sabato 18 luglio 2009

L'appartamento di sopra - 5

Sensi salì per le scale due gradini alla volta. La porta dell’appartamento del piano di sopra era chiusa. Lui ci appoggiò una mano sopra, scosse la testa e iniziò a frugarsi nelle tasche.
Alla fine trovò il temperino che stava cercando, si fece un piccolo taglio sul palmo e lo appoggiò alla serratura.
Faceva male.
La serratura scattò con un suono ovattato e Sensi entrò in casa con passi lenti e circospetti.
La camera da letto era sopra a quella di Chiara.
“Fantastico,” borbottò.
Per terra, ai piedi del letto, c’era un uomo nudo, sgozzato come un maiale. Qualcuno aveva pensato bene di aprirgli non solo la gola, ma anche la pancia, da sotto lo sterno fino all’inguine. Le sue previsioni sulla quantità di sangue attorno al corpo erano esatte. Dentro il cadavere doveva esserne rimasto davvero poco, e infatti era bianco-bluastro.
Il sangue, inoltre, era ancora liquido, come se la coagulazione non fosse ancora iniziata.
Sul letto c’era un altro uomo nudo, a pancia in giù, che apparentemente dormiva.
Sensi poteva attestare di prima mano che un uomo, dopo il sesso, era in grado di dormire praticamente ovunque, ma che lo facesse con uno scempio simile vicino sembrava strano anche a lui.
Anche il fatto che sulla parete sopra al letto qualcuno avesse scritto qualcosa con le dita era abbastanza insolito.
Sensi si avvicinò al dormiente e gli esaminò le mani. All’apparenza erano pulite, mentre qualche goccia di sangue era schizzata sulle sue gambe e sulle sue chiappe, come se il tizio non si fosse mai mosso da lì.
Sensi tirò fuori il cellulare e gli fece una fotografia.
Ovviamente la scientifica si sarebbe incazzata, ma tanto quelli si incazzavano sempre, per un motivo o per l’altro. Provò a scuotere l’uomo per una spalla. Lui non si mosse.
Gli appoggiò una mano sul collo. Il battito era lieve, velocissimo, impetuoso.
Sensi riprese il cellulare e compose il numero del pronto intervento medico.
“Sono il commissario Sensi, sono sulla scena di un delitto. Qua c’è un uomo in condizioni gravi, incosciente, con il battito accelerato, nessuna reazione agli stimoli.”
Lasciò l’indirizzo, poi fece un’altra telefonata.
“Max? Siamo nella merda più nera. Sono in via Monfalcone 86, o forse 88, adesso non mi ricordo. C’è un tizio aperto in due per terra, un altro tizio in coma sul letto, un graffito di sangue sul muro – sangue che sta gocciolando nell’appartamento di sotto – e una donna svenuta nell’appartamento dove sta gocciolando il sangue. La donna l’ho messa a nanna io, ma tutto il resto si è verificato in mia assenza, nelle cinque-sei ore passate.”
Massimiliano Tudini, i cui veri pensieri per Sensi erano sempre stati imperscrutabili, si limitò a rispondere: “Arrivo subito con una squadra.”
Il commissario chiuse la comunicazione e tornò a guardare il graffito.
Si inginocchiò accanto al cadavere dell’uomo sgozzato e immerse la punta del dito nel sangue. Era quasi fresco, eppure era ancora perfettamente liquido.
In quanto al graffito, era uno strano intrico di linee, tracciato con una certa rozza precisione.
Sfortunatamente Sensi sapeva benissimo che cosa significava.

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