martedì 8 novembre 2011

Pierrot - 9

Per le tematiche trattate, si consiglia la lettura a un pubblico adulto.

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Me ne rimasi tutto il giorno sul letto, molto impegnato a guarirmi. Ogni mezz’ora mi spalmavo di crema antibiotica alla calendula, il che mi dava un certo sollievo. Ma più di tutto mi dava sollievo che Liz se ne stesse fuori dalla mia vista, con quel suo corpo perfetto appena coperto dal vestito leggero che aveva indossato.

Quando mi portò da mangiare scappò subito via e io rimasi là, sdraiato a pancia in su a leggere.

Ora immagino che penserai che io avessi qualche disfunzione o perversione o chissà cosa. Non saprei cosa risponderti, onestamente, se non che le donne mi sono sempre piaciute, ma nessuna mi aveva mai fatto ribollire il sangue come questa.

Se mi avessero chiesto qual’era il mio più alto desiderio, in quel momento, avrei risposto senza esitazione che avrei voluto rimanere dentro di lei per sempre. Semplice.

Non era dignitoso, me ne rendevo conto. Era praticamente un handicap.

Dalla sera, per parlar franco, il mio arnese era guarito, più o meno, ma mi facevano male le palle a forza di fugaci erezioni e faticosi afflosciamenti.

A ogni modo il mal di palle me lo sarei tenuto ancora un po’.

La notte mi infilai sotto le lenzuola e provai ad addormentarmi, malgrado Liz che mi dormiva accanto e che, ti giuro, mi uccideva il sistema nervoso.

Credo che rimasi metà della nottata con un palo dolorosamente eretto tra le gambe e le mani incrociate sul petto per non cadere in tentazione.

La mattina successiva, col primo raggio del sole che illuminava uno spicchio della sua guancia, mollai il colpo e le saltai addosso.

Fu l’ennesimo smacco, ma mi fece sentire ugualmente meglio.

Non mi ricordo quante volte le venni dentro, che fosse la sua fica, il suo culo o la sua bocca. So solo che, semplicemente, non riuscivo a fermarmi.

Liz gemeva piano, sbattuta come un cencio, strizzata, palpata, morsa. Credo che non avesse mai lavorato così tanto in vita sua.

Le venni sulla faccia, sulle tette, sul culo e sulla fica. La montai mentre era a terra, in ginocchio, con le chiappe al vento e stesa su un lato. Le allargai le gambe fino a farla piangere e quando non ci riuscivo io la penetravo con tutto quello che trovavo.

Fu un assedio, una guerra di trincea, un lento e metodico torturarla, non ci sono altre parole per dirlo.

Le feci tutto quello che mi passava per il cervello, usandola come un pupazzo oscenamente bello, che rischiava di rompersi ogni volta.

Continuai finché non urlò pregandomi di smettere, e dopo continuai ancora, finché non mi sentii ogni osso rotto, finché non fui di nuovo spellato e sanguinante, davanti e dietro, anch’io.

E ti giuro che anche il maledetto John Holmes ne avrebbe avuto abbastanza a quel punto.

Avevo portato il sesso fino alla nausea, fino alla ripugnanza e oltre. Non c’era assolutamente più niente che potesse farmelo venire duro, nemmeno la bocca della Madonna.

Nel caos che era diventata la mia stanza da letto, mi addormentai con la bocca sopra al cuscino.

2 commenti:

Antar ha detto...

Stampate e lette tutte insieme dalla 3 alla 9, che a leggerle una a una fanno un po' troppo coitus interruptus.
Osa ci sono andato sotto pure col Pierrot e a te tocca iniziare una nuova saga.
Magari da portare su carta pure questa...

Susanna Raule ha detto...

hahahaha, grazie!