domenica 11 luglio 2010

Lividi - 14

Alla fine, al Felettino, ci era andato di persona. Il mal di testa non lo mollava, il ginocchio gli faceva male e neanche il sole brillante di mezzogiorno poteva peggiorare la sua situazione.

Era molto strano.

L’uomo all’ingresso del parco che circondava l’ospedale si rifiutò di alzare la sbarra per farlo entrare.

“Sono un commissario di polizia,” disse Sensi, tirando fuori il tesserino.

“Può essere anche Babbo Natale,” rispose l’uomo, “dentro ci sono cinque parcheggi e sono già tutti occupati. La macchina può lasciarla qua fuori.”

Sensi parcheggiò su un viottolo reso rovente dal sole e si arrampicò a piedi verso l’ospedale. Era un edificio per metà cadente e per metà circondato dai ponteggi. I ponteggi, per quel che ricordava, erano sempre stati lì, ma i lavori non erano mai stati conclusi. Adesso dal comune dicevano che al posto del vecchio edificio sarebbe sorto un gigantesco complesso ospedaliero moderno, che avrebbe raccolto tutti i reparti. Lo dicevano da qualche anno, ma per il momento non era ancora sorto niente.

Sensi si infilò nell’atrio ombroso e percorse il dedalo di corridoi che portava alla psichiatria.

Un infermiere particolarmente grosso gli aprì la porta chiusa a chiave e lo scortò verso lo studio della dottoressa Pagano, il primario.

Sensi l’aveva già incontrata in precedenza e, a giudicare dal sorriso che gli rivolse, la psichiatra non aveva conservato un brutto ricordo di lui.

La dottoressa Pagano era molto alta e molto austera, ma quando sorrideva sembrava quasi un essere umano come tutti gli altri.

“Commissario,” lo salutò, facendogli segno di sedersi davanti alla sua scrivania bianca e spartana.

“Sono venuto a sentire se avete apprezzato il pacco dono,” disse Sensi, lasciandosi cadere sulla sedia metallica che l’altra gli aveva indicato. “Sono anche venuto a vedere se avevate qualcosa di veramente forte contro il mal di testa.”

La dottoressa inclinò la testa da un lato, con espressione da sfinge. “Forte quanto?” si informò.

“Più forte di un’aspirina, di un sinflex e di due oki tutti insieme.”

“Sembra che resti solo la morfina,” disse lei, con un sorriso. “O una giornata di riposo.”

“Se me lo scrive su un foglio sarà mia premura trasmettere immediatamente la sua prescrizione al questore.”

La Pagano non ci cascò. “È qua per Miriam Rossetti, giusto?”

Sensi annuì.

“E ha una richiesta di chiarimenti di un giudice,” aggiunse l’altra. Non era una domanda, ma Sensi annuì lo stesso. Tirò fuori dalla tasca del giubbotto il fax stropicciato che gli aveva dato Tudini.

La Pagano si mise sul naso un paio di occhialetti a mezzaluna attaccati a una catenella d’oro e lesse il foglio con attenzione.

“Bene, Miriam Rossetti è arrivata qua ieri sera in stato confusionale acuto. Sosteneva di essere stata molestata da un numero imprecisato di persone, ma nonostante questo la visita ginecologica del pronto soccorso non aveva accertato niente del genere. Però aveva dei lividi su un polso.”

“Quelli glieli ho fatti io,” disse Sensi. “Ci ho guadagnato un’accusa di stupro, tra l’altro.”

La Pagano inarcò le sopracciglia.

“Mai formalizzata,” chiarì Sensi. “L’ho bloccata mentre tentava di aggredirmi, sotto gli occhi di un’ispettrice, ma questo non le ha impedito di accusarmi di averla violentata.”

La dottoressa scosse la testa. “È un caso piuttosto triste, commissario. Ha solo sedici anni.”

“Sono d’accordo. Il problema è che è anche una picchiatrice. Picchia la madre, forse il padre, di certo le compagne di scuola e altri ragazzi.”

“Sì, i genitori me l’hanno detto.”

“Sono in suo ostaggio,” disse Sensi.

“Sì, ho notato anche questo. Il padre sembra incline a credere che siano… com’è che ha detto? Ragazzate. Ma la madre non mi sembra della stessa opinione.”

“E lei di che opinione è? Sono ragazzate?”

“No, Sensi. Sono i sintomi di un disturbo di personalità. O quello che molto probabilmente diventerà un disturbo di personalità. È ancora troppo giovane per formulare una diagnosi stringente, ma questo è quello che suggerisce il quadro.”

La Pagano lasciò ricadere sul petto gli occhialetti a mezzaluna. “Questa mattina Miriam ha cambiato versione quattro volte. Ha provato a portate dalla sua parte tutti quelli con cui parlava, modificando atteggiamento ogni volta che le veniva opposto un rifiuto. L’episodio delirante di ieri sera è rientrato senza bisogno di farmaci. Il collega le ha somministrato solo un calmante.”

“Quindi, ieri sera, era convinta di essere stata violentata?”

La Pagano si strinse nelle spalle. “Non lo so. Forse. O forse stava solo mentendo.”

“No,” disse Sensi, “ieri sera era terrorizzata sul serio.”

La dottoressa lo osservò per un secondo in silenzio, immobile e inespressiva.

“Lei è turbato,” disse, alla fine.

Sensi fece un gesto vago con una mano.

“Lei è turbato perché Miriam ha immaginato che lei la violentasse e questo la fa sentire come se l’avesse fatto davvero.”

“E dovrò anche pagarle la parcella, alla fine della seduta?” sorrise il commissario.

Anche l’altra sorrise, uno di quei sorrisi improvvisi che la facevano assomigliare a un essere umano come tutti gli altri. “Sa, io non sono una psicoterapeuta, ma so riconoscere una difesa, quando la vedo. In ogni caso, Miriam ha un quadro sintomatico che la candida, nei prossimi anni, a sviluppare pienamente un disturbo di personalità borderline, associato a degli spiccati tratti antisociali e paranoici che la renderanno una ragazzina molto, molto infelice.”

“E si può curare?”

La psichiatra si strinse nelle spalle. “È molto giovane,” ripeté, senza aggiungere altro.

Poi lanciò un’occhiata al foglio che era ancora sulla scrivania e aggiunse: “Le serve altro?”

Sensi si grattò la nuca. “Non lo so. Credo che non procederemo, sempre che non decida di procedere la madre. Ma non credo.”

“Oh, non saprei. Sa come ha definito sua figlia, questa mattina? Strega. Ha detto che Miriam è una strega. Ho cercato di spiegarle che è solo malata. Si sente bene, commissario?”

Sensi, che aveva avuto un’altra fitta alla testa, fece segno con la mano che non era niente.

“È che sua madre probabilmente avrà presto altro a cui pensare,” spiegò, fiacco. “Ora Miriam sta…”

“Meglio? Sì, è abbastanza tranquilla. Ma non credo che dovrebbe vederla.”

Sensi si alzò. “E io non credo di desiderare di vederla,” disse, andando verso la porta.

“Commissario?” lo trattenne la voce della psichiatra, mentre stava già uscendo.

“Sì?”

“Tra l’immaginazione e la realtà c’è sempre una differenza. Altrimenti niente sarebbe reale, non trova?”

Sensi sorrise.

“Già. Ma chi l’ha detto che non sia proprio così?”

2 commenti:

Luca Bonisoli ha detto...

Forte! ^__^
Hai mai pensato di sceneggiare un episodio di Criminal Minds? ^__^

Susanna Raule ha detto...

acc, non vedo criminal minds... ma potrei sceneggiare un episodio di treu blood, se mi fanno assistere alle riprese :)