martedì 5 maggio 2009

Sette, morto che parla - 8

Quando gli tesi la mano Mario Bozza la strinse con aria scettica.
Sono abituato a questa prima reazione. La gente nei piccoli posti tende ad essere di vedute ristrette. Se vedono un tizio vestito di nero, con i capelli neri lunghi e arruffati, magro e pallido e – specialmente, a quanto pare – con indosso jeans aderenti neri e anfibi a metà polpaccio, per qualche motivo non collegano immediatamente la sua immagine a quella di un commissario di polizia.
Sono un incompreso.
Nessuno di loro pensa che se sono stato promosso così in fretta è perché o sono fottutamente bravo o sono fottutamente raccomandato, entrambe condizioni di cui avere la giusta considerazione.
Tanto perché tu lo sappia: non sono raccomandato, ho solo passato qualche anno a farmi fottere il cervello da infiltrato.
Lasciai Bozza a grattarsi il cucuzzolo semi-calvo e mi avviai allegramente in mezzo alla verdura. Forse avrai capito che non amo eccessivamente il cosiddetto verde.
In effetti mi trovo molto più a mio agio in un ambiente chiuso e possibilmente in penombra. Anche il sole e il mare non sono il mio forte. Per quanto riguarda il primo, a Spezia per otto mesi all’anno non c’è problema: è considerata la città più piovosa d’Italia.
Il secondo… be’, con il tempo sto cercando di abituarmi.
Mi avviai su per una sorta di sentiero. La mia brillante intelligenza mi permise di dedurre che era stato scavato dai piedoni di tutti gli sbirri che avevano fatto avanti e indietro dalla strada all’ultimo ricovero della ragazza squarciata.
Aggiunsi i miei piedoni ai loro.
Tudini mi trotterellò dietro come un cane da pastore grosso e fedele.
«Che alberi sono questi?» volli sapere.
«Castagni, Ermanno. Vedi le foglie frastagliate?»
«Io vedo solo roba umida e marcescente, Max. Da solo non saprei dire che si tratta di foglie.» Proseguii lungo la pista, con il mio vice alle calcagna. «Però so che erano castagni anche l’ultima volta, mentre quella precedente erano cerri e qualcos’altro che ora non mi viene in mente. Per questo ho un ispettore capo a mia disposizione.»
Mi chiusi in un silenzio scontroso, ovvero il mio standard, e raggiunsi il principale luogo di interesse turistico di quelle parti: una grossa buca circondata dal nastro bianco e rosso.
Due ebeti sbirri del luogo mi guardarono in cagnesco e io per tutta risposta passai sotto al nastro limitandomi a rivolgergli un colpo di sopracciglia.
«È il commissario Ermanno Sensi, squadra mobile della Spezia,» li informò Tudini, al mio posto.
È consapevole del fatto che posso diventare irritabile.
Mi accucciai accanto alla fossa e diedi un’occhiata giù.
Sul fondo c’era un involto di plastica nera che qualche genio aveva tagliato completamente nel senso della lunghezza e dentro al sacco c’era il corpo di una ragazza.
Be’, detta così sembra una cosa quasi gradevole, una cosa come un’altra. Il fatto era che il lezzo di decomposizione si sentiva a distanza di qualche chilometro e la ragazza era color marrone scuro con vaghe nuances brune. La cosa a cui somigliava di più era una prugna andata a male.
Quella che un tempo doveva essere stata la sua cavità addominale ora somigliava ad una spelonca nera, da cui facevano capolino le costole.
Sulla bocca c’era ancora un lembo di nastro adesivo argentato da elettricista.
Mi rialzai in piedi e mi spolverai le ginocchia.
«Il medico ha detto qualcosa di illuminate tipo sì, è morta, oppure ha fatto un vero e proprio discorso?» chiesi, a nessuno in particolare.
«Ha confermato il decesso,» disse uno dei giovanotti in divisa che mi avevano guardato male.
Mi tirai indietro i capelli e mi appoggiai le mani sui fianchi.
«Voglio l’ora del decesso precisa al giorno, non mi interessa che cosa devono fare per scoprirla. Esami particolari, datazione al carbonio 14, riti voodoo… qualunque cazzata la moderna tecnologia ci metta a disposizione.» Sospirai. «Anche se, naturalmente, capire chi era la nostra fragrante amichetta ci potrebbe aiutare un pochino.»
E a quel punto feci quello per cui sono odiato dagli uomini della scientifica di tutta Italia. Saltai nella fossa e iniziai a incasinare la verginità della scena facendo i rilievi per mio conto.
Temo di non essere una persona molto paziente.

3 commenti:

Luca Bonisoli ha detto...

Sei fottutamente brava.
(vado molto fiero della mia spiccata originalità nel fare i complimenti alla gente...) ;-P

Luca Bonisoli ha detto...

Scherzi a parte, comunque, ora che ho letto gli ultimi due capitoli che hai postato confermo il giudizio.
Quando sarà pubblicato il romanzo di Sensi che (se non ricordo male) hai già nel cassetto, avvisami che lo prendo al volo!

Susanna Raule ha detto...

grazie caro, era proprio quello che intendevo nel post su splinder :)