domenica 24 maggio 2009

Lo strano caso del pappagallo fantasma - 6

Sensi non era il tipo da lasciarsi convincere che in una vicenda ci fosse qualcosa di strano solo per un pappagallo con le ali spezzate trovato sul luogo di una scomparsa. Non gli veniva in mente neanche una spiegazione ragionevole per tutti gli avvenimenti, ma gliene venivano in mente decine del tutto irragionevoli.
Comunque, tanto perché non si dicesse che non faceva il suo lavoro scrupolosamente (che poi era l’assoluta verità) verso le quattro del pomeriggio chiamò l’ispettore capo Tudini per chiedergli se fosse possibile rintracciare un certo numero di cellulare.
Tudini rispose che se la scheda era ancora all’interno dell’apparecchio era possibilissimo.
“Allora fallo, ok? Poi telefonami.”
Archiviata la questione cellulare, Sensi tornò a fare quello che stava facendo, ovvero cercare di convincere Carmel, la barista del suo cuore, a diventare la barista di un’altra parte del suo corpo.
Carmel e suo fratello avevano in gestione un bar in piazza Brin, un ritrovo di anziani signori, spacciatori marocchini, vocianti dominicani e innocui senegalesi, condito dalla spruzzatina occasionale di qualsiasi altra nazionalità presente nel quartiere.
Oltre a questo, Carmel, ma non suo fratello, aveva lunghe gambe e un seno prosperoso, una bocca morbida e sensuale e una magnifica pelle color cannella.
In quel momento stava stappando una Ceres davanti al commissario e si stava sedendo con lui a uno dei tavolini dell’interno, che quel pomeriggio era semi-deserto.
“Potresti chiedere a Santos di sostituirti,” stava suggerendo in modo non molto sottile il commissario.
“No che non potrei,” replicò Carmel, senza pietà.
“Allora potremmo vederci questa sera,” rilanciò lui.
Carmel sollevò le perfette sopracciglia scure con espressione pensierosa. “Depende,” disse.
“E da che cosa?”
“Depende se me porti a cena in un bel posto, è claro.”
Sensi sorrise. “Casa mia è un posto superbo, a mio avviso, ma potrei anche offrirti una cena alla Toja degli Aranci.”
“Troppo empegnativo,” obiettò Carmel.
“Un aperitivo al Backstage?”
“Mh. Può andare.”
Sensi bevve un sorso di birra direttamente dalla bottiglia per non far vedere che sorrideva e le fece l’occhiolino. Carmel si mise a ridere.
“Vorrei solo sapere endove ti ho pescato!”
“Oh, non essere cinica,” rispose lui, mentre il suo cellulare iniziava ad emettere un’inquietante musichetta sincopata. “Sai benissimo che non c’è nessuno che ti adori più di me. In realtà credo che tu abbia fatto un ottimo affare.”
On candystripe legs, the spiderman comes, softly through the shadow…
“Non contarce troppo, su esto affare!”
Sensi si decise a rispondere. “Tudini, spero che tu ti renda conto che sei di grandissimo disturbo.”
“Ma, Ermanno, me l’hai detto tu di chiamare quando avevamo rintracciato quel cellulare.”
Sensi aggrottò la fronte. Non aveva la minima idea che ci volesse così poco, altrimenti l’avrebbe chiesto per il giorno successivo.
“Ok. Dove sarebbe, quindi?”
“In piazza Brin.”
Sensi rimase in silenzio per qualche istante. “Non avete rintracciato il mio numero, vero?”
“No, capo,” rispose Tudini, che aveva almeno il buon gusto di non offendersi per un’insinuazione di quel tipo. Non sarebbe stato esattamente il primo sciocco errore della sua carriera.
“Ok allora. Ci vediamo domani,” concluse Sensi, e riattaccò. “Curioso.”
Si alzò in piedi e lanciò un’occhiata maliziosa a Carmel: “Avresti voglia di una piccola caccia al tesoro?”

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