venerdì 31 luglio 2009

Mezza sega - 5

A Sensi la spalla faceva male, male di brutto. Aveva preso una quantità di antidolorifici bestiale, con l’unico risultato che adesso gli faceva male anche lo stomaco. E purtroppo la sua sofferenza fisica non era né il più grave né il più urgente dei suoi problemi.
Dopo l’inevitabile intermezzo in questura, era rimasto tutto il pomeriggio sul letto, sfogliando vecchi tomi e girovagando in rete.
Tecnicamente avrebbe potuto mettersi in malattia. Se il suo fosse stato un problema di lavoro l’avrebbe fatto immediatamente. Sfortunatamente si trattava di un problema che l’avrebbe raggiunto anche in malattia.
Verso le quattro del pomeriggio ingurgitò una pizza surgelata, dopo averla scongelata nel forno a microonde. Il suo mal di stomaco aumentò considerevolmente.
Provò a telefonare a Carmel e cercò di commuoverla in tutti i modi possibili. Ci sarebbe anche riuscito, se il fratello di lei non fosse stato via per lavoro. Carmel era inchiodata al bar e Sensi, obiettivamente, non sarebbe stato comunque in grado di ripetere neanche la fiacca ma prolungata performance della notte precedente.
E quando lui e Carmel non facevano sesso difficilmente la conversazione prendeva una piega positiva per l’autostima del commissario.
Così, fino alle cinque, passò il tempo semplicemente piangendosi addosso, una disciplina nella quale era campione indiscusso.
Prese in esame tutte le proprie sfighe, dalla nascita in poi, senza tralasciarne nessuna, nemmeno quella volta che alle elementari gli avevano fregato la merenda.
Verso le cinque era così alla frutta che stava addirittura pensando di telefonare a sua madre, ma per fortuna il brigadiere Mari arrivò prima che potesse compiere l’insano gesto.
Gli andò ad aprire a piedi scalzi, con gli occhi infossati e i capelli più scarmigliati del solito, perfetta rappresentazione del sigle abbruttito.
“Commissario, hai un aspetto di merda,” esordì Mari che invece sembrava un teppista come sempre.
“Mi fa male dappertutto, ecco cosa,” si lamentò Sensi. “Dai, entra.”
“Non dovevi passare all’ospedale a farti rifare la medicazione?” chiese l’altro, togliendosi il giubbotto e mollandolo sul divano rosso di Sensi.
“Ho detto che sto male, non che voglio farmi ammazzare,” ribatté lui.
Mari gli lanciò un’occhiata prolungata mentre Sensi si trascinava fino al divano.
Incrociò le braccia.
“Se vuoi la fasciatura te la cambio io, ma ti avviso che sono finocchio.”
Sensi si lasciò andare mollemente contro lo schienale. “Me la devi cambiare usando il cazzo? Sarei impressionato dalla prensilità della tua appendice.”
“No, di solito lo uso per piantare i chiodi, ma ho visto che col martello viene meglio.”
Sensi sbuffò. “La garza è dentro quel sacchetto lì. In farmacia credevano che avessi l’hobby della mummia fai-da-te.”
Il brigadiere iniziò a frugare nell’enorme sacchetto con stampato sopra un caduceo avvolto impropriamente da due serpenti anziché uno.
“Questo è il simbolo di Hermes, non di Esculapio,” commentò Mari, un po’ scandalizzato.
“Il dio dei soldi, dei mercanti e dei truffatori: lo trovo genialmente adatto,” rispose Sensi, debolmente. “E, per la cronaca, la mia eterosessualità è traballante come tutto il resto, ma non ho mai pensato che la cultura fosse seducente.”
Mari sbuffò e tornò verso di lui con in mano un’enorme confezione di garza sterile.
“Togliti quella felpa di dubbio gusto e non fare tanto lo spiritoso. Ti ho già sparato una volta.”
Sensi ridacchiò.
“Poi mi dovrai spiegare che cosa ci fa un gay tatuato e grosso come una montagna nella linda e venerabile arma dei carabinieri.” Iniziò a sfilarsi la felpa degli Alien Sex Fiend e scoprì che per farlo avrebbe dovuto inevitabilmente alzare il braccio sinistro.
“Semplice: picchio spacciatori, gli rubo quello che avanza e lo infilo nel mio naso, non è quello che insinuavi stamattina?” Mari gli prese il braccio, lo sollevò con malagrazia e finì di togliergli la felpa, insieme alla maglietta sottostante.
Sensi guaì. “Non è quello che fai?”
“Solo quando non mi reggo più in piedi. Adesso stai fermo. Sanguini.”
Mari si sedette sul divano dietro di lui e iniziò a svolgere i metri di benda chiazzata di sangue che gli avvolgevano spalla e torace.
“E comunque sei troppo mingherlino per i miei gusti.”
“Mh-mh. Meglio essere ferito nell’orgoglio che essere ferito nella carne.”
“E quello che cazzo è?”
Sensi si voltò e gli lanciò un’occhiata vaga. Ovviamente Mari si riferiva all’intrico di cicatrici quasi invisibile che aveva su un lato del petto.
“È parte del nostro problema,” rispose, con voce neutra.
“È un fottuto pentacolo,” replicò l’altro.
“Già.”
Mari gli staccò con una certa delicatezza il quadrato della medicazione davanti alla spalla. “Manin mi ha detto che eri stato sotto per qualche anno. Be’, me l’ha detto tra un insulto e l’altro.”
“Già,” ripeté Sensi.
“Ok, ma sotto dove?”
Sensi fece una smorfia. “Ne possiamo parlare quando avrai finito con quella spalla? Non mi sento a mio agio con una gigantesca checca tatuata dietro alla schiena.”
Mari staccò anche l’altro quadrato di garza imbottita, dietro la spalla.
“Questo è sessismo.”
“Se ti può confortare, non sarei a mio agio neanche con un enorme carabiniere etero dietro la schiena.”
“Dicono tutti così.”
“Da questo evinco che per te non è la prima volta. Gli altri sono sopravvissuti?”
Mari gli rivolse un sorriso smagliante.
“Solo alcuni,” ghignò.

2 commenti:

Antar ha detto...

Ah, ma quindi "mezza sega" in quel senso...

L'eterosessualità di Sensi vacilla, ma a metà rapporto ci ripensa.

Mi stavo chiedendo il significato del titolo...

Susanna Raule ha detto...

ah-ah-ah!