venerdì 1 maggio 2009

Sette, morto che parla - 4

C’è qualcosa di mastodontico in un’inchiesta che si mette in moto. Il primo agente che arriva sul posto, si guarda intorno con aria bovina e contatta la sala operativa chiedendo che cosa cavolo deve fare.
Arrivano altri agenti, altrettanto incerti sul proprio ruolo. Macchine bianche e blu si fermano tutto attorno al luogo in questione, di solito parcheggiando in divieto con grande noncuranza.
Poi arrivano i primi graduati. Un pm viene informato dei fatti. Il questore viene disturbato al ristorante (il questore è sempre al ristorante).
Alla fine, quando ormai è stato fatto tutto il danno possibile, quando tutti gli indizi importanti sono stati ignorati o distrutti, tutti i testimoni messi sul chi va là e l’indagine è ben avviata sulla strada della disfatta più totale, qualcuno si rende conto che non è stata chiamata l’unica persona per cui l’intera faccenda non sia proprio una novità.
Quella persona, in quel caso, ero io.
Mario Bozza, a capo del commissariato di Aulla, decise, colpito da un raro guizzo d’intelligenza, di chiamare la squadra mobile di Spezia per chiedere se il corpo di una ragazza seppellito nel bosco ci dicesse qualcosa.
A rispondere alla telefonata fu Massimiliano Tudini, ispettore capo e di fatto mio vice.
Il quale, pur essendo consapevole che tutta la mia irritazione si sarebbe rovesciata su di lui, pensò bene di telefonarmi a sua volta.
Erano ormai le dieci e cinquantasei del mattino, ed io stavo dormendo beatamente a pancia in su.
Quando finalmente il trillo penetrò nel mio subconscio, allungai la mano verso il comodino e presi il cordless. Poi, senza aprire gli occhi, lo portai sotto alle coperte con me.
Risposi senza dire una parola.
«Ermanno?» Tono dubbioso, accento calabrese, vago panico.
Emisi un grugnito affermativo.
«Ermanno, qua c’è un problema.»
«Hanno segnalato che la mia casa va a fuoco?» chiesi, il sarcasmo appannato dalla mia voce strascicata.
«Hem, no.»
«Oh, grazie, mi hai tolto un pensiero. Sicché posso rimettermi a dormire, eh?»
Tudini non sa mai come reagire al mio aggressivo sense of humor. Tentennò. «Hem, no, capo. Penso più che dovresti venire qua. Hanno trovato un’altra ragazza nel bosco.»
«Nuda?» volli sapere.
Un altro istante di silenzio. «Hem, sì.»
«Portatela pure nel mio ufficio, sarò lì in un istante.»
A questo punto Tudini era totalmente nel pallone e la mia vendetta consumata.
«Capo, è morta,» si sentì in dovere di specificare.
Sospirai. «Allora è meglio se la tieni nel tuo, di ufficio. Arrivo.»

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