martedì 12 maggio 2009

Sette, morto che parla - 26

Ero stravaccato sul mio letto singolo e stavo ascoltando della musica a basso volume quando il mio cellulare iniziò a suonare forsennatamente.
Sobbalzai, azzittii gli Einsturzende Neubauten e risposi.
Come forse ti ho già detto vivo in un sottotetto in vico Cerniai. Il soffitto è inclinato dai due lati, con le travi a vista, e le finestre sono piccole e basse.
Visto che io e la luce abbiamo un rapporto difficile per me è l’ideale.
«Indosso solo i calzini e sto aspettando te, baby,» dichiarai nella cornetta, dopo aver visto chi chiamava.
«Me sa che dovrai aspetare ancora, hombre,» replicò Carmel, evitandomi la fatica di dover indossare i calzini. «Lo sai che è passata medianoche e che oggi è el sette de luglio? Non estai nervoso?»
Mi grattai le parti basse. «Sì.» In un certo senso era vero. «Sono sulle spine da impazzire, ma che cosa posso farci? Aspetto che qualcuno mi segnali la scomparsa di una ragazza, che a quel punto sarà già morta e stecchita.»
Tossicchiai. «Mi farebbe piacere se aspettassi insieme a me.»
«Ma non te arendi mai?»
«Di fatto no,» ammisi.
Lei sospirò. «E va bene. Pero cerca di mettere un po’ en ordine.»
Il mio sorriso si allargò come quello del gatto del Cheshire, mentre rispondevo: «Certo.»

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