mercoledì 4 agosto 2010

Quello che non sai - 3

Apparentemente, quella era la serata “guida senza patente”, un’onorata tradizione spezzina. Prima di riuscire ad arrivare a Bellavista, Sensi fu costretto ad evitare un paio di incidenti mortali, diversi motorini che si erano lanciati come kamikaze sotto le sue ruote, un trasporto speciale che bloccava la strada e vari pedoni troppo ubriachi per preoccuparsi della propria sicurezza.

Finalmente si ricordò di avere un lampeggiante, lo applicò sul tetto della jeeep e riuscì a raggiungere la sua meta.

La famosa villa derubata era immersa nel buio. Probabilmente la vittima aveva pensato di andarsene a letto, visto che ormai erano le undici passate.

Si fermò davanti al cancello chiuso e caracollò fino al citofono. L’occhio continuava a fargli male, ma ora era anche leggermente gonfio.

Suonò al citofono e si piazzò davanti alla telecamera.

Dopo qualche secondo, sentì una voce femminile che chiedeva chi era.

“Sono il commissario Sensi, signora,” disse lui, mostrando il distintivo alla telecamera. Il monitor che in teoria avrebbe dovuto inquadrare la faccia di chi parlava al citofono era spento.

“Ha un occhio nero,” disse la voce.

“Lo so, signora. Sarebbe così gentile da farmi entrare ugualmente?”

Ci fu qualche minuto di silenzio. Sensi era pronto a risalire in macchina e andarsene in qualche locale goth fuori città, ovvero quello che voleva fare dall’inizio della serata, ma alla fine il cancello si aprì.

La villa era una costruzione bianca e tozza, circondata da un giardino. Sensi percorse la stradina asfaltata che portava fino all’ingresso principale e lasciò il wrangler accanto a una palma.

Prima di scendere aspettò qualche istante. Visto com’era cominciata la serata, se la padrona di casa avesse liberato i cani non si sarebbe stupito.

Ma non arrivò nessun cane.

Invece, la porta d’ingresso venne aperta e sulla soglia si stagliò la figura sottile della padrona di casa.

Sensi andò verso di lei e iniziò a rendersi conto del problema.

“Signora Vallambrini?” chiese.

“Prego, entri, commissario. Può chiamarmi Lia.”

Sensi la seguì all’interno. Come si aspettava, i soffitti erano alti, le pareti color champagne e l’arredamento di lusso. Sulle pareti c’erano degli evidenti spazi vuoti, dove un tempo c’erano dei quadri.

Lia Vallambrini lo guidò fino a una stanza che avrebbe potuto essere usata comodamente per una partita a calcetto, ma che i proprietari, sembrava, si limitavano a utilizzare come salotto. Lo invitò a sedersi su un mastodontico divano di pelle color crema.

“Vuole del ghiaccio?” chiese, con voce vagamente tremante. Sensi conosceva quel tipo di donna, quel tipo di voce. Sembrava sempre che tu le dovessi difendere da qualcosa ed era così che ti fregavano.

“Male non mi farebbe,” rispose, cauto.

Lia Vallambrini si allontanò, silenziosa. Il suo lungo abito verde frusciò dietro di lei, sul pavimento di cotto impeccabilmente invecchiato.

Qualche minuto più tardi la sua ospite tornò con una borsa del ghiaccio. “Qualcosa da bere?” chiese. Labbra color corallo, lucide; figura sottile, elegante; un’onda di capelli castani che ricopriva le lunghe ciglia nere e l’iride blu di uno dei due occhi.

Sensi si appoggiò la borsa del ghiaccio sulla faccia. “Acqua,” disse.

“Se permette, io preferisco qualcosa un po’ più forte.”

Sensi pensò che difficilmente qualcuno le avrebbe negato qualcosa. Spostò la borsa dell’acqua e osservò di nuovo la sua ospite, che si stava servendo da un decanter. Confermò la sua valutazione iniziale: un problema fatto a forma di donna.

Una donna che ti accoglie nella sua casa da poco svaligiata con addosso un abito da sera, con le labbra color corallo e la voce tremante.

Si rimise la borsa del ghiaccio in faccia, cercando di difendersi.

La voce della Vallambrini, leggermente tremante, lo sorprese in quella stessa posizione un minuto più tardi. “Danilo mi ha detto che avrebbe mandato il suo uomo migliore,” disse, a circa un metro da lui. A Sensi ci volle un minuto per capire che “Danilo” era Salvemini. “È lei, quell’uomo?” aggiunse il problema fatto a forma di donna.

Sensi si decise a spostare la borsa del ghiaccio, per trovarsi a osservare lo spettacolo previsto: una donna che lo osservava con aria fragile, con un bicchiere di cognac in mano e le lunghe gambe accavallate.

“Ne dubito fortemente. Mi sono appena fatto fare un occhio nero da un ventenne.”

“Il ghiaccio le è di conforto?”

“Abbastanza. Ora, signora Vallambrini…”

“Lia.”

Sensi disse una frase che non aveva mai pensato di dire. “Sono in servizio.”

L’altra, come previsto, si mise a ridere. Una risata roca, ovviamente.

“Stavamo parlando del furto,” svicolò Sensi, anche se non stavano affatto parlando del furto. La verità era che Salvemini avrebbe dovuto chiamare Tudini, come sempre. Tudini sarebbe stato perfetto.

Lanciò un’altra occhiata alla padrona di casa.

Ok, Tudini ci sarebbe finito a letto, ammise. Chiunque ci sarebbe finito a letto. Perché doveva finirci a letto proprio lui? Era una vendetta trasversale di Salvemini?

“Sì, il furto. Non so come sia successo…” stava dicendo, in quel momento, il problema fatto a forma di donna, con aria fragile e indifesa. “Sono rientrata a casa e…”

“Vestita così?” la interruppe Sensi.

Lei fece finta di essere sorpresa. “Così come?”

“Era stata a una cena, a un ballo, alla cazzo di reggia di Versailles?”

Di nuovo, lei rise. Risata intimidente, questa volta. Risata che diceva: che carino, la mia classe sociale lo mette a disagio.

Sensi sospirò. Non poteva vincere lui, semplicemente.

“Perché Salvemini mi ha spedito qua?” provò a tener duro.

Sguardo stupito. “È un mio buon amico. Non capisco che cosa…”

“Che cosa sto facendo? Sto lottando, signora Vallambrini. Sto lottando con tutti i mezzi. Immagino che non abbia un interruttore, vero? Un pulsante per spegnere tutta questa… allure, questa roca seduzione, come vuole chiamarla?”

Lei rise di nuovo. No, non ce l’aveva. E, si rese conto Sensi, lui si stava scavando la fossa con le sue stesse mani.

“Commissario Sensi…”

Sensi capitolò. “Ermanno,” disse. E poi aggiunse: “Credo che lascerò perdere l’acqua.”

Poco sorprendentemente, il problema a forma di donna rise ancora una volta.

4 commenti:

Skiribilla ha detto...

La vuoi smettere di rendere sempre più seducente quest'uomo?
Come cacchio fai?

:)

(sì, lo so, arriveranno anche momenti oscuri)

Susanna Raule ha detto...

arriveranno sì. :D

paolo raffaelli ha detto...

Mi ha ricordato La fiamma del peccato, di Wilder... complimenti.

Susanna Raule ha detto...

credo di averlo visto eoni fa...