto del genere umano.
Se lo chiedeva confusamente,
frammentariamente, perché, se il suo cervello fosse stato un grafico a torta,
la fetta più grande di quel grafico avrebbe avuto l’etichetta “muto grido di
dolore”. Un’altra fetta, di minuto in minuto più sottile, avrebbe avuto il
titolo “nobile scopo”, appunto, mentre la terza fetta, quasi invisibile,
avrebbe potuto chiamarsi “dubbi etici”.
Era iniziato tutto all’RDA May
Day, l’unico centro sociale occupato e autogestito della Spezia. Un posto che,
di solito, Sensi non frequentava.
Non lo frequentava non perché
sentisse che in un centro sociale occupato, formalmente illegale,
antimilitarista, anti-stato, anti-potere e anti-tutto, un poliziotto sarebbe
stato fuori luogo. Sensi non si considerava un poliziotto, si considerava una
zecca attaccata su un capillare periferico della Nazione, per cui passare la
serata insieme a dei tizi con tatuato ACAB sulle chiappe non gli dava nessun
fastidio. L’acronimo ACAB in quanto tale, poi, gli era sempre sembrato
irragionevolmente ottimista. La maggior parte degli sbirri era idiota, non
bastarda. Detto questo, la questione, per lui, non aveva grande importanza.
Il motivo vero per cui non
frequentava il May Day era che quel posto assomigliava a una lattina di
acciughe formato gigante, l’amplificazione faceva schifo, Sensi riusciva sempre
a perdersi nell’area industriale labirintica in cui sorgeva e ci passavano
musica di merda. O, comunque, musica di merda per uno a cui tutto quello che
era più allegro di un requiem sembrava vagamente fuori luogo.
In ogni caso, giovedì sera era
andato al May Day per accompagnare un suo amico metallaro a un concerto
brutal-death. Brutale lo era stato di sicuro. Il suo amico, che poi era più un
conoscente, l’aveva piantato con dei tizi anti-tutto, che non mangiavano carne,
pesce, molluschi, latticini, roba di marca, non prendevano farmaci e,
specialmente, ci tenevano un casino a dirtelo. Per fortuna la musica
brutal-death, almeno in quello, si era rivelata utile. Sensi aveva annuito
civilmente, sorseggiando una birra da discount, senza sentire quasi niente di
quel che gli gridavano nelle orecchie.
Si era poi reso conto che i tizi
non bevevano neanche alcolici, forse per paura che il luppolo della birra
avesse sofferto. Quello era stato troppo.
Era uscito nell’aria uggiosa
dell’esterno della lattina e si era distratto guardando una lunga ciminiera, a
modo suo bella, e altri tipici elementi del paesaggio industriale: recinzioni
di filo di ferro, zone brulle sparse a casaccio tra nastri di cemento, lucine
fredde e lontane. Se solo avesse fumato, si sarebbe fatto una sigaretta e
sarebbe tornato a casa a piedi. Stupidamente, era andato in macchina con il
metallaro, che probabilmente stava ormai vomitando da qualche parte nei
dintorni.
Non aveva fumato nessuna
sigaretta, ma aveva iniziato a incamminarsi lentamente verso un punto. Non
sapeva se quel punto fosse in direzione della città, perché non aveva idea di
quale fosse la direzione della città, ma da quella parte c’era della gente.
La gente che aveva individuato
stava bevendo birra, che era già un buon segno.
Sensi, lo ricordava
perfettamente, a quel punto non era sbronzo. Non ci era neanche vicino. Era
drammaticamente lucido.
Con grande lucidità, aveva
osservato i nuovi tizi appena entrati nel suo campo visivo.
Una era una ragazza con la testa
rapata a casaccio, dei pantaloni aderenti e cenciosi, un giaccone militare
pieno di spillette e dei grossi anfibi. Stava vomitando sugli unici ciuffi
d’erba del posto, probabilmente uccidendoli.
C’era poi un ragazzo alto, con
una cresta sbilenca, magro come un chiodo, che beveva e rideva a voce altissima
con un suo amico, un tizio simile a lui ma più tracagnotto.
Un’altra ragazza stava assistendo
la prima ragazza, ma non sembrava molto convinta. In realtà, si voltava ogni
tre secondi per ridere con gli altri due.
Infine, c’era una tizia che
sembrava il ritratto dello scazzo.
Sensi si era diretto verso di lei
a colpo sicuro.
«Ciao» aveva detto. «Sai mica in
che direzione devo andare, per tornare a Spezia?».
La ragazza gli aveva lanciato uno
sguardo vacuo. «Ci sei, a Spezia» aveva detto.
Sensi aveva sospirato. «Per quel
che ne so, potrei essere anche a Vibo Valentia. Intendevo: devo andare verso il
centro, odio camminare, ho freddo e devo pisciare. Farei a meno di perdermi
ancora di più. Da che parte devo andare per arrivare, diciamo, in un punto
noto?».
La ragazza l’aveva guardato con
una certa pietà.
«Sì, ok. Un punto noto, come, che
ne so, il cimitero?» aveva aggiunto Sensi, consapevole di non migliorare la
propria immagine agli occhi dell’altra. In realtà, c’erano degli altri punti a
lui noti, nelle vicinanze, solo che non ne ricordava il nome.
La ragazza si era accesa una
sigaretta, con tutta calma.
«Non ti conosco» aveva detto.
Sensi aveva chiuso gli occhi,
aveva imprecato mentalmente e se n’era andato. Probabilmente era una tizia
anti-sconosciuti. Inutile perdere tempo con lei. Poteva sbagliare strada anche
da solo.
«Bastava dirmi come ti chiami,
no?» gli era arrivata una voce, dopo qualche minuto. La tizia anti-sconosciuti
trotterellava un paio di passi dietro di lui, continuando a fumare. Dalla sua
bocca uscivano grandi nuvole di fumo misto a vapore.
«Ermanno, Ermanno Sensi. Ora mi
dirai da che cazzo di parte devo andare?».
«Io Aurora. Mando un sms con il
tuo nome alla mia amica, poi, se vuoi, ti do uno strappo in scooter».
Sensi aveva guardato l’angolo di
brughiera industriale in cui era finito, la tizia palesemente alticcia che gli
stava offrendo uno strappo e il cielo blu-grigio sopra le loro teste.
«Ok» aveva detto.
Continua...
martedì 27 novembre 2012
Da domani un nuovo racconto
Ogni promessa è debito. Da domani avrete un nuovo racconto con Sensi. Se l'idea vi piace e volete restituire il favore, postatene l'inizio sui vostri blog (possibilmente, linkando questo sito), parlatene con i vostri amici, twittate o fare tutte quelle altre cose di internet 2.0 che sapete fare così bene.
Il titolo è "Hardcore". Vi siete espressi chiaramente, in merito. E io faccio sempre quello che volete... no?
Il titolo è "Hardcore". Vi siete espressi chiaramente, in merito. E io faccio sempre quello che volete... no?
mercoledì 21 novembre 2012
Playlist
[Dal sondaggio che si è tenuto qua e sulla pagina facebook è emerso che le vostre preferenze vanno a un nuovo racconto e a una tracklist commentata. Per la precisione, su facebook preferite il racconto, qua la tracklist. Avrete entrambi.
Iniziamo dalla musica. Ho creato una playlist su YouTube, qua, ma a causa delle mie note deficienze tecniche non riesco a commentare estesamente come vorrei. Per cui, la riporto qua sotto, con i commenti che avrei voluto inserire. Se l'idea vi piace, potete iscrivervi al canale YouTube. Può darsi che in futuro posterò altri brani. Le cose che sono rimaste fuori sono innumerevoli.
Adesso mi dissocio e lascio la parola a Ermanno. Se questo elemento vi piace, condividetelo, va da sé.]
Ok, gente, questa è la mia playlist ufficiale. Strozzatevici.
Ermanno.
01. The Cure - Lullaby. Banale, ma necessaria. Non è la mia preferita, dei Cure, ma amo la sua falsa allegria. Non so perché, ma la associo al carillon di Profondo Rosso.
È la suoneria del mio cellulare da moltissimo tempo. Dato che dal mio cellulare arrivano per lo più cattive notizie, ho sempre paura di iniziare a detestarla, ma non è ancora successo.
Per la cronaca, il mio album preferito dei Cure è Pornography e la traccia che preferisco ascoltare nei momenti di scoramento (ossia, quasi tutti) è "The Hanging Garden".
02. Joy Division - She's Lost Control. Il gruppo preferito di Nadia. Un tempo, quando sentivo di essere adolescente, anche il mio. Sono poi passato ai New Order. Chiamatele simmetrie.
In fondo, i New Order e io siamo entrambi sopravvissuti a un suicidio.
Non credo di avere nient'altro da dire, in merito. Davvero.
03. New Order - Blue Monday. Come dicevo, New Order. E sai dove sei.
Mi piace il loro modo sottile di dire ciò che i Joy Division ti obbligavano ad ascoltare. Li trovo più ricchi di sfumature, più - Dio mi perdoni - adulti. E anche un po' più autoironici, che non guasta mai. Il loro fato, d'altronde, è quello di venir paragonati a ciò che erano "prima che".
04. Trom - Balmor. Iniziamo a scaldarci un po', ok? Adoro questi matti macabri.
Praticamente sconosciuti ai più, hanno fatto roba che mi fa rotolare sulla schiena dalla goduria. Mi piacciono meno le loro ultime cose. Pescano a piene mani negli stereotipi gotici e lo fanno con eleganza implacabile. Da metà brano in poi, scuotete la testa. È necessario.
05. Alien Sex Fiend - Ignore the Machine. Continuiamo con la musica allegrotta, per il momento.
Allegrotta relativamente, è chiaro. Qualcuno la definirebbe angosciante, ma non io. Per i pomeriggi a letto. Inoltre, gli Alien Sex Fiend hanno un dei nomi più fichi in circolazione.
06. Bauhaus - She's in Parties. Inevitabile.
I Bauhaus sono uno di quei gruppi la cui influenza è equiparabile a un grosso masso lanciato in un campo di gelatina. Gli schizzi sono arrivati dappertutto. Quando ho dovuto costruire il mio look per infiltrarmi nei Figli dell'Anticristo, mi sono pesantemente ispirato a Peter Murphy. Ma chi non si è mai ispirato a lui? Io sono più bello, bisogna dire.
07. Christian Death - Lament (Over The Shadows). E però adesso non eccitiamoci troppo.
Per i momenti di seria tristezza, ci sono sempre i Christian Death. Che sono così soffici che quasi non te ne accorgi. Per un po' ho provato a proporli come sottofondo romantico per altrettanto romantiche cenette casalinghe a base di pizza da asporto, ma per qualche motivo non ha funzionato.
08. Sol Invictus - Raven Chorus. Anzi, ricordiamoci sempre che la monotonia è bella.
Solo, senza sminuire i pur molti pregi di questo gruppo, ricordate anche che non sono l'ideale per i lunghi viaggi in macchina. Non se volete effettivamente arrivare a destinazione senza colpi di sonno. D'altro canto, sono troppo angoscianti per costituire un buon sonnifero quando non riuscite a dormire.
09. Red House Painters - Medicine Bottle. A questo punto della playlist vi ricordo che gli antidepressivi esistono. Usateli.
Per i momenti di angoscia più nera. I Red House Painters non ti deludono mai. Risucchiano la felicità come gli aspiratori Folletto risucchiano la polvere. O, insomma, sugli aspiratori non saprei, ma sui Red House Painters fidatevi.
10. Swans - Children of God. Usateli. Non scherzavo.
Se una minuscola particella di gioia di vivere fosse sopravvissuta ai Red House Painters, ecco la cura. Gli Swans - e anche Michael Gira come solista - vi faranno sprofondare definitivamente nell'abisso. Che poi è un po' quello che voglio io la maggior parte dei giorni.
Bonus Track. Johnny Cash - Folson Prison Blues. Ahaha, non datemi per scontato. Questa era l'ultima.
Un grande maestro. Un grande uomo in nero. Secondo Susanna la sua Ring of Fire è la più grande canzone d'amore di tutti i tempi. Io preferisco la sua cupa visione del mondo in tutti gli altri ambiti. E riesco ad ascoltare canzoni impensabili, se sono cantate da lui.
Iniziamo dalla musica. Ho creato una playlist su YouTube, qua, ma a causa delle mie note deficienze tecniche non riesco a commentare estesamente come vorrei. Per cui, la riporto qua sotto, con i commenti che avrei voluto inserire. Se l'idea vi piace, potete iscrivervi al canale YouTube. Può darsi che in futuro posterò altri brani. Le cose che sono rimaste fuori sono innumerevoli.
Adesso mi dissocio e lascio la parola a Ermanno. Se questo elemento vi piace, condividetelo, va da sé.]
Ok, gente, questa è la mia playlist ufficiale. Strozzatevici.
Ermanno.
01. The Cure - Lullaby. Banale, ma necessaria. Non è la mia preferita, dei Cure, ma amo la sua falsa allegria. Non so perché, ma la associo al carillon di Profondo Rosso.
È la suoneria del mio cellulare da moltissimo tempo. Dato che dal mio cellulare arrivano per lo più cattive notizie, ho sempre paura di iniziare a detestarla, ma non è ancora successo.
Per la cronaca, il mio album preferito dei Cure è Pornography e la traccia che preferisco ascoltare nei momenti di scoramento (ossia, quasi tutti) è "The Hanging Garden".
02. Joy Division - She's Lost Control. Il gruppo preferito di Nadia. Un tempo, quando sentivo di essere adolescente, anche il mio. Sono poi passato ai New Order. Chiamatele simmetrie.
In fondo, i New Order e io siamo entrambi sopravvissuti a un suicidio.
Non credo di avere nient'altro da dire, in merito. Davvero.
03. New Order - Blue Monday. Come dicevo, New Order. E sai dove sei.
Mi piace il loro modo sottile di dire ciò che i Joy Division ti obbligavano ad ascoltare. Li trovo più ricchi di sfumature, più - Dio mi perdoni - adulti. E anche un po' più autoironici, che non guasta mai. Il loro fato, d'altronde, è quello di venir paragonati a ciò che erano "prima che".
04. Trom - Balmor. Iniziamo a scaldarci un po', ok? Adoro questi matti macabri.
Praticamente sconosciuti ai più, hanno fatto roba che mi fa rotolare sulla schiena dalla goduria. Mi piacciono meno le loro ultime cose. Pescano a piene mani negli stereotipi gotici e lo fanno con eleganza implacabile. Da metà brano in poi, scuotete la testa. È necessario.
05. Alien Sex Fiend - Ignore the Machine. Continuiamo con la musica allegrotta, per il momento.
Allegrotta relativamente, è chiaro. Qualcuno la definirebbe angosciante, ma non io. Per i pomeriggi a letto. Inoltre, gli Alien Sex Fiend hanno un dei nomi più fichi in circolazione.
06. Bauhaus - She's in Parties. Inevitabile.
I Bauhaus sono uno di quei gruppi la cui influenza è equiparabile a un grosso masso lanciato in un campo di gelatina. Gli schizzi sono arrivati dappertutto. Quando ho dovuto costruire il mio look per infiltrarmi nei Figli dell'Anticristo, mi sono pesantemente ispirato a Peter Murphy. Ma chi non si è mai ispirato a lui? Io sono più bello, bisogna dire.
07. Christian Death - Lament (Over The Shadows). E però adesso non eccitiamoci troppo.
Per i momenti di seria tristezza, ci sono sempre i Christian Death. Che sono così soffici che quasi non te ne accorgi. Per un po' ho provato a proporli come sottofondo romantico per altrettanto romantiche cenette casalinghe a base di pizza da asporto, ma per qualche motivo non ha funzionato.
08. Sol Invictus - Raven Chorus. Anzi, ricordiamoci sempre che la monotonia è bella.
Solo, senza sminuire i pur molti pregi di questo gruppo, ricordate anche che non sono l'ideale per i lunghi viaggi in macchina. Non se volete effettivamente arrivare a destinazione senza colpi di sonno. D'altro canto, sono troppo angoscianti per costituire un buon sonnifero quando non riuscite a dormire.
09. Red House Painters - Medicine Bottle. A questo punto della playlist vi ricordo che gli antidepressivi esistono. Usateli.
Per i momenti di angoscia più nera. I Red House Painters non ti deludono mai. Risucchiano la felicità come gli aspiratori Folletto risucchiano la polvere. O, insomma, sugli aspiratori non saprei, ma sui Red House Painters fidatevi.
10. Swans - Children of God. Usateli. Non scherzavo.
Se una minuscola particella di gioia di vivere fosse sopravvissuta ai Red House Painters, ecco la cura. Gli Swans - e anche Michael Gira come solista - vi faranno sprofondare definitivamente nell'abisso. Che poi è un po' quello che voglio io la maggior parte dei giorni.
Bonus Track. Johnny Cash - Folson Prison Blues. Ahaha, non datemi per scontato. Questa era l'ultima.
Un grande maestro. Un grande uomo in nero. Secondo Susanna la sua Ring of Fire è la più grande canzone d'amore di tutti i tempi. Io preferisco la sua cupa visione del mondo in tutti gli altri ambiti. E riesco ad ascoltare canzoni impensabili, se sono cantate da lui.
martedì 13 novembre 2012
martedì 16 ottobre 2012
Fuori programma 6
Il magnifico omaggio di Luca Bossetti.
domenica 26 agosto 2012
Un nuovo design e qualche novità
Oltre al cambio di design del sito, che non ha bisogno di ulteriori spiegazioni, sono stati migliorati (spero) i contenuti supplementari del sito. In particolare, nella nuova sezione Books è possibile leggere un'anteprima delle prime pagine dei romanzi. È un'anteprima piuttosto ampia e ben fatta, per chi volesse farsi un'idea.
Anche la sezione Free e-Books è stata aggiornata e contiene un racconto apocrifo di Sherlock Holmes in più.
Anche la sezione Free e-Books è stata aggiornata e contiene un racconto apocrifo di Sherlock Holmes in più.
martedì 24 aprile 2012
Satanisti perbene

Satanisti perbene
Susanna Raule
pag. 350, € 14.90
In libreria!
I.
Il controllore era quasi stupito che il ragazzo goth tranquillamente addormentato in mezzo al frastuono di una scolaresca avesse il biglietto in regola.
Per dormire così, con la testa abbandonata contro la scomoda imbottitura del sedile e le gambe ripiegate da un lato, doveva essere come minimo un drogato.
Invece, quando l’aveva cautamente scrollato, il ragazzo l’aveva fissato con due occhietti grigi assonnati ma lucidi e gli aveva mostrato il biglietto. Il controllore a questo punto si era reso conto di due cose. Innanzitutto, il ragazzo non era così giovane come gli era sembrato in un primo momento e doveva essere all’incirca sui trentacinque. Inoltre, il portafogli da cui aveva tirato fuori il biglietto era uno di quelli col distintivo delle forze dell’ordine.
Il controllore non era certo (mal) pagato per meravigliarsi, ma non poté impedirsi di lanciare una seconda occhiata al giovanotto gotico. Era rannicchiato nel suo sedile come se avesse freddo. Questo almeno era normale, dato che, nonostante fossero i primi di giugno, nei vagoni l’aria condizionata era già accesa al massimo. Si stringeva nella maglietta nera a maniche lunghe di qualche improbabile gruppo musicale, il che era già più insolito. O, almeno, questa era l’impressione. Magari era il logo della nuova squadra di nuoto dei carabinieri, che cosa ne sapeva lui?
Il controllore scrollò le spalle, punzonò il biglietto e passò oltre, iniziando a cercare con lo sguardo le insegnanti che accompagnavano la scolaresca. I ragazzini, apparentemente sui tredici-quattordici anni, stavano gridando come gli indiani durante la carica di Little Bighorn. Che cosa ci facessero in gita all’inizio di giugno era un mistero. Le insegnanti, probabilmente, si erano rintanate in un altro vagone. C’erano ragazzini dappertutto e i normali viaggiatori erano scappati da un pezzo.
L’Intercity sferragliava nella campagna lombarda, attraversando risaie allagate e campi coltivati. L’orizzonte era piatto come il fondo di un tegame e velato da una sottile foschia. Era l’umidità di giugno, un clima perfino salutare rispetto a quello che sarebbe diventato ad agosto.
Il controllore si fece largo con espressione stoica tra i ragazzini urlanti. Era troppo vecchio per quel lavoro, pensò per la millesima volta.
Finalmente, proprio nell’ultimo scompartimento, individuò le due insegnanti sulla cinquantina che accompagnavano la scolaresca.
Come previsto, si erano chiuse dentro.
Il controllore sospirò. Per fortuna a Milano mancava solo mezz’ora.
*
Il ragazzo gotico si guardò attorno per qualche minuto, cercando di ricordarsi che cosa cavolo ci faceva nello stesso vagone di un esercito di ultrà minorenni. Quando, finalmente, se lo ricordò, fece una smorfia. L’esercito di ultrà minorenni iniziava a sembrargli quasi gradevole.
Quasi.
Si alzò, si stiracchiò e recuperò il borsone nero che aveva incastrato nel portapacchi.
Col borsone in spalla, caracollò verso il bagno.
Il primo era guasto, il secondo era chiuso. Il terzo aveva un suggestivo odore di fumo e urina stantia, ma sembrava utilizzabile.
Sulla parete di plastica, accanto al lavandino, qualcuno aveva scritto, con un pennarello nero: ‘Il clima cambia e l’umano si estingue. Arrestati, police man. Rubavamo salami’.
Mentre pisciava, il ragazzo gotico lo rilesse tre volte. Non aveva senso, tranne per quella parte dell’arrestati, police man. Quella un senso ce l’aveva eccome, solo che, se era un avvertimento cosmico, arrivava troppo tardi.
Ormai il treno era quasi a Milano.
Il commissario capo Ermanno Sensi si sciacquò la faccia con l’acqua puzzolente del rubinetto e si tirò indietro una ciocca di capelli.
Arrestarsi, pensò.
Ormai era un po’ troppo tardi.
lunedì 23 gennaio 2012
lunedì 2 gennaio 2012
e-books
Buon anno a tutti!
Vi segnalo le modifiche alla sezione "files", qua accanto. Ho creato una nuova pagina, alla quale potete accedere semplicemente cliccando su "free e-books", qua sopra. In questa sezione sono disponibili. gratuitamente, tutti i racconti fin'ora pubblicati, sia in formato epub sia in formato pdf.
Ciao e a presto,
Susanna
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