venerdì 1 maggio 2009

Sette, morto che parla - 2

Ero certo che lui non potesse farci niente, ma questo non cambiava il fatto che quello che combinava era disgustoso.
Quella era la terza vittima che ritrovavamo ed io iniziavo ad essere piuttosto sulle spine.
Tutto era cominciato, dovrei dire, con un raccoglitore di funghi.
Non ho mai capito l’impulso di certa gente a svegliarsi ad orari antelucani, mettersi in macchina e, armata di bastone e cesto di vimini, scorrazzare all’alba per boschi umidi e inospitali.
Sarà che per me è impensabile scendere dal letto prima delle undici e mezza, ma lo trovo un segno di instabilità mentale.
Questa gente compie strani e barbari rituali. Hanno credenze ben oltre il limite della superstizione sui posti migliori dove cercare, uno spiccatissimo senso territoriale, la paranoia strisciante che qualsiasi altro essere umano nei dintorni voglia depredarli dei loro porcini e la convinzione che portare il raccolto all’ufficio d’igiene per farlo esaminare da un esperto sia segno di debolezza, forse di omosessualità latente.
Una cosa però bisogna ammettere. Per quanto la gente civile vivrebbe senza dubbio meglio alleggerita dalla loro presenza, i cercatori di funghi hanno una vista eccezionale. Nemmeno Sherlock Holmes riuscirebbe a cogliere con altrettanta perizia i mutamenti in un terreno, i piccoli segni di scavo, le minime irregolarità nella crescita del muschio.
Questo cercatore di funghi, tale Lelio Ammaniti, aveva notato qualcosa di insolito intorno alle cinque del mattino del 14 Aprile, mentre setacciava il sottobosco di una delle sue zone favorite, in stagione non ancora del tutto favorevole, subito dopo Aulla, sulla strada per Fivizzano.
Ammaniti, che procede naso a terra per non farsi sfuggire il più piccolo segno fungino, a un tratto si accorge di essere sopra ad uno scavo vecchio qualche mese. Uno penserebbe che per dire una cosa del genere serva un esperto di qualche tipo, magari un archeologo, ma di fatto l’Ammaniti è perfettamente in grado di fare una perizia completa del terreno nell’arco di mezzo sguardo.
Inoltre proprio nel mezzo dello scavo, c’è un enorme e lussureggiante esemplare di Boletus Aedilis. Ammaniti si impossessa del fungo e poi guarda meglio lo scavo con la sua super-vista da raccoglitore. Nota che è largo circa un metro e lungo circa due, bello preciso e rettangolare.
Ora, naturalmente Ammaniti guarda CSI come tutti gli altri.
Tira fuori il cellulare e chiama la polizia.

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