martedì 13 ottobre 2009

Clamidia - 27

Sensi era legato. Sul suo letto, come un pollo. I polsi erano stretti da due foulard di seta rossa e i nodi sembravano complicati e impossibili da sciogliere senza aiuto esterno.

Il film che scorreva nella sua testa era più o meno questo: la vicina del piano di sotto, l’orribile signora Vittori, sentiva delle urla disperate provenire dal suo appartamento. Inizialmente batteva sul soffitto con il manico della scopa per far cessare il rumore, ma poi si incuriosiva e andava a controllare. Dall’interno dell’appartamento il suo odiato vicino di casa la implorava di chiamare i pompieri. Dopo essersi goduta la sua agonia per almeno altri venti minuti, la signora Vittori eseguiva. I pompieri sfondavano la porta e lo trovavano, nudo come un verme, legato sul suo letto.

Sensi li guardava con aria seria e diceva: sono un commissario di polizia.

Non che la sua reputazione fosse adamantina, ma uno scenario del genere infastidiva persino lui.

“Sonia, sono pronto a sostenere che sei un’artista in qualsiasi tribunale,” provò a mentire vigliaccamente. Non aveva idea di come aveva fatto a cacciarsi in quella situazione, ma iniziava a volerne uscire.

Certo, quando lei lo aveva spogliato usando solo i denti e si era tolta anche la camicia, Sensi non era stato così convinto.

“Oh, e rilassati!” lo prese in giro Sonia, dandogli le spalle e tirando fuori qualcosa dalla borsetta.

“Credo che sia il momento giusto per confidarti che detesto il dolore fisico.”

Lei si voltò. Per fortuna non aveva in mano un frustino o qualcosa del genere, ma una semplice piuma.

“Bisogna vedere che cosa intendi per dolore,” disse, inarcando le sopracciglia.

“Tutto, compreso respirare. Mi dispiace, non sono il tuo cliente ideale.”

“Sciocchezze. Questo ti fa male?”

La piuma lo stava solleticando sul petto. Dietro alla piuma c’era il sorriso luciferino di lei.

“Non esattamente. Ma non mi attizza.” La piuma si spostò. “Ok, forse un pochino mi attizza, ma ho la clamidia. Sono infetto. Non hai detto che prendere malattie veneree non sarebbe professionale da parte tua?”

La piuma si spostò ancora. Quella donna aveva una mano inquietantemente delicata.

“Oh, non credo che mi attaccherai qualcosa.”

Sensi chiuse gli occhi. “Tanto perché tu lo sappia, sono contrario.”

“Sì, si vede.”

“Mi stai arrapando contro la mia volontà.”

“Mh-mh. Sono una ragazza prepotente, non te l’ho mai detto?”

“Sempre contro la mia volontà, potresti spostare quella piuma un po’ più in basso?”

La piuma scese un pochino.

“Credo di essere pronto a farmi prevaricare più fisicamente,” disse Sensi. “Ad esempio potresti prevaricarmi scopandomi. I preservativi sono in quel cassetto. Puoi prenderli senza il mio permesso e obbligarmi a guardarti mentre ti penetro a smorzacandela.”

Sonia fece uno strano rumore con le labbra. Il rumore suonava più o meno come uno “tsz-tsz”.

E quella piuma stava iniziando a diventare semplicemente insopportabile.

“E poi sono un democratico. Credo nella parità dei sessi,” provò a convincerla Sensi.

“È molto bello, da parte tua. È chiaro che gli uomini non hanno niente da guadagnarci, nella parità dei sessi.”

Sonia adesso era sopra di lui e gli teneva ferme le gambe con le ginocchia. Aveva ancora la maledetta piuma nella mano destra. Sensi notò che era fatta di gomma. Lei si tolse la fascia nera e cominciò ad usare la piuma su di sé.

Sensi strattonò i foulard che lo tenevano legato al letto. Chiaramente la seta era un materiale più resistente di quanto si pensasse comunemente.

“Ci provano tutti,” sorrise Sonia, iniziando ad abbassarsi gli slip. Ma si fermò a metà strada.

“È che non voglio farti lavorare. Siamo amici, non voglio approfittare di te.”

“Stai zitto e limitati a guardare.”

Sensi strizzò gli occhi. “Farò resistenza passiva. Come Gandhi.”

Lei si chinò su di lui e iniziò a descrivergli con dovizia di particolari tutto quello che stava facendo. Non erano termini adatti a una signora, per quel che poteva giudicare Sensi.

Riaprì gli occhi.

“Ti racconterò il mio ultimo caso di omicidio. Era una persona obesa morta da due settimane. E indossava dei bermuda kaki… hai sentito bene… kaki… e un reggiseno color carne… e dei gambaletti sempre color carne… credo che fossero per le vene varicose…”

La piuma lo sferzò sul petto.

“Ahi,” fece Sensi. Era più affilata del previsto.

“Non osare parlarmi di vene varicose!”

“E non ti ho ancora detto niente del suo appartamento. C’erano dei graziosi quadretti a punto croce dappertutto.”

Sonia lo schiaffeggiò.

“E pelo di gatto. Un po’ ovunque.”

Lei gli strizzò un capezzolo.

“Il gatto, poi, aveva rovesciato la sua sabbia. L’aveva rovesciata sulla moquette verde marcio dell’appartamento.”

Sonia iniziò a morderlo e lo schiaffeggiò ancora. Solo, questa volta, non in faccia.

“Cielo, se avessi visto come si abbinava divinamente con il divano color senape…”

“Sei uno stronzetto diabolico, te lo concedo.”

“Come, non ti interessa? Le tende erano a fiorellini rosa e gialli… avevano anche del pizzo sintetico, credo.”

Sonia lo colpì più forte sul petto, ma sfortunatamente, nel farlo, perse leggermente l’equilibrio. Sensi la intrappolò con le gambe.

“Secondo cassetto. Hai un modo solo per impedirmi di descriverti il suo bagno.”