lunedì 9 agosto 2010

Quello che non sai - 9

Quella notte aveva fatto un sogno strano. Ci stava ancora pensando quando, la mattina dopo verso le undici, arrivò in questura. Durante la nottata aveva piovuto, così ora l’aria era calda e umida invece che semplicemente calda.

Nel sogno c’era una ragazza nuda legata su un catafalco, ma non era quella la parte strana. La parte strana erano le facce delle persone che le stavano attorno. Erano pixelate, come se facessero parte di una ripresa amatoriale. Solo le facce.

La voce di Mainardi lo riscosse dai suoi pensieri. “Capo, sei su internet.”

Sensi si voltò dalla sua parte. L’ispettore era sulla porta del suo ufficio e aveva un’aria speranzosa.

“Ah, sì?”

“Su You Tube. Uno dei ragazzini ha ripreso la scena. Si vede quando quello coi bermuda a scacchi le dà un pugno.”

“Fantastico. Ora mi mandi Tudini, per favore.”

Facce pixelate, pensò, andandosi a sedere dietro la sua scrivania. Non le avevano tutti?

Tudini arrivò pochi secondi più tardi, con una lattina di Red Bull in mano.

“Siediti, Max,” disse Sensi, aprendola. Tudini spostò per terra una pila di circolari interne e si accomodò sulla sedia che aveva appena liberato.

“Dimmi tutto quello che sai su Ignazio Bonanni.”

Tudini non sembrò stupito di quella domanda fatta di punto in bianco. Tudini non si stupiva facilmente. Invece chiese: “Vado a prendere il fascicolo?”

“Non lo conosci a memoria?”

“Effettivamente,” rispose Tudini, senza sorridere. “Comincio dall’inizio?”

“Dall’inizio,” confermò Sensi, sapendo già che se ne sarebbe pentito.

“Bonanni è nato a Spezia cinquantadue anni fa da Teresa e Camillo Bonanni. Ha un fratello, Marco, che…”

“Magari non proprio dall’inizio,” lo interruppe Sensi. “Diciamo dalle sue prime attività criminose.”

“Verso i quattordici anni è stato processato per furto. La sua casella giudiziaria è stata cancellata alla maggiore età e in seguito non è stato più arrestato.”

“Si è fatto qualche mese di carcere minorile?”

Tudini annuì. “Sì, all’epoca i giudici non erano gentili come oggi. È stato indagato più volte per furto, ricettazione, associazione a delinquere, illeciti edilizi e patrimoniali, banca rotta fraudolenta, corruzione…”

“Ho capito. Processi?”

“Uno, nel ’92. Assolto.”

“Sta in piazza Brin, giusto?”

“In un’ex casa popolare di via Torino. L’ha acquistata con un mutuo a tasso agevolato nel ’99.”

“È bello sapere che lo stato aiuta i cittadini meno abbienti,” commentò Sensi.

“Secondo le nostre valutazioni il suo patrimonio personale ammonta a circa due miliardi di euro.”

“Ma va in giro su una vecchia Punto, lo so.”

Tudini annuì. C’era una luce cupa nei suoi occhi solitamente bovini e Sensi decise di tagliare corto con i dettagli. “Hai degli informatori tra i suoi?” chiese.

Di nuovo, Tudini annuì. Sensi si interrogò silenziosamente sulla profondità del disprezzo del suo vice per quell’uomo. Bisognava essere davvero feccia umana per farsi detestare da Tudini.

“A che livello?” domandò.

“Strada, purtroppo. Bonanni è furbo.”

“Sei sicuro che i tuoi informatori non lavorino per lui?”

La mascella di Tudini si contrasse impercettibilmente. “No,” si limitò a dire.

Sensi sospirò. “Non farti illusioni, Max. Non lo prenderemo. Non per questa… cosa.”

“Non hai intenzione di spiegarti meglio, Ermanno?”

Sensi scosse la testa. “Se Bonanni avesse dei dvd, no? Dvd compromettenti di alcune persone in vista… dove li terrebbe? Dal suo avvocato?”

Tudini ci pensò per qualche secondo. “Non credo,” disse, alla fine. “Non si fida degli avvocati. Non si fida di nessuno, in realtà.”

“Neanche di sua madre?” sorrise Sensi.

“Sua madre ha l’alzheimer, è ricoverata a San Terenzo, in una clinica per anziani.”

“Quindi dove li terrebbe? In casa sua? In banca?”

“Bonanni non si fida delle banche,” fu la prevedibile risposta. “Crediamo che tenga la maggior parte del contante in diversi conti della Coop.”

“Chissà quanti buoni sconto,” commentò Sensi. “Com’è casa sua? Ci sei mai entrato?”

“Certo,” rispose Tudini, senza esitare. “Nel 2005, quando sono andato a prelevarlo per un interrogatorio. È un posto abbastanza comune. Cinque stanze, una tv al plasma enorme. La tv è l’unico dettaglio fuori posto, ma sai come l’ha comprata?”

“Con i punti della Coop?”

“Quasi. Con una rata triennale all’Euronics di Massa.”

Sensi, suo malgrado, sorrise.

“Una cassaforte?”

“Probabile,” annuì Tudini.

“Se avesse duplicato i dvd, no?” continuò Sensi. “Le copie, dove sarebbero?”

Tudini ci pensò per qualche secondo. “Il suo braccio destro è Rosario Ciccone. Potrebbero essere da lui.”

“Parente di Madonna?”

“No,” rispose Tudini, serissimo. “Ha una casa a Sarbia. Una bella villetta.”

“Fammi indovinare. Rosario è meno furbo di Bonanni.”

“L’abbiamo beccato nel 2003 per abuso edilizio. Si è preso la colpa senza fiatare, ha fatto un anno e mezzo ai domiciliari, è uscito in libertà vigilata, ha finito di scontare la pena quattro mesi fa.”

“E di lui Bonanni si fida,” ipotizzò Sensi.

“Relativamente. Bonanni non si fida…”

“…Di nessuno, ho capito. Ma se avesse una copia dei dvd…”

“…Potrebbero essere da Ciccone, sì. O dal suo avvocato.”

Sensi sospirò. “Perché Ciccone del suo avvocato si fida.”

“Gli ha fatto avere un bello sconto di pena,” spiegò Tudini.

2 commenti:

Luca Bonisoli ha detto...

Molto bello questo racconto! Promette decisamente bene! ^__^

Susanna Raule ha detto...

seguono INCREDIBILI RIVELAZIONI! (ormai ho preso 'sto tono da imbonitrice)