sabato 20 giugno 2009

Una linea d'ombra - 19

Fuori c’era da gelare. La nevicata non era riuscita a decollare e adesso piovischiava. La pioggia, però, sembrava neve sciolta.
Sensi aveva brillantemente coordinato gli sfollati, dirigendoli verso i bar più vicini. Un anziano signore si era rifiutato di lasciare il suo appartamento e Sensi, alla fine, era riuscito a convincerlo ad uscire quando sarebbero arrivati gli artificieri, a patto che Tudini gli offrisse almeno due grappe.
Gli artificieri erano stati gradevolmente veloci.
Una decina di minuti dopo che Tudini aveva dato l’allarme era arrivata una Lancia, seguita da un pulmino della Marina Militare.
Dalla Lancia era sceso un tizio sulla cinquantina, dai capelli brizzolati, che indossava un giaccone beige molto imbottito. Il suo portamento militare era un po’ appannato dal mento morbido, che certamente si abbinava a un girovita altrettanto morbido.
Il militare si diresse a colpo sicuro verso Tudini, che lo accompagnò verso un Sensi che stava dondolando sui piedi per scaldarsi e che aveva tutta l’aria di ciondolare lì attorno.
“Capitano di fregata Mario Nunzio,” disse il tizio, allungando una mano. Sensi si presentò, battendo lievemente i denti.
“È il comandante del Nucleo SDAI,” spiegò Tudini, in tono ammirato. “Servizi difesa antimezzi insidiosi.”
“Ottimo. Io, qua, sono il capo lotta ai figli di puttana insidiosi, invece,” disse Sensi. “Ma se non sposto le chiappe al caldo presto non potrò più lottare contro nessuno.”
Il capitano di fregata gli rivolse un sottile sorriso. “Possiamo parlare dentro la mia macchina,” propose, e iniziò nello stesso istante a fare strada. Sensi lo seguì con un certo entusiasmo.
L’interno della macchina era tiepido, niente di più, ma era già un miglioramento rispetto a fuori. Sensi si piazzò sul sedile del passeggero, mentre Tudini saliva dietro.
“Mi spieghi,” disse il capo-artificiere.
Sensi si alitò sulle mani. “Non so nemmeno se c’è, una bomba,” spiegò. L’altro non fece una grinza.
“Ma questo tizio, Nicosia, forse ha ucciso una donna. Il suo appartamento è stato ripulito. È probabile che spiasse la tizia dalla finestra della camera da letto. Mi dà tutta l’impressione di un paranoico di quelli duri. Sul suo comodino c’erano tre libri, due li ho letti anch’io. In uno si parla di un gruppo terrorista che fabbrica una bomba al fertilizzante, nell’altro di un bombarolo. Nel terzo non so, ma è roba di corpi scelti, sicuramente. Ora, io non ho niente contro le letture ricreative, ma due su tre mi mette un po’ a disagio.”
Sensi si soffiò di nuovo sulle mani. “Ha staccato l’acqua, il gas, tutto quanto. L’armadio della camera da letto ha uno strano odore, molto lieve. C’è un pezzetto di scotch attaccato tra le due ante, ma non riesco a vedere se tiene in posizione un filo. Ah, e l’odore secondo me è quello di una miccia al magnesio, ma potrebbe essere anche un antitarme.”
L’altro lo fissò in silenzio per qualche istante.
“Sicché lei sospetta che dentro all’armadio ci sia una bomba a base di nitrato d’ammonio,” disse, alla fine.
“O magari un pupazzo a molla zeppo di antitarme,” rispose Sensi.
Il capitano di fregata gli rivolse un altro sottile sorriso.
“Se viene fuori che è solo antitarme provvederemo senz’altro a ristabilire l’habitat naturale delle bestiole, non tema.”
Sorrise anche Sensi, poi il suo cellulare iniziò a suonare.
“Sarei un po’ impegnato,” rispose Sensi, continuando ad alitarsi sulle mani.
“Capo, abbiamo un problema,” disse Mainardi, dall’altro capo.
“Se è più grosso del nostro entro in ferie con effetto immediato.”
“Dall’appartamento di Morelli provengono delle grida.”
A Sensi servì un attimo per ricordarsi che aveva ordinato a Mainardi di appostarsi davanti a Toxic Ville.
“Vai a controllare che cosa succede, arrivo,” disse.
Poi, senza dire una parola, scese dalla macchina e iniziò a correre verso il suo fuoristrada.
Mario Nunzio si voltò verso Tudini. “Fa sempre così o gli fanno impressione le termiti?” chiese.
Tudini scosse la testa, abbattuto: “No, fa sempre così.”

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