mercoledì 5 agosto 2009

Mezza sega - 13

Avevano guardato un trucido film d’azione alla tv (scelto da Mari). Avevano bevuto altra birra (Sensi aveva scoperto che era un ottimo anestetico per la spalla). Mari gli aveva esposto una sua non-illuminate teoria sui sessi. Si erano lamentati in lungo e in largo, toccando punte di patetismo.
Sensi si era addormentato sul divano e Mari l’aveva portato a letto, aveva meditato brevemente di infilarsi dentro insieme a lui e aveva rinunciato. Sensi non era una conquista alla sua altezza. Andarci a letto sarebbe stato semplicissimo, averci una relazione difficilissimo, scollarselo dal cervello impossibile.
Inoltre era piuttosto chiaro che il commissario era innamorato dalla dominicana gambe-lunghe, anche se ovviamente non se ne rendeva conto.
In effetti era uno sfigato, decise, andandosi a sdraiare sul divano.
Lo risvegliò una musichetta ingannevolmente allegra, decisamente inquietante, che proveniva dalla giacca del commissario.
Frugò nelle tasche fino a trovare un piccolo cellulare lucido e rosso, che vibrava come un forsennato.
“Ermanno!” gridò. Il numero che compariva sul display chiaramente non era in rubrica, perché non era associato a nessun nome.
Il commissario emise un verso gutturale.
“Il cellulare!” disse Mari, mollandogli il telefono in mano.
Sensi aprì il guscetto, ancora con gli occhi chiusi, e se lo portò a un orecchio. Ascoltò per qualche secondo con la fronte aggrottata, poi aprì gli occhi di scatto e saltò letteralmente giù dal letto.
Recuperò il cellulare e se lo infilò nella tasca dei jeans.
“Era Moreno,” annunciò, iniziando a cercare una felpa o qualcos’altro da mettersi. Alla fine acchiappò una maglietta a maniche lunghe degli Antiworld e se la infilò senza starci a pensare. Il buco sulla sua spalla sinistra non ne fu affatto contento.
Mari tornò in sala e iniziò a rimettersi le scarpe da ginnastica. “Ha visto Cervi?”
“Era al porticato proprio adesso. Sta cercando del metadone.”
“Cristo, sbrigati con quei cazzo di anfibi!”
Sensi si sbrigò, recuperò il giubbotto e si lanciò giù dalle scale dietro al brigadiere.
Non fu sorpreso di scoprire che l’altro aveva lasciato la sua Golf da tamarro sopra l’angolo di un marciapiede, vicinissima a casa sua, mentre fu stupito di constatare che non c’era sopra neanche una multa.
“Perché se io lascio la jeep in divieto per cinque minuti mi beccano subito e tu puoi lasciare la tarro-mobile su un marciapiede per tutta la notte senza conseguenze?” si lamentò, salendo a bordo.
“I vigili la conoscono,” sogghignò Mari, mettendo in moto e schizzando via in un unico gesto. “E conoscono anche me.”

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