martedì 29 giugno 2010

Lividi - 1

Era una giornata insolitamente soleggiata. Quel martedì, Spezia non era stata allietata nemmeno da un lieve piovasco o da un improvviso rovescio. Nel primo pomeriggio, il commissario Sensi era stato costretto a uscire dal suo ufficio a prova di luce, cosa che l’aveva immediatamente messo di cattivo umore.

Il motivo non era sufficientemente serio: un anziano era stato trovato cadavere in zona Fossitermi.

“Essere anziani,” si lamentò Sensi con l’ispettore Mainardi, mentre andavano sul luogo del ritrovamento, “significa proprio questo: essere vicini alla morte. Che un anziano muoia non è un fatto insolito.”

L’anziano in questione, scoprirono un’estenuante ricerca di parcheggio più tardi, era riverso nella cucina del suo piccolo appartamento. Indossava un pigiama di flanella a righe bianche e azzurre, delle ciabatte marroni e aveva un largo segno rosso tra una guancia e il cranio pelato.

Potrebbe essere insolito,” ammise Sensi, a malincuore. “Considerando che quello sembra il segno di un ferro da stiro.”

Mainardi si guardò intorno. “Potrebbe essere scivolato e il ferro da stiro potrebbe essergli accidentalmente caduto in testa in seguito,” ipotizzò.

“Un’ipotesi suggestiva,” confermò Sensi, “se non fosse che qua attorno non vedo nessun ferro da stiro.”

“Non è detto che fosse proprio quello, l’oggetto,” si difese Mainardi, leggermente irritato.

“Giusto. Mai lasciare che un’ipotesi sensata intralci il lavoro investigativo. Il problema è che questa cucina è desolatamente priva di possibili oggetti contundenti. Non c’è neanche un tagliere, un tritacarne, un pestello di marmo… mi ricorda la mia cucina, in effetti.”

In quel momento arrivò il dottor Sforza, il patologo. Aggirò Sensi e Mainardi e si accucciò accanto al cadavere.

“Sembra che qualcuno l’abbia ammazzato con un ferro da stiro,” disse.

“O con un altro oggetto contundente di forma ogivale,” puntualizzò Mainardi. “Un… un… un fermacarte a forma di ferro da stiro, ad esempio,” concluse.

Sensi sospirò.

“Bene. Ha un nipote, Mainardi?”

“Io?”

“L’anziano.”

“Non lo so.”

Sensi sospirò di nuovo. “Lo scopra. La letteratura suggerisce che in questi casi si tratta quasi sempre del nipote.”

Mainardi annuì. Sensi si guardò distrattamente intorno. L’appartamento era piccolo, arredato con semplicità, non pulitissimo. La camera da letto era in penombra, il letto sfatto. Sensi guardò, speranzoso, sotto il materasso. C’era un fascio di banconote da cento euro incastrato tra le molle.

“Merda,” borbottò. Il fatto che le banconote fossero ancora lì non era incoraggiante. O era stato un ladro così astuto da lasciare un fascio di banconote per suggerire che non c’era mai stato un bel malloppo, oppure l’assassino non era interessato ai soldi. Entrambe le ipotesi suggerivano grane in arrivo.

“Lei e l’ispettrice Riu interrogherete i vicini,” finì con l’ordinare, Sensi, lasciando l’appartamento. Probabilmente non poteva evitare le grane in arrivo, ma poteva almeno provare a ignorarle finché era possibile.

Scese le quattro rampe di scale che lo separavano dalla strada. Fossitermi era un quartiere decentrato, nella periferia nord, che si arrampicava sulle falde dei bassi monti che circondavano la città. Il palazzo da cui era appena uscito era un edificio a tre piani di mattoncini rossi, incastrato in una fila di edifici identici dall’aspetto stranamente britannico. La fila di palazzi dava su una stretta strada in discesa che consentiva a stento il passaggio di una macchina. Fatto non insolito per Spezia, un lato era stato comunque destinato ai parcheggi, restringendo ulteriormente la carreggiata. Sensi la discese mollemente, guardandosi attorno. Visto che lui e Mainardi erano venuti insieme su una macchina di servizio, sarebbe dovuto tornare a casa a piedi o in autobus. Era un piccolo sacrificio, pur di allontanarsi da quella scena del delitto che prometteva rogne.

Caracollò giù per via Monteverdi, superò il centro culturale Dialma Ruggiero e iniziò a discendere via Genova, diretto verso il centro.

All’altezza di viale Aldo Ferrari spense il cellulare, per precauzione. Era possibile che l’ispettrice Riu, arrivando sul luogo del delitto, sentisse la necessità di comunicare con lui. Era un’iniziativa che Sensi non era ansioso di incoraggiare.

A quel punto si trovava nelle vicinanze di piazza Brin. In piazza Brin c’era il bar di Carmel la non-fidanzata storica del commissario. Per un attimo fu tentato di passare a salutarla. Certo, l’ultima volta che le aveva parlato lei gli aveva tirato contro una mela – e non con l’intenzione di sfamarlo.

Decise di lasciar perdere, anche in considerazione del fatto che al bar Carmel aveva accesso a oggetti da lancio decisamente più pesanti e pericolosi di una mela.

Invece guardò l’orologio e decise di deviare verso il complesso scolastico del Due Giugno. Era un brutto conglomerato di edifici grigi che circondavano un’area verde piuttosto spoglia. L’architettura del luogo sembrava fatta per spegnere ogni scintilla di vita negli studenti che la frequentavano ogni giorno.

Anche Sensi l’aveva frequentata ogni giorno, per un certo periodo, seguendo una segnalazione su un presunto pedofilo. Del pedofilo non aveva trovato traccia, ma aveva trovato una maestra elementare dalle tette grosse e dai capelli rossi. Aveva smesso di frequentare il complesso scolastico per iniziare a frequentare la maestra.

Ora erano le quattro del pomeriggio, i bambini delle elementari si stavano riversando nella spoglia area verde e c’era una possibilità che la maestra si riversasse nel suo letto.

Sensi si avviò lentamente verso le uscite delle classi, che davano direttamente sul parco, facilitando non poco la vita al presunto pedofilo e anche a lui.

Genitori di varie etnie recuperavano i figli urlanti, mentre altri bambini correvano e schiamazzavano tutto attorno. Sensi, che non era un amante dell’infanzia, si tenne in disparte, limitandosi a osservare da lontano le scolaresche che uscivano. Quando tutti i bambini furono usciti, la maestra rossa e tettona lo notò, gli sorrise e richiuse la porta.

Sensi si spostò verso l’uscita degli insegnanti.

L’anziano morto e il ferro da stiro che probabilmente l’aveva ucciso erano completamente usciti dalla sua testa.


4 commenti:

Antar ha detto...

Grazie

Susanna Raule ha detto...

prego :)

Luca Bonisoli ha detto...

Che bello! Ormai avevo perso le speranze di rivedere in azione il Commissario Sensi, invece finalmente è iniziato un nuovo racconto! ^__^

Susanna Raule ha detto...

eh-eh