martedì 21 luglio 2009

L'appartamento di sopra - 11

Il servizio psichiatrico di diagnosi e cura, così si chiamava il reparto psichiatrico, era alloggiato nella non-esattamente-moderna struttura dell’Ospedale Felettino. Perché non fosse esattamente moderna era un mistero, visto che i lavori di ammodernamento erano in corso da più di dieci anni e le impalcature abbellivano una delle facciate da così tanto tempo che, probabilmente, se le avessero rimosse, l’edificio sarebbe crollato e basta.
L’ospedale era giustamente isolato dal centro cittadino. Era, per dirla tutta, infrattato su per una stradina mal tenuta, mal segnalato e anche nascosto dalla vegetazione.
L’edificio con i reparti era in cima a un poggio, circondato da un dedalo di stradine e da alberi frondosi, e guardato da una sorta di garitta.
Sensi provò a passare la sbarra con la sua jeep, ma, dopo vari minuti di attesa, un membro dello staff molto simile a una guardia giurata gli spiegò che all’interno del plesso ospedaliero c’erano sì e no tre parcheggi, che erano occupati in pianta stabile dalle auto di servizio.
Sensi si rassegnò a parcheggiare in una propaggine dello stradello che portava all’ospedale, all’esterno e sotto il sole. Poi, con una decina di minuti di trekking, raggiunse l’ingresso dell’edificio.
L’Ospedale Felettino ospitava tutti quei reparti che il più centrale Sant’Andrea non poteva o non voleva ospitare: geriatria, psichiatria, infettivologia, oculistica, oncologia e radioterapia. In poche parole, i matti, i ciechi, i vecchi, gli infettivi e i malati terminali erano esiliati in cima a un monte.
Una scelta oculata, secondo Sensi, visto che di matti, vecchi, infettivi e malati terminali Spezia era già fin troppo piena. In quanto ai ciechi, il commissario non sapeva decidersi: li avevano messi in cima a un monte per riabilitare le loro capacità di orientamento, per rendere la loro vita più piena e avvincente o soltanto perché speravano che si sarebbero smarriti nel parco?
Sensi attraversò l’atrio dal tipico colore istituzionale sbiadito, seguì la tortuosa serpentina che portava (o che, più probabilmente, mirava a non far trovare) la sala di attesa del reparto psichiatrico e bussò alla porta blindata.
Dopo qualche minuto di attesa qualcuno gli chiese chi era.
Sensi mostrò le proprie credenziali e chiese di poter parlare con Chiara.
L’infermiere che aveva aperto studiò con cura il distintivo del commissario, poi studiò con cura anche il commissario stesso. L’esame non lo lasciò completamente convinto, ma si dovette persuadere che non era uno dei suoi pazienti o che, quantomeno, nessuno lo pagava per curarlo.
Lo introdusse in uno stretto corridoio piastrellato, dall’odore ospedaliero, nel quale di aggiravano tizi in ciabatte e pigiama. Da una stanza laterale provenivano le voci di un gruppo chiaramente avvinto in un’eccitante partita a carte.
“Carlo, mi dai una sigaretta?” chiese un tizio in ciabatte e pigiama all’infermiere.
“Dopo,” gli rispose lui.
“Me ne viene ancora una,” insistette il degente.
“Ok, ma dopo. Devo accompagnare questo signore.”
Il degente sospirò e, apparentemente, si rassegnò.
“Il reparto femminile è sull’altro lato. Sento se il primario la può ricevere,” disse a Sensi l’infermiere, aprendo una porta chiusa a chiave. La porta era di alluminio e aveva un vetro bugnato che rendeva impossibile guardare attraverso. Sensi, che non aveva mai chiesto di parlare col primario, fu introdotto in un altro stretto corridoio, che era il prolungamento del primo. Sulle pareti erano incorniciati dei poster con dei paesaggi naturali e delle voci provenivano da quella che doveva essere la stanza degli infermieri.
Il suo anfitrione lo scortò fino a una porta chiusa e bussò educatamente. “Dottoressa?” chiamò. “C’è qui un commissario di polizia.”
La porta si aprì a mostrare una signora sulla cinquantina, molto alta, con un camice bianco molto lungo e con dei capelli molto curati.
“La dottoressa Rosa Pagano, il primario,” disse l’infermiere. “Il commissario… mh…”
“Ermanno Sensi,” completò Sensi, stringendo la mano alla dottoressa.
Lei gli fece cenno di entrare.
L’ufficio era piccolo e niente-di-speciale. Conteneva un armadio, uno schedario, un po’ di libri medici sparsi e una scrivania bianca con sopra un computer dall’aspetto vecchiotto.
“Salve, si accomodi,” disse la dottoressa Pagano.
“In realtà sarei venuto per parlare con Chiara Rosaio,” spiegò il commissario.
“Ah. È arrivata da qualche ora, è molto tranquilla. L’ho visitata personalmente e non ho avuto l’impressione che ci fosse realmente bisogno di un TSO.”
Sensi sorrise appena. “Ho avuto la stessa impressione,” disse.
Poi si rassegnò a fornire qualche spiegazione, visto che la dottoressa lo guardava con sguardo educatamente incuriosito.
“Questa mattina del sangue ha preso a colare dal soffitto della sua camera dal letto. Al piano superiore c’era stato un omicidio, una faccenda decisamente sgradevole. Chiara ha avuto un attacco di… bho? Panico? Follia? Comprensibile strizza? Questo me lo dovrebbe dire lei.”
“Sì, me l’ha spiegato. Ha pensato di vedere un essere soprannaturale nella sua camera da letto. A volte il cervello ci fa degli strani scherzi.”
Sensi sorrise. “È una definizione psichiatrica?”
Sorrise anche la dottoressa. “Se vuole il termine tecnico le posso dire che ha avuto un episodio delirante con allucinazioni, ma non suona molto meglio.”
“Ovviamente a meno che non ci fosse veramente un demone in camera sua,” disse il commissario.
“Ovviamente,” ribatté la dottoressa. “Ma gli esorcismi non sono il nostro forte.”
Sensi rise. “Neanche il nostro. Già con gli assassini abbiamo qualche problema. In ogni caso…”
“La può vedere, ma se vede che si sta agitando…”
“Chiamerò aiuto in tono isterico, non tema.”
La dottoressa sorrise ancora. “Ecco, è proprio quello che non dovrebbe fare.”
L’altro sogghignò. “Allora la immobilizzerò contro il muro e le darò un paio di cazzotti, era esattamente quello che volevo sentirle dire.”

4 commenti:

paolo raffaelli ha detto...

Ma ci prova con tutte? :D Pure le cinquantenni, adesso

Susanna Raule ha detto...

nooo, è solo cialtrone di natura. neanche se ne accorge.

Skiribilla ha detto...

cos'abbiamo da dire riguardo alle cinquantenni? eh?

Susanna Raule ha detto...

io niente, e anche paolo farebbe meglio a starsene zitto, visto che non è poi molto lontano dalla meta :asd: