giovedì 29 novembre 2012

Hardcore - 2


Quello era stato l’inizio della catena di avvenimenti che l’avrebbero portato a ritrovarsi seduto per terra nella camera di Aurora, con un nobile scopo in veloce via di dissolvimento, preoccupato per se stesso e per il resto della razza umana e con buona parte della mente occupata da un muto grido di dolore.
Dopo aver mandato l’inutile sms alla sua amica – Sensi si era chiesto se fosse quella che stava vomitando o quella che se ne stava fregando – Aurora aveva portato Sensi fino al suo scooter, che era parcheggiato poco distante dalla lattina di acciughe del May Day.
«Magari guido io» aveva proposto il commissario.
«Non sono sbronza» aveva replicato l’altra.
Sensi aveva inarcato le sopracciglia. «Hai appena mandato un sms di sicurezza alla tua amica con sopra un nome che potrebbe non essere il mio. Voglio dire, se avessi avuto intenzione di rapirti e seviziarti non ti avrei detto il mio vero nome. Ma sei sicurissima di non essere sbronza, giusto?».
Sulla fronte dell’altra era comparsa una ruga. Esattamente in quel momento il Nobile Scopo aveva iniziato a formarsi nella mente di Sensi. Il Nobile Scopo era poi portarsela a letto.
Lo accantonò, pensando pragmaticamente che non avrebbe comunque potuto portarsela a letto, se prima si fossero schiantati in scooter. Quella faccenda di Crash con lui non aveva mai funzionato.
«Mi scocciava chiederti un documento, tipo sbirro. Però ora voglio vedere un documento. Poi puoi guidare tu» aveva asserito l’altra.
Sensi aveva tirato fuori il portafogli e le aveva mostrato il suo tesserino di riconoscimento. «Sento che questo renderà ancora più lungo tutto il procedimento, ma non ho dietro la carta d’identità» spiegò.
«Qua c’è scritto “commissario”» aveva detto, infatti, l’altra, strizzando gli occhi per leggere, nella luce incerta fuori dal centro sociale. Sensi aveva pensato troppo tardi che aveva anche una patente. Non sapeva dove, in quale tasca, ma ce l’aveva di sicuro. Erano anni che non la tirava fuori. La cosa bella di essere un poliziotto era che, se ti fermavano alla guida, il tesserino di riconoscimento era molto più utile della patente.
«Già. C’è scritto anche il mio nome, vedi?» aveva provato a tagliare corto. «Ermanno Sensi, come ti ho detto».
«Dovreste avere un numero di riconoscimento sull’elmetto, sai?» aveva replicato l’altra, non molto coerentemente.
«Sono d’accordo» aveva risposto Sensi. «Quando indossiamo un elmetto, naturalmente. Ora non lo indosso e, per la verità, non ce l’ho nemmeno, ma in linea di principio sono d’accordo. Ora andiamo?».
«Non devi fare la pipì?».
Sensi aveva sospirato. «Me la tengo. Torniamo alla civiltà, ok?».
A quel punto Aurora gli aveva dato le chiavi dello scooter e Sensi era salito davanti. Aurora si era infilata un casco e gli si era aggrappata alla vita.
Gli aveva dato indicazioni verso via Sarzana, quella via che Sensi conosceva ma di cui non ricordava il nome. Di lì in poi, era stato facile.
«Se ci fermano...» gli aveva gridato Aurora in un orecchio «...la multa la paghi tu!».
Sensi aveva sorriso lievemente. «Ma certo» aveva confermato. Se li avessero fermati, nessuno avrebbe pagato nessuna multa, almeno quello. Ma dato che Aurora aveva dimenticato di essere in scooter con un suo nemico naturale, non c’era motivo di ricordarglielo.
Sensi li aveva portati fino in città senza incidenti.
Era arrivato fin quasi in piazza Beverini prima che gli venisse un pensiero. «Dove abiti?» aveva chiesto, fermandosi.
«No, non hai capito!» aveva ribattuto l’altra, con espressione offesa. «Non sono così sbronza».
Sensi aveva sospirato per l’ennesima volta. «Sì che lo sei. Troppo sbronza per guidare. Ti porto sotto casa, o da quelle parti, poi torno a piedi».
Quantomeno, lei era sembrata pentita. «Ah» aveva detto. «Alla Chiappa, allora».
«Fantastico» aveva borbottato Sensi, rimettendo in moto. Tralasciando il fatto che la Chiappa era il quartiere con il nome più imbarazzante di tutti i tempi, era anche a mezz’ora da casa sua.
L’aveva portata fin lì, l’aveva aiutata a mettere la catena allo scooter e si era preparato a una scarpinata. Si era anche preparato a trovare uno spiazzo erboso in cui pisciare, dato che ormai stava per mettersi a saltellare.
«Puoi venire a fare la pipì, comunque» lo aveva preceduto l’altra.
Sensi l’aveva interpretato come un segno cosmico.
 *
Dopo la pipì, si erano fatti un’altra birra a testa, giusto per essere sicuri di produrne altra al più presto. Di pipì, non di birra.
Sensi aveva così scoperto che Aurora aveva vent’otto anni, era contro quasi tutto – ma non contro gli alcolici – lavorava in un call center, aveva uno stipendio ridicolo, una coinquilina, due genitori con cui non andava d’accordo, un diploma dell’alberghiero preso per il rotto della cuffia e un tatuaggio a forma di saetta su una spalla.
La cosa del tatuaggio l’aveva scoperta quasi subito, dato che Aurora si era sfilata il giaccone pesante e due o tre strati di maglioni per restare in canottiera. Il Nobile Scopo si era rafforzato nel cervello di Sensi, ma lei stava diventando troppo sbronza per qualsiasi tipo di attività sessuale, a meno di considerare sexy qualcuno che vomita in un cesso.
Così Sensi si era limitato a scolarsi una birra e a lasciarle il suo numero di telefono.
Sensi credeva tantissimo nel sesso da alticci. Sensi aveva l’equivalente di una laurea nella somministrazione di drink alcolici nella Giusta Quantità. La Giusta Quantità, secondo il commissario, era quella necessaria al raggiungimento di quello stato aureo in cui l’idea di finire a letto con un gotico scorbutico e palesemente inaffidabile alle donne non sembrava più una completa stronzata, ma in cui erano ancora in grado di distinguerne la faccia dalle chiappe. Quello stato aureo in cui, dopo il sesso, le donne dormivano e non parlavano e in cui, durante il sesso, dimenticavano di essere moralmente avverse a un certo numero di pratiche che normalmente non avrebbero approvato.
Quello stato aureo, infine, in cui neanche a Sensi veniva voglia di fare troppo il difficile sul numero di cose, animali e piante cui le sue partner erano contrarie. Anche se bisognava ammettere che anche normalmente non se ne faceva turbare più di tanto.
In ogni caso, quella sera Sensi con la seconda birra era arrivato molto vicino a quello stato, mentre Aurora l’aveva già passato da almeno due drink.
Così aveva lasciato il suo numero e portato via il suo corpo, finendo per dimenticare il suo Nobile Scopo qualche giorno più tardi.

Continua...

4 commenti:

Antar ha detto...

Ok, hai vinto.
Non che ci volesse molto, lo sai.
Ma con l'ultime righe mi hai messo definitivamente la scimmia.
E ora, come al solito, non vedo l'ora di leggere tutto il resto.

[BTW, non è che sono previti anche altri romanzi a breve eh?]

Susanna Raule ha detto...

Ahah, grazie Antar!
Il nuovo romanzo è previsto, ma non a brevissimo, perché devo ancora rivedere l'ultima bozza.

Alessia ha detto...

Io sono disposta a dare una mano.... tutto pur di leggere un altro bel romanzo di Sensi!!!

Susanna Raule ha detto...

No, ma davvero, fidatevi. Sono io che sono un po' indietro. Ma ora lo rivedo. E a Natale ne scrivo un altro. Ok?