sabato 1 dicembre 2012

Hardcore - 4


Aurora l’aveva richiamato quella sera stessa.
«È qua sotto» aveva detto. «Di nuovo».
Erano le sette e mezza, fuori piovigginava e Sensi si era illuso di poter ordinare una pizza e passare la serata ascoltando musica, con la Vettori che batteva sul soffitto con la scopa, da migliore tradizione.
Però si era anche ricordato del suo Nobile Scopo, quindi aveva cercato di dimostrarsi accomodante.
«Capisco» aveva detto. «Che cosa posso fare, dato che arrestarlo non posso?».
La legge contro lo stalking era una legge nuova, ma questo non la rendeva meno inutile delle leggi vecchie. Prima dovevi provare che un tizio ti perseguitava, poi lui poteva tranquillamente ignorare l’ordinanza restrittiva, dato che nessuna questura poteva permettersi di mettere un piantone a protezione di una vittima di stalking ventiquattr’ore al giorno.
Per lo più, le vittime dovevano ingegnarsi da sole. Alcune finivano per cambiare casa, lavoro, città. Altre avevano degli amici compiacenti, che menavano lo stalker finché non cambiava idea. Altre sopportavano. Qualcuna, infine, finiva nelle statistiche.
«Che ne dici di venire a cena? Ti propongo una seratina hardcore» aveva detto lei.
Sensi, per circa mezzo secondo, si era illuso che un Dio, dopo tutto, esistesse. Sul Diavolo aveva buone speranze, ma del vecchio Yahweh non aveva mai visto traccia. Subito dopo aveva capito che non solo Dio non esisteva ma che, se esisteva, ce l’aveva con lui.
«Wow» aveva detto, piatto.
Naturalmente, una seratina di punk hardcore non gli sorrideva per niente, ma, in un angolo ottimista del suo cervello, c’era ancora la speranza che Aurora intendesse del sano porno hardcore. Non ci credeva neanche lui, ma, comunque, non poteva lavarsi del tutto le mani del problema “stalker”.
Il tizio sembrava piuttosto innocuo, ma non si poteva mai sapere.
Aveva finito per mettersi il giaccone e accorrere in difesa della fanciulla in pericolo, consapevole del fatto che presto quello in pericolo sarebbe stato lui.
Quaranta minuti più tardi, dopo aver mangiato una cosa chiamata “cannelloni vegani”, aveva avuto la conferma dei suoi peggiori sospetti.
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Così, ora Sensi era lì, seduto sul pavimento della camera di Aurora, a chiedersi se il nobile scopo che si era prefisso giustificasse tutto quel dolore.
Gli erano già stati inflitti un intero album dei Contropotere e una scelta del meglio dei Wretched.
Sensi, che Dio lo perdonasse, iniziava a sperare che i vicini si lamentassero. Ma, tanto, si era già visto che Dio non esisteva.
«Potremmo ascoltare un po’ di Crass, ora» propose, in quel momento, Aurora. Sembrava felicissima di averlo lì. La coinquilina, chiaramente, aveva pensato bene di tornarsene a Rovigo per il week-end. Dato che era mercoledì sera, doveva essere un week-end lungo.
«Ma certo. Perché insistere con i soliti tre slogan in una lingua sola? Vediamo come suonano in inglese» ribatté Sensi, stancamente.
Aurora sembrò presa da un dubbio. «Oh. Forse ti dà fastidio che se la prendano con gli sbirri?».
«No» sospirò Sensi. «Mi dà fastidio che se la prendano con questo sbirro. Chiarito che il potere è il male, il governo è il male, la tv è il male, la polizia è il male, la coca-cola è il male e così via, mi chiedo perché sia necessario continuare a ripeterlo a oltranza, ma, ehi, non è la monotonia a uccidermi. Io amo la musica monotona. Solo che questa fa cagare».
Ecco, adesso l’aveva detto e poteva dire addio al suo Nobile Scopo.
Aurora, infatti, incrociò le braccia con aria bellicosa. «Scusa, tu non credi che la musica dovrebbe avere un’utilità sociale?» chiese, un po’ impettita.
«No» rispose Sensi, molto francamente. Iniziò ad alzarsi.
L’altra aprì la bocca, oltraggiata.
«Allora davvero eri al May Day per fare rapporto o, non so, reprimere la libertà di pensiero o...» iniziò, in tono sostenuto.
Sensi si mise a ridere. «Ero al May Day per accompagnare un mio amico a vedere quello schifo di gruppo brutal-death. Ti sei fatta un’idea sbagliata, su di me. Se fossi stato lì per fare rapporto o, cosa ancora più impegnativa, reprimere la libertà di pensiero, col cazzo che avrei resistito fino alle tre di notte. Avrei fatto quello che faccio sempre quando c’è da lavorare, ossia me la sarei squagliata. E poi, io sono il commissario della squadra mobile. Con me sono al sicuro anche i ladri e gli assassini, figurati i liberi pensatori».
Aurora annaspò. «Cioè... non ti importa niente?».
Sensi fece un gesto vago nell’aria. «Mi importa che Riccardo l’Uomo dei Kleenex non si masturbi davanti al tuo spioncino, anche se ammetto che non è proprio il primo dei miei pensieri. Mi importa che non ti uccidano, anche se non credo che sia molto probabile. Detto questo, se continui a obbligarmi ad ascoltare queste schifezze hardcore probabilmente ti ucciderò io e sarà stata fatica sprecata».
«Ma ti ho detto che ti invitavo a una serata hardcore casalinga!».
«Mi chiedo se tu abbia mai proposto la stessa cosa anche a Riccardo l’Uomo dei Kleenex... perché potrei cominciare a capirlo».
Sensi andò alla finestra e guardò fuori. Lo stalker era ancora lì.
Aprì la finestra e si sporse.
«Riccardo!» gridò. «Ti ha mai proposto una serata hardcore casalinga?».
Lo stalker, preso alla sprovvista, fece un mezzo salto indietro. Poi alzò lo sguardo verso la finestra. Uno sguardo pieno di rancore. «Sì!» rispose.
«Lo sapevi che il punk hardcore è un genere musicale, sì?».
«L’ho scoperto!» ringhiò l’altro. «Che cosa ci fai tu lì? Chi sei? Aurora sta bene?» aggiunse, poi, con la voce che saliva di tono.
Sensi richiuse la finestra. «All right. È uno stalker vero» le comunicò. «Paranoico e tutto quanto. E la musica hardcore gli fa schifo, a conferma che anche le persone peggiori hanno qualcosa di buono».
Aurora, palesemente agitata, faceva avanti e indietro per la stanza.
«Forse non capisci che sto per impazzire» gli disse, mordicchiandosi un dito quasi a sangue. «È sempre lì, fintamente premuroso! E tu non sei molto meglio. Secondo te, gli avrei proposto una serata di sesso estremo e ora lui sarebbe solo incazzato perché è andato in bianco? Ma sei scemo?».
Sensi sollevò le mani in segno di resa.
«Ci sono andata a letto... normalmente a letto, ed è stato il peggior errore della mia vita!» strillò l’altra, che non aveva ancora finito. «Credi che sia stato bello beccarmi le sue telefonate in cui mi spiegava che me lo vuole mettere nel culo?».
Sensi, sempre con le mani alzate, ebbe il buon gusto di sentirsi vagamente in colpa.
«Credi che sia bello trovarmi i suoi disgustosi fazzolettini dappertutto?» aggiunse Aurora. «Credi che sia bello starmene qua sapendo che lui è lì sotto?».
«Ehm. No, non dev’essere bello» ammise Sensi, un po’ a disagio. Il suo Nobile Scopo si era completamente vaporizzato.
«E allora? Non vuoi ascoltare la musica che piace e me? Bene! Non vuoi restare, dato che non ho intenzione di farti uno spogliarello? Benissimo! Magari è anche meglio!».
Ormai piuttosto mortificato, Sensi decise di ricorrere al rimedio più estremo che conoscesse.
«Mi. Dispiace» scandì, senza abbassare le mani. «Scusa».
Aurora socchiuse gli occhi, sospettosa. Era chiaro che avrebbe voluto continuare un altro po’.
«Ah, ti dispiace?» provò a ritorcere, ma aveva ormai perso lo slancio.
Sensi sospirò e abbassò le mani. «Sì, mi dispiace. Non vado molto forte, nell’empatizzare con le vittime. E la cura a base di slogan anti-tutto non ha migliorato il mio umore. Ma hai ragione tu e ho torto io. Solo che non so proprio che cosa farci. Non posso scendere e riempire quel tizio di botte, lo capisci?».
Il che era solo parzialmente vero. Una parte di sé si sarebbe divertita da matti, a riempirlo di botte. Sensi, piuttosto, non voleva.
L’altra tirò su con il naso, ora più calma. «Sì, lo capisco. Ma che cosa dovrei fare, allora?».
«Non lo...» iniziò Sensi, ma si interruppe.
Guardò la finestra, poi guardò il lampadario.
«Potremmo giocare alle ombre cinesi» disse.
E, in risposta allo sguardo perplesso dell’altra, aggiunse: «Certo, dovrai affrontare le spese per una porta nuova».

Continua...

1 commento:

paolo raffaelli ha detto...

Ombre cinesi. Eheheheh...