sabato 8 dicembre 2012

Make Your Own Ad 2012

Avete avuto la playlist, avete avuto il racconto nuovo... insomma, non si può dire che questo Natale non siate stati serviti e riveriti. Avreste voluto anche il contest di illustrazioni. Anzi, qualcuno ha anche avuto la faccia tosta di lamentarsi pubblicamente per questa -aehm- inefficienza da parte mia.
Ora, sul contest di illustrazioni non mi incastrerete. Siamo seri. Io conosco i disegnatori. Sono persone meravigliose e tutto quanto. Persone altruiste e piene di voglia di fare, davvero.
C'è solo una cosa che non devi chiedere mai a un disegnatore: disegnare.
Quindi, potete anche accusarmi di essere sospettosa, ma io so che il contest produrrebbe, nella migliore delle ipotesi, qualche svogliata pin-up riciclata e un paio di schizzi affrettati camuffati da Grandi Opere Artistiche con un effetto di Photoshop (o, addirittura, di Instagram).
No, davvero. Non facciamoci del male. Non ce la possono fare, poveretti.

C'è, quindi, qualcosa che possiamo fare per movimentare il perioso pre-natalizio?
Be', sì. Date un'occhiata alle "pubblicità" qua sotto.

Fatto?
Ora, potete suggerire gli slogan per le prossime. Potete farlo nei commenti, qua, o sulla pagina Facebook dei libri.
Uniche regole: nello slogan deve comparire il Natale e il titolo Satanisti perbene.
Le migliori (a mio insindacabile giudizio - questa non è una democrazia) diventeranno pubblicità come quelle sopra.
Se poi vi sentite particolarmente autarchici, potete anche creare direttamente la vostra pubblicità, utilizzando le fotografie che meglio preferite e la copertina del libro che vi metto qua sotto "aperta".
Potete caricare le vostre foto direttamente sulla pagina Facebook o su uno spazio web di vostra scelta, inserendo poi il link nei commenti qua sotto.
Enjoy.

martedì 4 dicembre 2012

Comunicazione di servizio

Il nuovo racconto con protagonista Sensi, Hardcore, è stato inserito nella sezione Free e-books, qua sopra. Lo trovate in formato PDF e EPUB.

Hardcore - 7


Mentre aspettavano che arrivassero la pattuglia e l’ambulanza, Sensi si accovacciò di nuovo accanto allo stalker. «Riccardo?» lo chiamò, scuotendolo per una spalla.
L’altro emise una sorta di lamento.
«Riccardo, sei dei nostri?».
«Oh... che cazzo...?».
«Ti sei preso una padellata in testa».
Riccardo provò a muoversi, emise un altro lamento e si accorse di avere le mani legate. «Che diavolo...»
«Ti ho dovuto bloccare. Hai buttato giù una porta. Eri una furia».
«Ma... che cazzo... dov’è Aurora?».
Sensi fece un gesto con la testa. «Di là. Sta bene. Nessuno le ha fatto niente. Ma proprio niente di niente. Senti, sono il commissario Ermanno Sensi, della squadra mobile. Sei in arresto».
L’altro sbatté lentamente le palpebre. Aveva degli occhi chiari, chiarissimi, e delle sopracciglia folte che gli davano un’aria quasi infantile. «Sei... un poliziotto?».
Sensi annuì. «Aurora mi ha chiamato perché le stavi facendo paura. Sta arrivando un’ambulanza. Ti daranno un’occhiata alla testa».
«Non sono pazzo» replicò l’altro.
Sensi sorrise appena. «Questo non lo so, ma intendevo dire che daranno un’occhiata al bernoccolo che ti ho fatto con quella padella. Vuoi sederti?».
Riccardo fece cenno di sì. Sensi lo aiutò a mettersi seduto, con le mani legate dietro e la schiena contro il muro.
«È solo una puttana...» borbottò lo stalker.
Sensi stava per spiegargli che l’avevano provocato per vedere che cosa succedeva, ma decise di non farlo. Magari era meglio che lui pensasse che era una puttana. Magari l’avrebbe lasciata perdere.
Il problema con quelli come lui era che la legge poteva fare ben poco, finché loro non facevano qualcosa di davvero irreparabile. Le vittime perdevano sempre.
Si alzò e lo lasciò lì, in corridoio, legato.
 -
Più tardi, dovette sorbirsi anche un decotto di betulla. Dopo tutto quello che era successo, rifiutare sembrava inutilmente crudele.
Riccardo Manna era stato portato via in ambulanza. Alla fine, aveva deciso che preferiva il reparto psichiatrico a una cella.
«Pensi che lo terranno dentro per un bel pezzo?» chiese Aurora.
Sensi si strinse nelle spalle. «Per un bel pezzo non credo. Però vedremo di ottenere la carcerazione preventiva. Potrebbe reiterare il reato. Oppure potrebbe finire in qualche istituto per malati mentali. Non so. Immagino che dipenda dal suo avvocato, quando ne avrà uno».
«Ho paura, Ermanno» disse lei, prendendogli una mano.
Lui sorrise appena. «Be’, mi sembra giusto. Sei senza porta».
Sorrise anche lei. «Già... adesso chi lo sente, il padrone di casa». Tornò seria. «Ho paura davvero. Lo so che è stupido. Riccardo l’avete arrestato e tutto, ma...».
«No, non è stupido. Lo capisco. Se hai un’asse e qualche chiodo, posso provare a inchiodarti quella porta. Come carpentiere faccio schifo, però».
«Potresti fermarti» disse lei.
Sensi ci pensò un attimo. Non che il suo nobile intento si fosse volatilizzato del tutto, come aveva creduto in un primo momento, ma si rese conto che non poteva.
«Vedi, c’è un momento aureo» spiegò. «Quando non sei proprio sobrio, ma neanche del tutto sbronzo. Quando le cose vengono facili ed è tutto divertente. Questo non è uno di quei momenti».
Lei scosse la testa. «Decisamente no. Niente serata hardcore, quindi. dopo tutto».
Sensi guardò fuori dalla finestra della cucina. Il cielo iniziava a essere grigio. Il sole porterà via la paura, si disse. Be’, magari non proprio il sole. Erano alla Spezia.
«Lo sai, mi piace solo la musica triste» disse, alzandosi.
Scese le scale lentamente e, altrettanto lentamente, andò verso la sua macchina, che era ancora parcheggiata in divieto.
Un Dio misericordioso aveva impedito che gli facessero la multa. Quello, e il cartellino delle forze dell’ordine.
Si mise al volante senza accendere e tirò fuori il cellulare.
A un oceano di distanza, il telefono di Carmel era staccato.

Fine.

lunedì 3 dicembre 2012

Hardcore - 6

Si erano avvinghiati, finendo proprio davanti alle tende. Abbastanza vicini, sperava Sensi, da far sì che la loro silhouette si stagliasse contro la finestra e si vedesse dalla strada.
Aurora si mise in ginocchio sul cuscino che aveva previdentemente piazzato per terra e iniziò a mimare un rapporto orale. Sensi le appoggiò una mano sulla testa, una cosa che, di norma, non faceva.
«Dovremmo metterci un po’ di audio» mormorò.
«Sto già per morire di vergogna. E poi, di logica, l’audio dovresti mettercelo tu».
«Anche questo è vero» ammise lui. Non molto convinto, cominciò a gemere per finta, prima a un volume normale, poi ad alta voce.
«Quanto può durare un pompino?» disse lei, in una pausa.
«Non lo so. Di solito non ci fai caso. Sono meno di cinque minuti, però».
«Oh, Cristo. Ricomincia a gemere. Qualcuno potrebbe non averti sentito».
«Grazie per il supporto, eh? Volevo capire se l’uomo dei kleenex diceva qualcosa».
Rimasero in ascolto per qualche secondo. Apparentemente no. Forse si godeva lo spettacolo e basta.
«Forse bisogna farlo incazzare di più» disse Aurora, continuando diligentemente a fare su e giù con la testa.
Sensi ci pensò un attimo. «Oookey» mormorò. Riprese a gemere più forte e aggiunse un paio di commenti sulla falsa riga del “ciucciamelo, puttana”, che era un po’ un classico del genere.
«Non sei tanto scurrile» gli fece notare Aurora, sottovoce.
«“Ingoiamelo fino alle palle” andrebbe meglio?»
«Forse».
Sensi sospirò. «Oookey» ripeté, e provò la sua nuova squallida battuta.
Rimase in ascolto per qualche secondo. «No, senti, non sta funzionando. Forse l’effetto ombre cinesi non è venuto bene. Facciamo in un altro modo».
La sollevò per le ascelle e la appiccicò contro la finestra, sopra alla tenda. Aurora appoggiò le mani all’altezza della propria testa e una guancia contro la tenda. Sensi appoggiò le mani accanto alle sue.
«Sogna il sesso anale? Ti informo che stiamo facendo sesso anale. Sarà meglio che tu dia il tuo contributo, adesso».
«Oh, cavolo... ma che cosa dovrei dire?».
«Se non lo sai tu. La fronte. Appoggia la fronte contro il vetro. Contro la tenda. Hai capito. E ora prova con il classico “oh, sì, bravo, lì”».
A onor del vero, Aurora era molto più portata per la recitazione di Sensi. Iniziò a fare dei suoni piuttosto credibili e aggiunse una serie di frasi ad hoc che rendevano tutto il pathos della situazione.
Sensi iniziò a ridacchiare sotto voce. «Ma davvero? Cioè, “sfondami”? Così, al primo appuntamento?».
«E stai zitto».
«No, ma figurati. Lascia che io contribuisca». E Sensi ricominciò a gemere.
Finalmente, dalla strada proruppe un grido, tra il rabbioso e il preoccupato. «Aurora!».
«Dai che ci siamo. Propongo di aspettare un altro po’, prima di venire. Non si sa mai. Potrebbe scappare e basta».
«In un certo senso lo preferirei».
«In un certo senso lo preferirei anch’io. È un poveraccio, sai. Forse pericoloso, ma pur sempre un poveraccio. Oh, tesoro, ce l’hai stretto come un laccio emostatico!».
«Visto che puoi essere fantasioso, se vuoi?».
«Un collegamento d’idee».
Lo stalker, nel frattempo, stava dando in escandescenze. Aveva preso a calci qualcosa, a giudicare dal rumore.
«Oh, sì, sei un animale, ti amo!» gridò lei.
«Mi fai venire i brividi» commentò Sensi. Sentì il rumore del portone che sbatteva. Sbirciò fuori dalla finestra. Riccardo non c’era più.
Si allontanò dalla tenda e prese la padella per il manico.
«Non sembra molto pericolosa» commentò Aurora, tesa.
«Ho un coltello in tasca, ma preferirei non usarlo» disse Sensi. Evitò di dire che aveva anche una pistola, nella sua fondina, sotto alla felpa, sul letto. Mettere una donna incazzata e una pistola nella stessa stanza era abbastanza pericoloso anche senza che la donna sapesse che la pistola c’era.
Si spostò verso il corridoio.
«Facciamo un altro po’ di rumore» sussurrò.
Aurora iniziò a gemere. In altre circostanze, avrebbe potuto essere stuzzicante. Vederla lì, bianca di paura, appoggiata allo stipite della porta, non lo era.
«Aurora, apri! Che cazzo ti stanno facendo? Che cazzo stai facendo, troia?».
Aurora si azzittì e rimase, se possibile, ancora più ferma, come congelata.
Sensi impugnò meglio la padella e si avvicinò alla porta d’ingresso.
«Vattene!» strillò Aurora e quello era esattamente quello che voleva, non era una recita.
«Aprimi, cazzo! Ti hanno sentita tutti!».
«Non sono affari tuoi! Devi lasciarmi in pace!».
«Puttana maledetta... con me non volevi e con questo stronzo sì? Te ne pentirai!».
Si sentì un colpo sulla porta. Un battente tremò.
«Vattene! Che cosa stai facendo?»
«Adesso ti faccio vedere io...»
Un altro colpo, più forte. Sensi fece segno ad Aurora di stare indietro. Si sgranchì i muscoli del collo. Dentro di lui, Astarotte si svegliò e si stiracchiò, soddisfatto.
Non è roba per te, gli disse Sensi.
Non si sa mai, sogghignò l’altro.
Aurora, avvertì, improvvisamente, un vago odore di fiammifero sfregato. Forse era il legno della porta, forse...
Si sentì uno schianto e un pannello cedette.
Sensi vide una mano maschile introdursi nello squarcio e cercare a tentoni la serratura, come in film horror di serie z. Così, dopo tutto, Riccardo l’aveva fatto.
Era onesto, quello che si proponeva Sensi? Be’, no. Probabilmente quel tizio non sarebbe mai esploso, da solo. Il commissario, con gli occhi rossi come sangue, sogghignò. Poteva conviverci.
La mano riuscì a sbloccare la serratura e la porta si spalancò. Riccardo l’Uomo dei Kleenex si catapultò all’interno come un ossesso.
Sensi lasciò che facesse qualche passo, sereno come un bracconiere che ha inquadrato un cervo.
Poi lo colpì di piatto con la padella.
Si sentì un suono cupo, come quello di una campana fessa.
Riccardo l’Uomo dei Kleenex andò al tappeto.
«Oh, Dio... oh, mio Dio...» gemeva Aurora, piangendo.
Sensi si inginocchiò accanto al corpo dell’altro e si assicurò che fosse solo tramortito. Si sfilò il cellulare dalla tasca dei pantaloni.
«Mi servirebbe qualcosa per legargli le mani» disse, componendo un numero. «Qualcosa di morbido. Di spugna, magari».
Si portò il cellulare all’orecchio. «Max? Ho qua un tizio che ha sfondato una porta e ha cercato di introdursi con la forza nella casa di una persona. L’ho un pochino tramortito. Puoi mandare una volante e un’ambulanza?».
Rimase in ascolto qualche secondo, poi diede l’indirizzo dell’appartamento in cui era.
Aurora, sulla porta della sua stanza, piangeva e tremava. Gli stava porgendo un asciugamano, senza avvicinarsi troppo.
Sensi lo prese e legò i polsi dello stalker.
Si rialzò e andò a rimettersi la maglietta, la fondina e la felpa.
«Avevi una pistola» disse Aurora, con voce sottile.
Sensi sorrise lievemente. «È il momento giusto per dirmi che sei contraria alle armi da fuoco».
Sorrise anche lei. «Be’, lo sono».
Il commissario arricciò il naso. «Lo so. Sei contraria a tutto».

Continua...

domenica 2 dicembre 2012

Hardcore - 5


Sensi aveva pianificato la situazione con la massima cura. Il che significava che, probabilmente, non aveva tenuto conto di un mare di dettagli e che il piano non avrebbe funzionato in ogni caso.
Comunque, Sensi aveva pianificato. Aveva controllato la porta dell’appartamento e si era accertato che fosse sufficientemente vecchia, sufficientemente fragile e con una serratura sufficientemente inutile.
Dato che era un appartamento in affitto di fascia medio-bassa, fu fortunato. Quella porta non avrebbe tenuto fuori neanche un bambino di dieci anni.
«Ok, adesso tu vai alla finestra e chiedi per l’ennesima volta a quel tizio di andarsene. Digli che hai bisogno di un po’ di privacy. Usa proprio queste parole. Poi socchiudi la finestra e tiri la tenda».
Aurora era piuttosto titubante, ma dato che si era già dichiarata d’accordo con il piano di Sensi, cercò di eseguire.
Andò alla finestra e provò a convincere lo stalker ad andarsene.
Lui replicò che l’amava, la desiderava e avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei.
Mentre l’altro era distratto, Sensi aprì la serratura del portone.
Aurora si infervorò e coprì il corteggiatore indesiderato d’insulti. Anche quello, pensò Sensi, andava benissimo. Rientrò nella stanza e le fece segno di tirare le tende. Aurora lo fece, con un gesto brusco.
All’esterno continuavano a risuonare le dichiarazioni d’amore dell’altro.
Sensi passò in cucina e, senza accendere la luce, prese una grossa padella con il fondo di acciaio inox dalla rastrelliera. Tornò in camera e la lasciò sul letto, a portata di mano.
«Ok. Pronta?» disse, a voce bassa.
«Insomma. I vicini penseranno che...»
«I vicini sono il male del secolo» la interruppe lui. «Sei contro a tutto, non puoi essere anche contro i vicini?».
Lei sorrise e scosse la testa. «Ok» finì per dire.
Sensi si sfilò la felpa e la maglietta e li buttò sul letto, ma non sopra alla padella.
«Che cavolo è quel segno? Un pentacolo?» chiese lei, guardandolo.
«Yep. Be’, un sigillo. Ho avuto anch’io una specie di stalker. Senti, se vedi che sto per mettermi a ridere dammi un pugno su un piede. Forte».
Aurora si strinse nelle spalle. Prese il cuscino dal letto e Sensi le lanciò un’occhiata perplessa.
«Comodità» spiegò lei.
Lanciò il cuscino sotto alla finestra. «Ok, pronta».
«Togliti la felpa, è meglio» disse Sensi.
Lei se la sfilò insieme alla maglietta, restando in canottiera.
Sensi ridacchiò e scosse la testa. «Diamo ai vicini un tipo di intrattenimento hardcore a cui non sono abituati».

Continua...

sabato 1 dicembre 2012

Hardcore - 4


Aurora l’aveva richiamato quella sera stessa.
«È qua sotto» aveva detto. «Di nuovo».
Erano le sette e mezza, fuori piovigginava e Sensi si era illuso di poter ordinare una pizza e passare la serata ascoltando musica, con la Vettori che batteva sul soffitto con la scopa, da migliore tradizione.
Però si era anche ricordato del suo Nobile Scopo, quindi aveva cercato di dimostrarsi accomodante.
«Capisco» aveva detto. «Che cosa posso fare, dato che arrestarlo non posso?».
La legge contro lo stalking era una legge nuova, ma questo non la rendeva meno inutile delle leggi vecchie. Prima dovevi provare che un tizio ti perseguitava, poi lui poteva tranquillamente ignorare l’ordinanza restrittiva, dato che nessuna questura poteva permettersi di mettere un piantone a protezione di una vittima di stalking ventiquattr’ore al giorno.
Per lo più, le vittime dovevano ingegnarsi da sole. Alcune finivano per cambiare casa, lavoro, città. Altre avevano degli amici compiacenti, che menavano lo stalker finché non cambiava idea. Altre sopportavano. Qualcuna, infine, finiva nelle statistiche.
«Che ne dici di venire a cena? Ti propongo una seratina hardcore» aveva detto lei.
Sensi, per circa mezzo secondo, si era illuso che un Dio, dopo tutto, esistesse. Sul Diavolo aveva buone speranze, ma del vecchio Yahweh non aveva mai visto traccia. Subito dopo aveva capito che non solo Dio non esisteva ma che, se esisteva, ce l’aveva con lui.
«Wow» aveva detto, piatto.
Naturalmente, una seratina di punk hardcore non gli sorrideva per niente, ma, in un angolo ottimista del suo cervello, c’era ancora la speranza che Aurora intendesse del sano porno hardcore. Non ci credeva neanche lui, ma, comunque, non poteva lavarsi del tutto le mani del problema “stalker”.
Il tizio sembrava piuttosto innocuo, ma non si poteva mai sapere.
Aveva finito per mettersi il giaccone e accorrere in difesa della fanciulla in pericolo, consapevole del fatto che presto quello in pericolo sarebbe stato lui.
Quaranta minuti più tardi, dopo aver mangiato una cosa chiamata “cannelloni vegani”, aveva avuto la conferma dei suoi peggiori sospetti.
 -
Così, ora Sensi era lì, seduto sul pavimento della camera di Aurora, a chiedersi se il nobile scopo che si era prefisso giustificasse tutto quel dolore.
Gli erano già stati inflitti un intero album dei Contropotere e una scelta del meglio dei Wretched.
Sensi, che Dio lo perdonasse, iniziava a sperare che i vicini si lamentassero. Ma, tanto, si era già visto che Dio non esisteva.
«Potremmo ascoltare un po’ di Crass, ora» propose, in quel momento, Aurora. Sembrava felicissima di averlo lì. La coinquilina, chiaramente, aveva pensato bene di tornarsene a Rovigo per il week-end. Dato che era mercoledì sera, doveva essere un week-end lungo.
«Ma certo. Perché insistere con i soliti tre slogan in una lingua sola? Vediamo come suonano in inglese» ribatté Sensi, stancamente.
Aurora sembrò presa da un dubbio. «Oh. Forse ti dà fastidio che se la prendano con gli sbirri?».
«No» sospirò Sensi. «Mi dà fastidio che se la prendano con questo sbirro. Chiarito che il potere è il male, il governo è il male, la tv è il male, la polizia è il male, la coca-cola è il male e così via, mi chiedo perché sia necessario continuare a ripeterlo a oltranza, ma, ehi, non è la monotonia a uccidermi. Io amo la musica monotona. Solo che questa fa cagare».
Ecco, adesso l’aveva detto e poteva dire addio al suo Nobile Scopo.
Aurora, infatti, incrociò le braccia con aria bellicosa. «Scusa, tu non credi che la musica dovrebbe avere un’utilità sociale?» chiese, un po’ impettita.
«No» rispose Sensi, molto francamente. Iniziò ad alzarsi.
L’altra aprì la bocca, oltraggiata.
«Allora davvero eri al May Day per fare rapporto o, non so, reprimere la libertà di pensiero o...» iniziò, in tono sostenuto.
Sensi si mise a ridere. «Ero al May Day per accompagnare un mio amico a vedere quello schifo di gruppo brutal-death. Ti sei fatta un’idea sbagliata, su di me. Se fossi stato lì per fare rapporto o, cosa ancora più impegnativa, reprimere la libertà di pensiero, col cazzo che avrei resistito fino alle tre di notte. Avrei fatto quello che faccio sempre quando c’è da lavorare, ossia me la sarei squagliata. E poi, io sono il commissario della squadra mobile. Con me sono al sicuro anche i ladri e gli assassini, figurati i liberi pensatori».
Aurora annaspò. «Cioè... non ti importa niente?».
Sensi fece un gesto vago nell’aria. «Mi importa che Riccardo l’Uomo dei Kleenex non si masturbi davanti al tuo spioncino, anche se ammetto che non è proprio il primo dei miei pensieri. Mi importa che non ti uccidano, anche se non credo che sia molto probabile. Detto questo, se continui a obbligarmi ad ascoltare queste schifezze hardcore probabilmente ti ucciderò io e sarà stata fatica sprecata».
«Ma ti ho detto che ti invitavo a una serata hardcore casalinga!».
«Mi chiedo se tu abbia mai proposto la stessa cosa anche a Riccardo l’Uomo dei Kleenex... perché potrei cominciare a capirlo».
Sensi andò alla finestra e guardò fuori. Lo stalker era ancora lì.
Aprì la finestra e si sporse.
«Riccardo!» gridò. «Ti ha mai proposto una serata hardcore casalinga?».
Lo stalker, preso alla sprovvista, fece un mezzo salto indietro. Poi alzò lo sguardo verso la finestra. Uno sguardo pieno di rancore. «Sì!» rispose.
«Lo sapevi che il punk hardcore è un genere musicale, sì?».
«L’ho scoperto!» ringhiò l’altro. «Che cosa ci fai tu lì? Chi sei? Aurora sta bene?» aggiunse, poi, con la voce che saliva di tono.
Sensi richiuse la finestra. «All right. È uno stalker vero» le comunicò. «Paranoico e tutto quanto. E la musica hardcore gli fa schifo, a conferma che anche le persone peggiori hanno qualcosa di buono».
Aurora, palesemente agitata, faceva avanti e indietro per la stanza.
«Forse non capisci che sto per impazzire» gli disse, mordicchiandosi un dito quasi a sangue. «È sempre lì, fintamente premuroso! E tu non sei molto meglio. Secondo te, gli avrei proposto una serata di sesso estremo e ora lui sarebbe solo incazzato perché è andato in bianco? Ma sei scemo?».
Sensi sollevò le mani in segno di resa.
«Ci sono andata a letto... normalmente a letto, ed è stato il peggior errore della mia vita!» strillò l’altra, che non aveva ancora finito. «Credi che sia stato bello beccarmi le sue telefonate in cui mi spiegava che me lo vuole mettere nel culo?».
Sensi, sempre con le mani alzate, ebbe il buon gusto di sentirsi vagamente in colpa.
«Credi che sia bello trovarmi i suoi disgustosi fazzolettini dappertutto?» aggiunse Aurora. «Credi che sia bello starmene qua sapendo che lui è lì sotto?».
«Ehm. No, non dev’essere bello» ammise Sensi, un po’ a disagio. Il suo Nobile Scopo si era completamente vaporizzato.
«E allora? Non vuoi ascoltare la musica che piace e me? Bene! Non vuoi restare, dato che non ho intenzione di farti uno spogliarello? Benissimo! Magari è anche meglio!».
Ormai piuttosto mortificato, Sensi decise di ricorrere al rimedio più estremo che conoscesse.
«Mi. Dispiace» scandì, senza abbassare le mani. «Scusa».
Aurora socchiuse gli occhi, sospettosa. Era chiaro che avrebbe voluto continuare un altro po’.
«Ah, ti dispiace?» provò a ritorcere, ma aveva ormai perso lo slancio.
Sensi sospirò e abbassò le mani. «Sì, mi dispiace. Non vado molto forte, nell’empatizzare con le vittime. E la cura a base di slogan anti-tutto non ha migliorato il mio umore. Ma hai ragione tu e ho torto io. Solo che non so proprio che cosa farci. Non posso scendere e riempire quel tizio di botte, lo capisci?».
Il che era solo parzialmente vero. Una parte di sé si sarebbe divertita da matti, a riempirlo di botte. Sensi, piuttosto, non voleva.
L’altra tirò su con il naso, ora più calma. «Sì, lo capisco. Ma che cosa dovrei fare, allora?».
«Non lo...» iniziò Sensi, ma si interruppe.
Guardò la finestra, poi guardò il lampadario.
«Potremmo giocare alle ombre cinesi» disse.
E, in risposta allo sguardo perplesso dell’altra, aggiunse: «Certo, dovrai affrontare le spese per una porta nuova».

Continua...