mercoledì 7 ottobre 2009

Clamidia - 19

Il palazzo era uno di quelli stretti e sbilenchi del centro storico, ma il tipico aspetto esteriore era tutto quello che gli restava di storico. L’appartamento dei coniugi Russo era del tipo che Sensi detestava: grande, pieno di oggetti d’antiquariato, tappeti persiani, statuette di porcellana, soprammobili vari, quadretti di nature morte sui toni del marrone, tende pesanti, e delle orribili nappine appese ai cassetti.

Nell’aria aleggiava un vago, ma percepibile, odore di lavanda.

I coniugi Russo erano seduti su uno dei divani del salotto, Mainardi era in piedi accanto a un mobile oscenamente barocco, con il taccuino in mano.

“Capo,” lo salutò.

Sensi si presentò e planò sull’altro divano. La signora Russo lo guardò come se fosse un animale esotico, ma non senza una certa simpatia.

Di certo quel commissario dai pantaloni neri e aderenti e dai capelli lunghi e arruffati non era in linea con la sua idea di poliziotto standard, ma sembrava guardare alla cosa più con divertita benevolenza che con sospetto.

Il marito, un uomo rubizzo sulla settantina, inarcò a sua volta le sopracciglia in modo divertito.

“Allora,” iniziò Sensi, accavallando le gambe, “riassumiamo. Verso le tre e mezza di questa notte qualcuno suona alla vostra porta. Il signor Russo va ad aprire e si trova davanti al naso una pistola. Corretto?”

“Veramente ho guardato dallo spioncino,” ammise il signor Russo, con espressione contrita.

“E ha visto?”

“La canna di una pistola.”

Sensi si tirò indietro i capelli. “Ha aperto la porta.”

L’uomo annuì.

“Scusi se glielo chiedo… ma perché?”

Il signor Russo si agitò un po’ sul divano. “Perché avevano una pistola,” rispose, come se non avesse capito bene la domanda e ripetere quello che aveva già detto fosse l’unico modo che aveva trovato per non fare scena muta.

Sensi ripensò alla porta blindata che aveva visto entrando e, non per la prima volta nella sua carriera, si chiese se non sarebbe stato molto più semplice fare il ladro, anziché il poliziotto.

“Okay. Erano tre, giusto? Sono entrati e…”

“E avevano come delle calze di seta nera… sa, da donna,” aggiunse il signor Russo, un po’ scandalizzato.

“Detta così sembra che siate stati sequestrati da tre travestiti,” gli fece notare Sensi.

Il signor Russo ridacchiò, in imbarazzo. “Intendevo sopra la faccia.”

“Certo. Non avrei dovuto fare dell’umorismo. Poi hanno chiesto a lei e a sua moglie… dov’era lei, signora?”

“In camera da letto. Ma mio marito è tornato e dietro c’era un signore con una pistola – anche se io non l’ho vista, perché ero senza occhiali e alla mia età, lei capisce…”

“Ma certo. comunque si è resa conto che si trattava di una situazione di pericolo.”

La donna annuì. “Mi sono presa uno spavento…”

“Poi cos’è successo?”

“Niente, sono venuta in sala con loro, e lì c’erano altri due uomini.”

“Come erano fatti?”

Fu il marito a riprendere la parola. “Uno era un giovanottone. Un po’ più alto di lei, ma più grosso. Non grasso… molto massiccio. Era lui che aveva la pistola, anche se poi l’ha abbassata e se la teneva contro la coscia.”

“Gli altri due erano di corporatura normale,” aggiunse la moglie.

“Colore della pelle? Dei capelli?”

“Be’, sa, ero senza occhiali…” iniziò la signora.

Sensi sospirò e si voltò verso il marito. “Erano bianchi. Parlavano da italiani. Cioè: solo quello con la pistola.”

“Quello con la pistola, il giovanottone, parlava da italiano.”

“Gli altri non parlavano quasi. Ma credo che fossero italiani anche loro. I capelli erano sotto quelle calze da donna…” sembrava che il fatto che non avessero indossato dei virili passamontagna fosse il dettaglio che turbava di più il signor Russo. “Forse erano scuri. Non lo so.”

“Bene. Vi hanno fatti sedere in sala e vi hanno chiesto la combinazione dell’allarme e della cassaforte.”

I due annuirono.

“Ve l’ha chiesto il giovanottone. Che parole ha usato, ve lo ricordate?”

“Non so. Non era… maleducato,” disse il signor Russo.

“Un accento particolare?”

“Non era di qua,” asserì la moglie. “Forse di Roma, o comunque più a sud.”

“Okay. Gli avete dato le combinazioni.”

“Sì. Uno degli altri le ha scritte su un pezzo di carta, con una matita.”

“E poi il tizio grosso vi ha chiesto le chiavi della porta.”

La signora Russo sospirò. “Sì. Ma forse gliel’hanno detto, noi non ce l’avevamo, perché mio marito se l’è dimenticate in negozio. Poi ha chiuso nostro figlio, Giacomo. Allora l’abbiamo chiamato e gli abbiamo detto: Giacomo, devi per forza aprire tu, domattina, perché papà ha lasciato le sue chiavi in negozio e Giacomo ha detto…”

“…Ancora?” concluse la frase il signor Russo. “Questo mese mi è già successo due volte.”

I due coniugi si lanciarono un’occhiata quasi divertita.

“E voi avete spiegato questa cosa ai rapinatori. Loro cos’hanno detto?”

“Oh, il signore grosso ha chiesto se nostro figlio abitava qua vicino e io ho detto subito, oh, no… sta dall’altra parte della città!” La signora Russo sembrava soddisfatta di come si era comportata.

Sensi sorrise appena. “Ed è vero?”

La signora Russo fece una buffa espressione contrita, facendo oscillare la testa come a dire: così-così. “Be’, sta in via Chiodo…”

Il sorriso di Sensi si allargò. “Molto bene. Poi che cosa è successo?”

“I due hem, ladri…” Sensi aveva già notato che la donna chiamava tutti “signore” ed era evidente che usare la parola “ladri” per descrivere dei ladri non le piaceva. D’altronde che i ladri non fossero ladri ma persone per bene era quello che sosteneva da un pezzo il governo. “…Se ne sono andati e quell’altro signore, quello più alto, è rimasto con noi. Siamo stati qua in silenzio per un po’, qualcosa come venti minuti o mezz’ora…”

“È rimasto in piedi?”

“Sì. Cioè, io gli ho detto che poteva sedersi…”

“Marta, ma certo che poteva sedersi, aveva una pistola!” protestò il marito.

L’altra fece una smorfia come a dire che suo marito non si stava comportando bene. “Comunque non si è seduto,” concluse, leggermente impettita.

Il signor Russo iniziò a ridacchiare. “Se fosse rimasto ancora un minuto Marta gli avrebbe chiesto se voleva qualcosa da bere! Ma poi gli hanno fatto un squillo al cellulare e lui se n’è andato senza dire niente.”

“Non gli avrei chiesto…” iniziò la moglie.

“Qualcuno ha pensato di guardare dalla finestra per vedere se era in macchina o a piedi?” la interruppe Sensi, gentilmente.

I due coniugi si guardarono a vicenda.

“Ma questa è una zona pedonale!” disse la moglie.

“Oh, certo, e il ladro, essendo un cittadino responsabile non sarebbe mai entrato con la macchina!” rimbeccò il marito. Sospirò e si rivolse a Sensi. “È fatta così. Davvero avrebbe offerto al ladro anche un po’ di tè, se lui non se ne fosse andato prima.”

“Non è vero,” replicò la signora Russo, con sussiego. “Ma, commissario, le possiamo offrire qualcosa? Non so come ho fatto a non chiederglielo prima.”

Sensi si grattò la nuca e lanciò un’occhiata all’orologio. Erano le cinque del mattino.

“Lei mi legge nel pensiero, signora,” sorrise.

2 commenti:

paolo raffaelli ha detto...

Aspetto con ansia gli sviluppi. La fantasmina mi fa tenerezza. :)

Susanna Raule ha detto...

eh...
(lo so, commento significativo)