venerdì 13 agosto 2010

Quello che non sai - 13

Lenzuola di marca. Lingerie raffinata. Sesso appassionato. Sensi si rivoltò sulla pancia e pensò che, in fondo, la vita avrebbe potuto andargli peggio. Peccato solo che non ci credesse neanche lui.

Le lenzuola gli sembravano ridicole. La lingerie non gli interessava. Il sesso era disperato, non appassionato.

“Ti regalerò un paio di lenzuola dell’ipercoop,” borbottò, cercando il cuscino sul pavimento.

“Non capisco perché le detesti così tanto,” rispose lei. Aspettò che lui si sistemasse meglio e iniziò ad accarezzargli i capelli. “Sei sposato?” chiese, di punto in bianco.

“Starai scherzando.”

“Conosco un sacco di uomini che non portano la fede.”

Lui sorrise. “Che non la portano in tua presenza, vuoi dire.”

“No, intendevo… che non la portano e basta. Ne conosco anche un bel po’ che la portano. Non è un cerchietto d’oro che fa la differenza. Volevo soltanto sapere se eri sposato, tutto qua.”

“Non sono sposato.”

“Ma hai una compagna,” insistette lei.

“No,” disse Sensi.

“Libero come l’aria. Mi piace. Cioè… chissà com’è.”

Lui si voltò dal suo lato. “Non ho detto che sono libero come l’aria.”

“Quindi c’è una donna.”

“Dove c’è un problema c’è sempre una donna,” rispose lui. Poi si corresse: “Oppure un uomo.”

“Hai capito,” non lo lasciò svicolare, lei.

“Anche tu,” sorrise lui.

Lei si alzò a sedere e si accese una sigaretta. “Voglio lasciare mio marito,” disse, sbuffando un po’ di fumo.

“Sì?”

Lei aspirò di nuovo. “So che non ti interessa, ma è una persona schifosa.”

“Non ho mai detto che non mi interessa.”

“Be’, è una persona schifosa. Ti sembrerà contorto, ma se io fossi un uomo non vorrei che mia moglie si sbattesse tutti quelli che passano per farci sopra dei soldi.”

“Ci hai fatto dei soldi sopra anche tu.”

Lei diede un altro tiro. “Non quanti lui. E poi non è giusto. È sempre stato lui a decidere chi dovevo scopare.”

“Tranne Roberto Lucero.”

“Be’, non solo. Ci ho provato qualche altra volta, ma poi lui si arrabbiava e mi picchiava. Oppure mi costringeva ad andare a letto con lui. Questa è un’altra cosa che non ti interessa, immagino.”

“Immagini male,” disse Sensi.

Si alzò a sedere a sua volta. “Solo che, vedi, mi fa incazzare. Irragionevolmente. E non vuoi vedermi incazzato, te l’assicuro.”

“Incazzato con me?” chiese lei.

Sensi scosse la testa.

“Allora incazzato con lui.”

“Odio le violenze domestiche, di qualunque tipo siano.”

Lia si sporse verso di lui. “Non l’ho mai vista in quest’ottica. Mi è sempre sembrato il pedaggio per vivere in questa casa, per avere una bella macchina e dei bei vestiti. Quando l’ho sposato sapevo che non era l’uomo che volevo. Sapevo che aveva qualcosa di cattivo. Ed è sempre stato bruttissimo.”

Sensi la prese e se la tirò sopra, sperando che smettesse di parlare, ma lei non lo fece.

Invece continuò, in un sussurro veloce, con le labbra nei suoi capelli: “Per i primi due anni l’ho sopportato. Poi ho conosciuto un tizio. È diventato il mio amante. Lui l’ha scoperto. È stata la prima volta in cui mi ha picchiata. Ho pensato che avesse ragione.”

“Non aveva ragione,” mormorò Sensi, limitandosi a tenerla sopra di sé.

“Dopo un po’ ha comprato l’attrezzatura video. Non quella che hai visto tu. Dell’altra, più vecchia. Una sera ha portato qua un suo amico e ha iniziato a raccontargli che ero una puttana. Che mi piaceva andare a letto con tutti. Ero andata a letto solo con un altro. Comunque gli ha detto che mi piaceva scoparmi chiunque, gli ha fatto capire che poteva farlo anche lui. E così è successo. Mio marito riprendeva, di nascosto.”

Sensi la baciò, sperando che tacesse, ma lei scostò le labbra e continuò a parlare.

“Poi capitò di nuovo. Altre volte. Poi mi disse che potevo fare da sola. Intanto ero rimasta incinta. Disse che dovevo abortire, perché la gravidanza mi avrebbe sciupato la linea, il parto mi avrebbe sciupato la figa. Così ho abortito.”

“Basta, per favore,” mormorò Sensi.

“Non l’avevo mai detto a nessuno,” rispose lei. Rimase sopra di lui, respirando vicino al suo orecchio. “Scusa,” aggiunse, dopo un po’. E poi: “Che cosa fai, piangi?”

“In questo periodo è un continuo.”

“Non ho mai visto un uomo che piange.”

“È perché non mi conosci da molto tempo,” sorrise lui.

“Perché piangi?”

Sensi scosse la testa.

“Non me lo vuoi dire?”

Lui la baciò ancora.

“Mi baci per non dirmelo,” disse lei.

“Già.”

“Ma io voglio saperlo. Se non me lo dici penserò che ti faccio solamente pena.”

“Mi fai pena,” mormorò lui.

“Non voglio.”

“Non posso scegliere. La prima volta che ti ho vista ho pensato che assomigliavi a mia madre. Neanche quello potevo sceglierlo.”

Lei sorrise appena. “E tua madre mi assomiglia?”

Sorrise anche lui. “No.” Ci ripensò. “Sì, solo che non ti assomiglia esteticamente.”

“Dev’essere bella, tua madre. Tu sei bello.”

Lui rise, poi tornò serio. “Non lo so. Non so se mia madre sia mai stata bella. Forse sì. Quando ero piccolo non la era già più. Quello bello era mia padre, così diceva lei.”

“Non sei d’accordo, mi pare.”

“Volevo ucciderlo. Per tutto quello che faceva passare a lei. Mia madre è alta un metro e quaranta. Quante botte puoi dare a una donna alta un metro e quaranta?”

Lia gli scostò i capelli dalla faccia. Sensi guardava il soffitto e aveva smesso di piangere.

“E l’hai ucciso? Sembri il tipo da farlo.”

Lui scosse la testa. “No, è scomparso molto prima che ne avessi la forza. Spero che sia morto per conto suo. No, spero che sia un vecchio invalido e che nessuno si prenda cura di lui. Spero che muoia solo come un cane, nel suo stesso piscio. Ecco che cosa spero. Come vedi, neanch’io sono una bella persona.”

“Sì, invece,” affermò lei.

Lui rise.

“Allora diciamo che sono un tipo.”

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