martedì 6 luglio 2010

Lividi - 9

Sensi era confuso. Mentre parlava con Salvemini gli era venuto improvvisamente in mente qualcosa, un ricordo che col caso non c’entrava niente e che non voleva ricordare.

Ma l’aveva ricordato, e questo lo rendeva vagamente infelice.

Parcheggiò il wrangler sull’angolo di piazza Brin e si diresse lentamente verso il bar di Carmel. Nel corso del tempo, Carmel, per Sensi, era diventata una sorta di scrigno. Era uno scrigno trascurato, in cui ogni tanto lasciava cadere delle parti di sé che trovava difficoltose. Carmel non era particolarmente felice di essere diventata il ricettacolo delle mezze allusioni, dei ricordi incompleti e delle paturnie assortite di Sensi, ma non riusciva a farlo smettere, proprio come non riusciva a far smettere il suo corteggiamento a singhiozzo, fatto di coiti improvvisi e rarissimi momenti di reale contatto.

Quando entrò nel Bar Brin, Carmel si stava togliendo il grembiule, mentre suo fratello Santos si era già piazzato dietro il bancone per darle il cambio. A quell’ora del giorno, la mezza appena passata, i clienti erano pochi e un barista bastava e avanzava.

Sensi rimase in piedi, in silenzio, vicino all’ingresso, aspettando che Carmel lo vedesse. Non aveva voglia di parlare con Santos, di scambiare con lui facezie virili o chiacchiere sul quartiere. Non voleva che Santos gli offrisse una birra e lo coinvolgesse in una conversazione mono-direzionale sul campionato di calcio italiano.

Non era con lui che voleva parlare del fatto che, improvvisamente, gli era venuta in mente sua madre.

Alla fine Carmel lo vide. Alzò gli occhi al cielo, in silenzio anche lei, prese la borsa e lo raggiunse.

“Come un brutto pensiero,” commentò, passandogli accanto per uscire. Sensi le si affiancò.

“Ero venuto a chiedere scusa, credo,” disse.

Carmel rise. “E de cosa? Te lo ricordi, almeno?”

Sensi si strinse nelle spalle. “Allora diciamo che volevo vederti.”

“Ma non te domandi mai se io voglio vedere te?” replicò lei, allungando il passo. Sensi aveva l’impressione che non sapesse neanche lei dove stava andando, che volesse solo allontanarsi da lui. Il fatto che si stesse allontanando in direzione della sua macchina probabilmente era solo un caso.

All’improvviso si sentì stanco. Si fermò e si sedette su una delle panchine della piazza, messa in ombra solo parzialmente da un alberello piantato da poco.

Carmel continuò a camminare per qualche metro, poi si voltò, lo guardò un istante e tornò indietro. Si fermò davanti a lui, con una mano su un fianco.

“Non lo so,” disse Sensi, chiudendosi le ginocchia tra le braccia come un adolescente in crisi. “Faccio già fatica a capire che cosa voglio io.”

“Manno, non puoi spuntare ogni volta che sei in crisi o che hai voglia de tener sexo.”

Sensi sorrise controvoglia. “Be’, in questo momento non ho voglia di tener sexo, come dici tu. Avevo semplicemente voglia di vederti.”

Carmel si sedette accanto a lui, con la borsa sopra le gambe. “E così eccoce qua. Sei in crisi.”

Sensi sbuffò.

“Ma siccome non puoi ametterlo, cercherai di convincerme a scopare, così il tuo cattivo umore desaparirà par magia da qualche parte tra le mie cosce, no?”

“Sembra incredibilmente facile,” ammise lui.

“È incredibelmente stupido, Manno.”

“Le cose facili lo sono spesso. Senti, volevo solo vederti, non possiamo limitarci a questo?”

“Porque, volevi vedermi, quindi?”

Sensi si voltò verso di lei e la guardò in silenzio per un po’. Carmel ricambiò lo sguardo accigliata.

“Non so. Perché sei bella?” sorrise lui.

“Non stiamo progredendo.”

“Forse, allora, perché mi sei… cara?”

Carmel si mise a ridere. “Excepcional! Se continui così presto me dirai che me vuoi bene!”

Sensi mise il broncio. “Sì, certo,” borbottò, irritato. “Uffa, certo che ti voglio bene. Non volevo parlare di questo.”

“Volevi parlare de te, ovviamente.”

“Be’, ecco…”

Carmel alzò un dito ammonitore e rise ancora. “Ma senza parlarne! Ingenioso!”

Si mise a ridere anche Sensi. Era quella la magia di Carmel, dopo tutto. Per quanto acuta e irritante potesse diventare, gli faceva sempre venir voglia di sorridere.

“Sai com’è, confidarsi con i baristi è un classico.”

“E che cos’è che dovevi confidarme?” non lo lasciò deviare il discorso lei.

Sensi smise di sorridere. “Una vecchia storia che mi è tornata in mente. Ma non te ne voglio parlare qua, su una panchina.”

“No, me ne vuoi parlare a letto, ovviamente.”

Lui inclinò la testa da un lato. “Non necessariamente. Diciamo che te ne parlerò stasera a cena? A casa mia? Alle otto e mezza?”

Carmel aprì la bocca per rispondere qualcosa, oltraggiata, ma Sensi glielo impedì allungandosi per baciarla. Carmel lo lasciò fare. Era difficile non lasciarlo fare, quando voleva davvero qualcosa. Per fortuna non succedeva quasi mai.

Quando il suo io più che trentenne gli disse che la limonata stava durando un po’ troppo a lungo senza che almeno uno dei due fosse adolescente, Sensi si staccò, sorrise, si alzò e si diresse verso la macchina.

Se solo fosse stato un pochino più attento avrebbe visto una donna ferma all’angolo della piazza, con i capelli rossi e gli occhi verdi e furenti come quelli di un gatto.

2 commenti:

Luca Bonisoli ha detto...

Adesso sì che Sensi è nei pasticci! ^__^

Susanna Raule ha detto...

già. di brutto :)