sabato 9 agosto 2014

IL CLUB DEI CANTANTI MORTI - MINI-EP 1ST TRACK


Jimmy Razor era morto. Il fatto era inconfutabile. Jack Wyte lo osservò a braccia incrociate, spostando il peso del corpo da un piede all’altro.
«Una bella rogna» commentò, con voce tesa, Ronald Pullman, alla sua sinistra. Wyte annuì.
«Sta arrivando il commissario capo».
«Lo so».
«Insieme al manager».
«Lo so».
Jack Wyte lasciò vagare lo sguardo sul soffitto alto e bianco, sulle pareti spoglie, sul pavimento lucido. Tornò a guardare Razor, immobile e innegabilmente morto, sul letto. Gli uomini della scientifica gli ronzavano intorno come falene attorno alla lampada che le avrebbe fritte, silenziosi. Il medico legale aspettava in un angolo l’arrivo dei superiori. Tutto quel che aveva potuto fare era stato constatare la morte del soggetto.
«Cazzo» disse Pullman. «Fa un po’ impressione, no?» Lanciò un’occhiata nervosa dalla parte di Wyte. «Voglio dire… è proprio come su MTV».
«Non guardo video musicali» rispose Wyte, distrattamente.
Non riusciva a spostare gli occhi dal cadavere. Giovane, con i capelli bianchi acconciati a dreadlocks, orecchini di metallo alle orecchie, al naso, a un sopracciglio. La maglietta sintetica nera, con le maniche tagliate all’altezza del gomito, gli aderiva al torace magro come un guanto. Fece scorrere lo sguardo sui pantaloni di plastica fucsia, appiccicati alle gambe scheletriche, e pensò che non riusciva a capire i giovani di quella generazione. Che, guarda caso, era proprio la generazione di sua figlia.
La immaginò come l’aveva vista l’ultima volta, al ristorante. Così spigliata, decisa, adulta, mentre ordinava un aperitivo a basso contenuto calorico, prima di cena. I capelli biondi tagliati come se fosse finita sotto un falciaerba, il vestito alla moda, il viso e le mani curati dall’estetista.
Gli uomini agli altri tavoli l’avevano guardata con la bocca aperta, lanciando sguardi perplessi dalla sua parte.
È mia figlia! avrebbe voluto urlare Wyte. Non vedete che ha venticinque anni?
Si era seduto con le spalle alla sala, infastidito. E Corrie… Corrie aveva parlato per tutto il tempo in modo gentile e formale – sì, formale – con quella voce dura e senza accento che aveva imparato all’università, mangiando veloce, perché il tempo correva.
Wyte venne riscosso dai suoi pensieri dall’ingresso del capo, grasso e pomposo come un melograno maturo, e da quello di un uomo basso e tracagnotto, fasciato in un abito che doveva costare da solo quanto una macchina di media cilindrata.

«Oh, Jimmy…» esclamò l’uomo, con una strana voce in falsetto. «Allora è vero!». E mosse qualche passo esitante verso il letto.

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